CONTRIBUTO DI MANTENIMENTO PER I FIGLI: NON RILEVA IL PATRIMONIO DEI GENITORI DELL’OBBLIGATO

“Gentile Avvocato, sono in causa con il mio ex compagno per il mantenimento dei figli. Percepiamo lo stesso reddito ma lui riceve anche svariati aiuti economici da parte dei suoi genitori che hanno tra l’altro diversi immobili. Gli aiuti dei suoi genitori contano ai fini dell’assegno?”

L’obbligo di mantenimento dei figli minori, ma anche maggiori non ancora autonomi economicamente, grava sui genitori in misura proporzionale al loro reddito, come previsto dall’art. 337-ter c.c.

Come si accertano le risorse economiche di cui dispone un genitore?

Il giudice ha diversi documenti a disposizione per accertare le risorse economiche di cui dispone ciascun genitore: le ultime tre dichiarazioni dei redditi presentate, che le parti dovranno allegare ai propri atti e da cui possono evincersi redditi da lavoro o derivanti dal patrimonio immobiliare, gli estratti conto degli ultimi tre anni dei conti correnti a sé intestati o cointestati, da cui può evincersi il tenore di vita.

La giurisprudenza italiana consente al giudice di considerare anche i redditi “in nero” o non ufficialmente dichiarati per determinare l’importo dell’assegno (ne avevamo parlato qui ( https://studiodonne.it/2025/01/31/assegno-di-mantenimento-e-redditi-in-nero/ ). Questo può avvenire attraverso indagini sui movimenti finanziari, spese sostenute e stile di vita, con il supporto della polizia tributaria se necessario.

Le condizioni economiche dei nonni possono rilevare ai fini dell’assegno?

Le condizioni economiche dei nonni non rilevano ai fini della determinazione del contributo di mantenimento dei figli.

Non è possibile dunque chiedere di parametrarsi l’assegno facendo leva su eventuali aiuti economici, anche continuativi, ricevuti dall’altro da parte dei suoi genitori (ad esempio, donazioni o sostegni periodici) né facendo riferimento al loro patrimonio immobiliare.

Il base al principio di proporzionalità il contributo al mantenimento viene applicato esclusivamente sulla base delle capacità economiche dirette di ciascun genitore, gli unici responsabili della crescita e del benessere dei figli.

Il suddetto principio è stato ribadito di recente dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 32365/2024 che precisa che anche eventuali richieste di revisione devono basarsi su un mutamento delle condizioni economiche del genitore obbligato o delle necessità del figlio, non su variazioni nel patrimonio familiare esterno.

I giudici si concentrano dunque sui redditi personali e sulle condizioni economiche dei coniugi al momento della separazione, anche di fatto in caso di genitori non sposati, o del divorzio.

Quando i nonni sono obbligati a mantenere i nipoti?

Ai sensi dell’art. 316 bis codice civile, i nonni, sia materni che paterni, sono obbligati a versare un contributo solo ed esclusivamente quando entrambi i genitori non riescano a far fronte ai loro obblighi di mantenimento come avevamo già avuto modo di spiegare in questo articolo https://studiodonne.it/2023/10/23/si-puo-chiedere-ai-nonni-di-versare-il-mantenimento-per-i-nipoti/ .

Se infatti un genitore è in grado di far fronte alle esigenze del figlio, i nonni non potranno essere chiamati a contribuire al mantenimento in luogo del genitore che non adempie.

Come si calcola il contributo a cui sono obbligati i nonni?

Quanto richiesto ai nonni non può mai superare le loro effettive capacità economiche.

La Corte di cassazione ha più volte sottolineato che il principio di solidarietà familiare non deve compromettere la dignità economica degli anziani. Pertanto, il giudice valuta attentamente la situazione finanziaria dei nonni prima di imporre una somma da versare.

 

 

 

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