A cura dell’Avv. Maria Luisa Missiaggia e dell’Avv. Maria Giulia Fenoaltea.
Sono un padre disoccupato, devo continuare a versare l’assegno di mantenimento per i miei figli?
La risposta è si per la tutela della persona di età minore. Vediamo cosa dice la legge ed i giudici dei Tribunali italiani
COSA DICE LA LEGGE?
Il comma 4 dell’art. 337-ter c.c. dispone che ciascuno dei genitori debba provvedere al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito, considerando i seguenti elementi:
1) le attuali esigenze del figlio;
2) il tenore di vita goduto in costanza di convivenza con entrambi i genitori;
3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore;
4) le risorse economiche di entrambi i genitori;
5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.
Il minore deve vedersi assicurato tutto ciò che è necessario al soddisfacimento dei suoi bisogni secondo il tenore di vita mantenuto in precedenza.
Il principio del mantenimento deve essere applicato tenendo conto dei parametri indicati in relazione ai tempi di permanenza dei figli presso ciascun genitore.
COME VIENE CALCOLATO L’ASSEGNO DI CONTRIBUZIONE AL MANTENIMENTO DEI FIGLI?
L’importo dell’assegno di mantenimento per il figlio può essere deciso dalle parti, ma in mancanza di accordo sarà il giudice a stabilirlo.
L’entità dell’assegno viene stabilita in base alle risorse economiche di entrambi i genitori. Il giudice, infatti, dopo aver valutato tutte le condizioni sopra citate e conclusa un’indagine sui redditi di entrambi i coniugi, effettua il calcolo dell’assegno di mantenimento in favore dei figli. È necessario specificare che non esiste una regola precisa, poiché nei procedimenti di diritto di famiglia il giudice ha un’ampia discrezionalità decisionale poiché ogni situazione è peculiare.
Tuttavia, spesso il giudice incontra delle difficoltà nella ricostruzione dei patrimoni dei coniugi, poiché accade frequentemente che le dichiarazioni reddituali siano incongruenti con il tenore di vita goduto.
In tali casi, infatti, è possibile richiedere lo svolgimento delle indagini di polizia di tributaria previste dall’ultimo comma dell’art. 337-ter c.c..
COSA DICE LA GIURISPRUDENZA
La giurisprudenza, in presenza di determinate condizioni ha più volte stabilito che, anche il genitore che non vive più con il coniuge ed i figli, e non ha un lavoro è comunque obbligato a versare l’assegno per i figli, non solo fino al raggiungimento della maggiore età, ma fino al momento in cui il figlio non raggiunga una sua indipendenza economica.
È quindi lecito chiedersi come può un genitore assicurare un’erogazione mensile di denaro senza un’occupazione lavorativa. Ebbene, per la Corte di Cassazione, l’obbligo di mantenimento permane “a meno che non si provi l’assoluta impossibilità di fare fronte alle obbligazioni, attraverso la dimostrazione di una fruttuosa attivazione alla ricerca di un’occupazione stabile”.
Innanzi tutto il genitore deve, quindi, dimostrare documentalmente di non essere riuscito a trovare un lavoro necessario per mantenere i suoi figli.
Ed in secondo luogo deve dimostrare di non avere nessun altro introito, quale ad esempio i redditi da locazione di immobili.
Infine, anche la presenza di risparmi sul conto corrente possono indurre il giudice ad obbligare il genitore al mantenimento del figlio.
La Cassazione, infatti, con numerose sentenze ha stabilito il principio secondo il quale “il genitore separato o divorziato deve versare l’assegno di mantenimento per i figli anche se è disoccupato. O meglio, è tenuto a versarlo a meno che non provi davanti al giudice di essersi attivato per cercare lavoro, e di non essere riuscito in alcun modo a recuperare i soldi necessari, e al contempo di non avere altri redditi”. (ex multis Cass. 39411/2017).