A cura dell’Avvocato Maria Luisa Missiaggia
Posso revocare l’assegno divorzile?
Spesso in studio spiego ai miei clienti mariti che “non è tutto oro quello che luccica” sulla revoca dell’assegno divorzile.
Infatti non è sufficiente l’intervento interpretativo della Corte di legittimità per ridurre o revocare l’assegno divorzile. Richiamare la sentenza Grilli non basta.
Ce lo spiega la Cassazione con l’ordinanza n. 22265/2020
Il tenore di vita non è l’unico parametro per la revoca dell’assegno divorzile
Un ex coniuge (uomo) appella la decisione del Tribunale che rigetta il ricorso di revoca dell’assegno divorzile per assenza di elementi nuovi atti a dimostrare l’impossibilità a provvedere al versamento.
Infatti il ricorrente era proprietario di beni immobili e percepiva canoni di locazione dai predetti.
Avverso la decisione propone ricorso in Cassazione sostenendo che non fossero stati valutati elementi relativi alle proprietà e gli elementi nuovi e soprattutto che non fosse stata esaminata la sentenza Grilli in ordine al tenore di vita quale parametro da eliminare nella determinazione dell’assegno divorzile.
La Cassazione con l’ordinanza n. 22265/2020 dispone che alcuna della censure sia ammissibile. Le prime due infatti vertono su valutazioni, che non possono essere rimesse in discussione in sede di legittimità. Quelle in ordine alle proprietà o alla valutazione di elementi nuovi sono appannaggio delle Corti di merito. Il terzo e quarto motivo sono inammissibili perché susseguenti all’accertamento degli elementi nuovi nel caso specifico non emersi e posti a fondamento della domanda dell’assegno di divorzio ex art. 9 l. n. 898 del 1970, non essendo sufficiente la modificazione dei parametri giuridici di attribuzione e determinazione dell’assegno, ancorché dovuta ad intervento nomofilattico della Corte di legittimità (Cass. 119 del 2020). Inammissibile anche il quinto per genericità e il sesto perché è stata proprio accertata la mancanza della condizione di legge indicata dal ricorrente come fatto decisivo omesso.