Vendita casa familiare, che diritti ha l’assegnatario? Principio di diritto affermato dalla Cassazione con l’ordinanza n. 9990/2019
L’assegnazione della casa familiare al coniuge, collocatario dei figli minori, è opponibile al terzo acquirente solo se:
- quest’ultimo abbia acquistato con una “clausola di rispetto” della situazione abitativa in essere,
- abbia stipulato un contratto di comodato con coloro che occupavano l’abitazione.
Ma che cosa si intende per casa familiare?
La casa familiare è il luogo di normale e abituale convivenza del nucleo familiare, l’habitat domestico inteso come il fulcro degli affetti, degli interessi e delle abitudini in cui si svolge e sviluppa la vita della famiglia. Si tratta del luogo in cui la famiglia si incontrava quando era unita (Cass. sent. n. 1198/2006) e in cui si incontra ancora, al momento della separazione (Cass. sent. n. 13065/2002). Questo termine non deve essere necessariamente collegato alla residenza familiare. Infatti, i coniugi ben possono avere una residenza differente da quella coincidente con la casa coniugale.
Con l’ordinanza n. 9990/2019 la Cassazione si è pronunciata su un dibattito molto acceso, enunciando un nuovo principio di diritto.
Proviamo ad immaginare due coniugi che vivono nella casa di proprietà di uno dei due e questi la vende a un terzo, che acquisisce dunque un diritto su detta abitazione occupata dalla famiglia del venditore. Successivamente, in sede di separazione o divorzio, l’abitazione della casa viene attribuita alla moglie del venditore.
Secondo la Cassazione il diritto di abitazione della moglie assegnataria della casa coniugale prevale sul diritto del terzo acquirente di disporre della casa solo se questi ha effettuato il suo acquisto con una «clausola di rispetto» della situazione abitativa in essere oppure abbia stipulato un contratto di comodato con coloro che occupano l’abitazione. Quando non ricorrano questi presupposti, il diritto del terzo prevale sul diritto della moglie del venditore assegnataria della casa.
Il caso di vendita successiva all’assegnazione.
Il provvedimento con cui il giudice assegna la casa familiare ad uno dei due coniugi non necessariamente deve essere trascritto presso i pubblici registri immobiliari, ma farlo può diventare molto importante per gli interessi del coniuge assegnatario e della prole con esso convivente.
Infatti, la funzione della trascrizione del provvedimento o dell’accordo di assegnazione della casa coniugale è quella di rendere opponibile ai terzi l’esistenza di tale vincolo sull’immobile.
Una volta pubblicizzato tale provvedimento presso la conservatoria immobiliare di competenza, il coniuge assegnatario potrà, infatti, far valere il proprio diritto abitativo nei confronti di terzi che, successivamente, abbiano acquistato quell’immobile, perché venduto dal coniuge non assegnatario.
In definitiva, con l’ordinanza in questione, gli Ermellini hanno affermato il seguente principio di diritto:”con riferimento alla cessione al terzo, effettuata in costanza di matrimonio dal coniuge esclusivo proprietario, del diritto di proprietà dell’immobile precedentemente utilizzato per le esigenze della famiglia, il provvedimento di assegnazione della casa familiare all’altro coniuge – non titolare di diritti reali sul bene – collocatario della prole, emesso in data successiva a quella dell’atto di acquisto compiuto dal terzo, è a questi opponibile ai sensi dell’art. 155 quater c.c. – applicabile ratione temporis – e della disposizione della l. n. 898 del 1970, art. 6, comma 6, in quanto analogicamente applicabile al regime di separazione, soltanto se – a seguito di accertamento in fatto da compiersi alla stregua delle risultanze circostanziali acquisite – il Giudice di merito ravvisi la instaurazione di un preesistente rapporto, in corso di esecuzione, tra il terzo ed il predetto coniuge dal quale quest’ultimo derivi il diritto di godimento funzionale alle esigenze della famiglia, sul contenuto del quale viene a conformarsi il successivo vincolo disposto dal provvedimento di assegnazione, ipotesi che ricorrere nel caso in cui il terzo abbia acquistato la proprietà con clausola di rispetto del titolo di detenzione qualificata derivante al coniuge dal negozio familiare, ovvero nel caso in cui il terzo abbia inteso concludere un contratto di comodato, in funzione delle esigenze del residuo nucleo familiare, con il coniuge occupante l’immobile, non essendo sufficiente a tal fine la mera consapevolezza da parte del terzo, al momento dell’acquisto, della pregressa situazione di fatto di utilizzo del bene immobile da parte della famiglia”.
Per tali ragioni, gli Ermellini hanno cassato la sentenza impugnata nella quale si affermava la opponibilità al terzo acquirente del provvedimento di assegnazione della casa coniugale sulla sola base della consapevolezza da parte del terzo (acquirente) dell’utilizzo dell’immobile come casa familiare, senza effettuare i dovuti controlli indicati nel principio in precedenza esposto.
Conclusioni
Il diritto di abitazione del coniuge assegnatario della casa coniugale nell’interesse dei figli, cade in favore del diritto del terzo acquirente che ha effettuato il suo acquisto senza la «clausola di rispetto» della situazione abitativa in essere oppure abbia stipulato un contratto di comodato con coloro che occupano l’abitazione.
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A cura dell’Avv. Maria Luisa Missiaggia e dell’Avv. Maria Grazia Bomenuto.