Salve Avvocato, ho divorziato da mio marito poiché mi maltrattava ed era violento, ho anche proceduto per vie penali nei suoi confronti, ha continuato a perseguitarmi anche dopo che ci siamo lasciati e dopo il divorzio, cosa può succedere?
Tramite la sentenza della Cassazione Penale, Sez. IV, del 3 Marzo 2023, numero 9187 la Corte di Cassazione ha delineato una distinzione più chiara tra i reati di maltrattamenti contro familiari e conviventi e di atti persecutori, considerando le circostanze in cui le condotte vessatorie avvengono dopo la fine della convivenza. La vicenda giudiziaria coinvolge un uomo che maltrattava la sua compagna durante e dopo la convivenza, persino quando si trasferisce altrove con i figli (vuoi saperne di più sui casi di maltrattamenti? Leggi anche – https://studiodonne.it/2021/08/10/atti-di-disprezzo-e-reato-di-maltrattamenti-in-famiglia/ ). I tribunali di primo e secondo grado hanno condannato l’uomo per maltrattamenti aggravati. La Corte di Cassazione ha respinto i suoi ricorsi e sollevato una questione di diritto fondamentale: come classificare legalmente le sue azioni dopo la fine della relazione? E qual è la differenza tra maltrattamenti (art. 572 c.p.) e atti persecutori (art. 612bis c.p.) quando due persone cessano di convivere ma condividono la genitorialità?
La Corte, per fare chiarezza sul concetto parte sottolineando il divieto di applicazione analogica in materia penale e la natura tassativa delle fattispecie incriminatrici nel diritto italiano. Questo divieto impedisce di applicare la legge a situazioni che non rientrano nei suoi possibili significati letterali. La legge deve essere chiara e prevedibile, e le sanzioni penali non possono colpire per fatti al di fuori dei significati letterali delle leggi. Ha dichiarato infatti: “Il divieto di analogia non consente di riferire la norma incriminatrice a situazioni non ascrivibili ad alcuno dei suoi possibili significati letterali (…) sicché non è tollerabile che la sanzione possa colpirlo per i fatti che il linguaggio comune non consente di ricondurre al significato letterale delle espressioni utilizzate dal legislatore”. Nello specifico la sentenza si riferisce a un caso simile, in cui il giudice aveva modificato l’accusa in modo peggiorativo senza fornire all’imputato l’opportunità di procedere secondo un rito abbreviato. La questione è stata respinta sottolineando la necessità di rispettare il divieto di analogia in malam partem e la natura tassativa delle fattispecie incriminatrici.
Soffermandosi sulle due fattispecie, l’articolo 572 c.p. “Maltrattamenti contro familiari o conviventi” integra tutti quei casi di condotte vessatorie che creino una condizione di vita insopportabile per la persona offesa ed equipara alla famiglia legittima anche la famiglia di fatto, riconoscendo l’importanza dei rapporti affettivi interpersonali. Risulta evidente, inoltre, come la convivenza sia fondamentale per il verificarsi dello specifico reato e la Corte evidenzia anche come il rapporto di convivenza possa favorire la commissione di condotte maltrattanti, poiché la familiarità tra i conviventi permette al soggetto autore di instaurare un rapporto gerarchico che sottomette la persona offesa.
L’altra fattispecie è quella prevista dall’articolo 612bis: “Atti persecutori“. Inizialmente era distinto dai maltrattamenti per il requisito della cessazione del vincolo affettivo. Tuttavia, modifiche legislative successive hanno ampliato la protezione, includendo relazioni affettive di qualsiasi tipo, anche non formalizzate dal matrimonio.
La Corte conclude stabilendo che la distinzione cruciale tra i due reati si trova nella cessazione effettiva del rapporto di convivenza e che solo se esiste un effettivo rapporto di convivenza in cui la persona offesa è privata di spazi di autonomia, può essere integrato il reato di maltrattamenti dell’articolo 572, mentre le condotte al di fuori di questa situazione saranno trattate come il reato di atti persecutori aggravati dell’articolo 612-bis.