A cura dell’Avv. Maria Luisa Missiaggia e dell’Avv. Maria Giulia Fenoaltea
Avvocato mi sto separando e mia moglie rimarrà nella casa coniugale insieme ai nostri figli. Sebbene la casa sia di proprietà di mia moglie, io ho contribuito economicamente all’arredamento ed ai lavori di ristrutturazione, ho diritto ad un rimborso?
Questa situazione è sicuramente una delle più comuni. Si vive insieme, contribuendo anche alle spese per adattare la casa alle esigenze della famiglia.
È chiaro che nessuno, o quasi nessuno, pensa che i lavori di ristrutturazione e le migliorie, così come gli arredi, contribuiscono ad arricchire un’abitazione e quindi il proprietario della stessa.
Quando si convive si ragiona per la famiglia e non si tiene in conto che un domani, se ci si separa, quelle spese andranno a beneficio solo di una parte della coppia.
Quando la casa è in locazione questo problema non si pone, mentre se si vanta il titolo di proprietà occorre pensarci.
In America, con i patti prematrimoniali queste difficoltà si risolvono a monte: ad esempio prima di contrarre matrimonio si può anche decidere se i lavori di ristrutturazione effettuati dalla parte che non vanta la proprietà sull’immobile debbono essere risarciti ed in che termini.
Ma qui in Italia, se si desidera essere rimborsati per aver finanziato dei lavori o comprato degli arredi per una casa di proprietà dell’ex come si deve agire? Esistono dei diritti?
La risposa è sì. È proprio l’articolo 2041 del nostro codice civile a disciplinare l’azione di arricchimento. Viene infatti previsto che, chi, senza una giusta causa, si è arricchito a danno di un’altra persona è tenuto, nei limiti dell’arricchimento, a indennizzare quest’ultima della correlativa diminuzione patrimoniale. Qualora l’arricchimento abbia per oggetto una cosa determinata, colui che l’ha ricevuta è tenuto a restituirla in natura, se sussiste al tempo della domanda.
LA NOSTRA GIURISPRUDENZA COME SI È ORIENTATA IN CASI ANALOGHI?
I giudici della Seconda Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 21479/2018 hanno affrontato il caso di una convivenza durata qualche anno. Durante la convivenza nella abitazione intestata solo ad uno dei due erano stato effettuati molti lavori di restauro, pagati interamente dalla parte non proprietaria dell’immobile.
Successivamente alla separazione di fatto della coppia, il partner che aveva effettuato i lavori lamentava il fatto che l’abitazione dell’ex grazie al suo contributo era aumentata di valore.
Il Tribunale e poi successivamente la Cassazione hanno condiviso la tesi secondo cui la parte aveva dimostrato che il contributo versato per acquistare, ristrutturare ed arredare l’immobile da parte dell’ex ha comportato per quest’ultimo un ingiustificato impoverimento, non potendo questi più usufruirne, ma anche un oggettivo arricchimento alla intestataria della casa che dalla vendita ne avrebbe potuto ricavarne un importante profitto.
Tuttavia, va sottolineato che l’elemento discriminatorio in questo caso è stata la durata della convivenza: la coppia ha convissuto solo per pochi anni e per tale motivo i giudici hanno ritenuto l’esborso “estraneo a quelli necessari per la vita quotidiana”.
In conclusione, la parte proprietaria di casa ha dovuto restituire all’ex l’importo versato dall’ex partner per i lavori e gli arredi.