Separazione e divorzio: cosa fa l’investigatore privato e quanto incide il suo lavoro nel processo?

In Italia la figura dell’investigatore privato è disciplinata dal decreto ministeriale n. 269/2010: il detective privato è un cittadino con particolari requisiti (ad es.: laurea triennale, incensuratezza, tirocinio, partecipazione a corsi di formazione, ecc.) cui il Prefetto rilascia la licenza a svolgere l’attività investigativa, ma che non ha poteri speciali da esercitare, né può fare ricorso a intercettazioni o strumenti simili.
Assumere un investigatore privato è lecito e lecite sono le sue attività, comprese quelle di pedinamento, di scattare foto e girare filmati (sempre che ciò avvenga nel rispetto della privacy, in luogo pubblico e non in luogo di privata dimora, per non incorrere nei reati di molestie o atti persecutori), di raccogliere informazioni estratte da documenti di libero accesso, ecc.
Un investigatore privato può svolgere diversi tipi di indagini, fra cui la ricerca di prove della violazione degli obblighi nascenti dal matrimonio, in primis quello della fedeltà coniugale, con raccolta di elementi per favorire una separazione giudiziale e/o l’addebito della stessa al partner infedele, ad esempio, ovvero un divorzio: in buona sostanza, il tradito avrà tutto l’interesse a dimostrare che l’infedeltà del traditore sia la causa diretta della separazione, mentre il traditore avrà l’interesse opposto, e quindi entrambi potrebbero ricorrere all’investigatore privato.
Talvolta l’intervento dell’investigatore avviene in situazioni più difficili, come maltrattamenti e violenze domestiche (c.d. reati da codice rosso), per cui è necessario presentare delle prove per ottenere, ad esempio, un allontanamento immediato del soggetto maltrattante.

L’apporto dell’investigatore privato può avere un grande peso nella crisi coniugale, dato che l’addebito della separazione – pronunciato in tutti i casi in cui la violazione degli obblighi coniugali sia stata causa diretta ed immediata della crisi matrimoniale – comporta delle serie conseguenze patrimoniali: il coniuge perde il diritto di percepire l’assegno di mantenimento (finalizzato a conservare grosso modo le stesse condizioni di vita in costanza di matrimonio, Cass. 6 luglio 2022, n. 21392) e perde, altresì, i diritti successori, ma conserva il diritto agli alimenti, tuttavia solo in caso di bisogno, per il rischio sopravvivenza, quindi di importo nettamente inferiore rispetto al mantenimento (v. Cass. 12 aprile 2022, n. 11777).
L’addebito – e quindi l’intervento dell’investigatore privato atto a provarlo – può avere un riflesso anche sulla determinazione dell’assegno divorzile, ferma restando la diversa natura di quest’ultimo rispetto all’assegno di mantenimento nella separazione: “Il criterio delle ragioni della decisione di cui all’art. 5 l. 898/1970 trova spazio essenzialmente nelle ipotesi di divorzio non preceduto da separazione; nelle diverse ipotesi normative previste dall’art. 3, comma 2, lett. b) (divorzio indiretto) il Giudice non deve tenere conto delle condotte tenute da uno dei coniugi successivamente all’insorgere dell’intollerabilità della convivenza e deve considerare quelle antecedenti ad essa, purché siano state alla base della pronunzia di addebito della separazione e ostino, in attualità, alla ricostituzione della comunione tra i coniugi ex art. 1 l. 898/1970” (così Cass., sez. un., 11 luglio 2018, n. 18287).

La Cassazione, con la sentenza n. 11516/2014, confermando quanto stabilito dal giudice di merito, ha affermato che il ricorso all’investigazione privata è del tutto legittimo in caso di separazione, così come nell’ambito lavorativo: “Nel contesto della materia familiare, parimenti [ai rapporti di lavoro, n.d.r.] il ricorso all’ausilio di un investigatore privato è ammesso da questa Corte, laddove ne ha soltanto dichiarato la non ripetibilità delle spese (conforme Cass. 24 febbraio 1975, n. 683).
Sempre per la Cassazione, tuttavia, il coniuge non può chiedere che l’altro gli rimborsi le spese dell’investigatore: “Il ricorso del coniuge, il quale lamenti il comportamento dell’altro in violazione dell’obbligo di fedeltà, alle prestazioni di privati investigatori così da acquisire la prova di tale comportamento, non è riconducibile, dal punto di vista della causalità efficiente, al fatto della relazione extraconiugale, onde non sono ripetibili, nei confronti dell’autore dell’illecito, per mancanza del necessario rapporto di causalità, le spese sopportate per siffatte investigazioni” (Cass. 12 aprile 2006, n. 8512; conforme Cass. 24 febbraio 1975, n. 683).
Più di recente, la Suprema Corte di Cassazione ha infine chiarito che la relazione dell’investigatore privato, che normalmente ha solo apporto indiziario, può assumere nel processo valore di vera e propria testimonianza, se confermata in udienza: “L’infedeltà del C. – contrariamente a quanto assume l’istante – è stata ritenuta comprovata dalla Corte sulla base della testimonianza dell’investigatore privato, la cui relazione è stata confermata in udienza, assurgendo al valore di prova piena (Cass. 24976/2017)” (cfr. Cass. 6 agosto 2020, n. 16735).

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