“Salve avvocato, io ed il mio partner siamo uniti civilmente e ci stavamo chiedendo cosa succedesse e quali diritti ci spetterebbero in caso di decesso di uno dei due. È possibile ci venga riconosciuta la pensione di reversibilità?”
Il riconoscimento della pensione di reversibilità nelle unioni civili: quadro legislativo e principi fondamentali
La questione del diritto alla pensione di reversibilità per le persone legate da unione civile in Italia si colloca nell’ambito più ampio della tutela previdenziale e sociale delle coppie non coniugate ma formalmente riconosciute. La legge n. 76 del 2016, la cosiddetta legge Cirinnà, ha istituito l’istituto delle unioni civili tra persone dello stesso sesso, conferendo loro una serie di diritti e doveri simili a quelli del matrimonio, ma restano alcune differenze, tra cui la materia previdenziale. Il diritto alla pensione di reversibilità, previsto dall’art. 9 del D.Lgs. n. 503/1992, tradizionalmente riconosciuto ai coniugi superstiti, si è dovuto confrontare con la novità dell’unione civile e l’estensione dei diritti sociali ad essa collegati.
In termini generali, la pensione di reversibilità è una prestazione previdenziale che spetta al superstite – generalmente il coniuge – a seguito della morte dell’assicurato. La giurisprudenza e la normativa hanno progressivamente ampliato l’ambito di questa tutela includendo anche particolari categorie di conviventi (come previsto dall’art. 79 del D.Lgs. n. 246/1993 e circolari INPS). Tuttavia, la posizione delle unioni civili ha richiesto chiarimenti interpretativi, soprattutto sul piano della normativa previdenziale pubblica.
La circolare INPS e i principi di equiparazione sostanziale
La circolare INPS n. 5171/2016 rappresenta il fulcro operativo: «Le parti dell’unione civile sono equiparate ai coniugi ai fini della pensione di reversibilità, purché il decesso sia successivo all’entrata in vigore della legge n. 76/2016». Tale previsione sottolinea come la ratio della tutela previdenziale si fonda sulla stabilità del nucleo familiare, estendendosi alle unioni civili senza necessità di ulteriori integrazioni normative.
Questa impostazione integra i principi costituzionali di solidarietà sociale (artt. 2 e 38 Cost.), ponendo l’accento sulla funzione assistenziale della prestazione. La prassi amministrativa, tuttavia, non è sempre omogenea, con dinieghi iniziali che spingono gli interessati verso ricorsi giudiziali per far valere l’equiparazione sostanziale.
Cosa serve per richiedere la pensione di reversibilità?
Per accedere alla prestazione, il partner superstite deve presentare domanda all’INPS entro un anno dal decesso, allegando certificato di morte, atto di unione civile trascritto nei registri di stato civile e dichiarazione dei redditi personali (limite: pensione non superiore a tre volte il trattamento minimo INPS). La circolare n. 5171/2016 impone altresì prova di convivenza stabile, come certificati anagrafici o utenze intestate a entrambi, valorizzando la solidarietà economica del nucleo.
E per quanto riguarda le unioni avvenute all’estero?
Le unioni civili celebrate all’estero (es. matrimoni omosessuali in USA o Olanda) sono riconosciute in Italia previa trascrizione nei registri di stato civile ai sensi dell’art. 116 c.c., ma solo se il decesso postdata il 5 giugno 2016. L’INPS richiede legalizzazione degli atti esteri e verifica dell’ordine pubblico, escludendo retroattività per fatti generatori anteriori alla Cirinnà.
Questa prassi riflette il principio tempus regit actum, evitando disparità tra unioni interne ed estere, ma solleva interrogativi su potenziali violazioni dell’art. 3 Cost. per coppie formalizzatesi prima del 2016. Un intervento legislativo transitorio potrebbe uniformare i regimi, garantendo parità di tutela indipendentemente dal luogo di celebrazione.

