AVV. MISSIAGGIA: L’ATTACCAMENTO DEL FIGLIO ALLA MADRE NON GIUSTIFICA LA NOMINA DI UN AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO
L’ordinanza n. 5088/2025 della Prima Sezione Civile della Corte di cassazione, emessa il 26 febbraio 2025, affronta il tema dell’amministrazione di sostegno (AdS) e dei limiti alla sua applicazione, con particolare riferimento al rispetto dei diritti fondamentali della persona.
Quali sono le finalità dell’amministrazione di sostegno?
L’istituto mira a fornire supporto alle persone fragili, permettendo loro di ricevere assistenza per compiti specifici senza compromettere completamente la loro autonomia. È una misura flessibile e “su misura”, adattabile alle esigenze del beneficiario. Può beneficiare dell’istituto la persona che presenta un’infermità fisica o psichica e che è impossibilitato a gestire i propri interessi, anche parzialmente e/o temporaneamente. Può averne bisogno, ad esempio, una persona anziana, un disabile, un malato terminale.
Come avviene l’iter di nomina dell’amministratore di sostegno?
Innanzitutto, la nomina di un amministratore di sostegno può essere richiesta dallo stesso soggetto interessato, oltre al coniuge o convivente, parenti entro il quarto grado o affini entro il secondo. Il giudice, oltre alla nomina, stabilisce anche i compiti dell’amministratore e i limiti delle sue funzioni. Egli può svolgere sia un ruolo di assistenza che di rappresentanza del beneficiario, ciò dipende da quanto il beneficiario sia in grado di determinarsi. In particolare, per quanto riguarda il ruolo di rappresentanza, l’amministratore sostituisce completamente il beneficiario per specifici atti indicati nel decreto di nomina, ad esempio può dare lui il consenso alle cure mediche.
Cosa ha stabilito l’ordinanza 5088/2025 della Cassazione Civile?
È una sentenza molto interessante perché valuta se vi siano o meno i presupposti di legge per applicare l’istituto dell’amministratore di sostegno nel caso di un figlio molto attaccato alla madre.
Il figlio, molto giovane, aveva sempre gestito il suo patrimonio avvalendosi dell’aiuto di professionisti con il consiglio della madre. La Corte ha confermato che non vi erano elementi per dubitare della sua capacità di autodeterminazione né vi erano elementi che dimostrassero una sudditanza psicologica del figlio nei confronti della madre, e comunque, anche in quest’ultimo caso, non è sicura la previsione certa di un amministratore di sostegno.
L’amministrazione di sostegno è, in effetti, uno strumento volto a tutelare una persona che non riesca a provvedere autonomamente ai suoi interessi, presupposto che i giudici, nel caso concreto, hanno ritenuto non sussistesse.
Il ragazzo delegava in modo autonomo la gestione delle sue attività ai professionisti ed era adeguatamente protetto in questo senso, oltre ad avere una rete familiare di supporto.
Quale principio possiamo trarre da questa decisione onde regolare future controversie simili?
La Corte ci ha ricordato che, in assenza di elementi concreti che dimostrino una condizione di vulnerabilità, non può essere imposta ad una persona l’amministrazione di sostegno, altrimenti vi sarebbe una violazione dei diritti fondamentali, come l’autodeterminazione e la dignità personale di ognuno.
La decisione impone ai giudici un obbligo motivazionale stringente per accertare la necessità di un amministratore di sostegno. Non basta una generica condizione di fragilità o anche di sudditanza psicologica; è necessario dimostrare concretamente l’incapacità del beneficiario di gestire i propri interessi personali e patrimoniali. Questo approccio riduce il rischio di abusi e di imposizioni ingiustificate.
Abbiamo assistito molti clienti che avevano bisogno di un amministratore di sostegno per un loro caro pertanto non esitate a contattare lo studio in caso di consulenze o necessità dell’avvio delle pratiche per la nomina.