Salve avvocato, sono zia di una ragazza alla quale, durante il procedimento di separazione dei suoi genitori, non veniva corrisposto da parte del padre alcun tipo di contributo economico. Per tale ragione, ho deciso di aiutarla e sostenerla economicamente. Vorrei chiedere la restituzione di quanto versato nel tempo a mia nipote. Posso farlo?
La domanda della nostra cliente ci dà l’occasione per analizzare la recente ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione I Civile, la n. 5262 del 28 febbraio 2024, con la quale la stessa ha affermato che il padre è obbligato a corrispondere alla figlia il mantenimento a decorrere dalla domanda giudiziale, anche se durante il procedimento la figlia ha ricevuto degli aiuti in denaro da parte di una zia, la quale sarà legittimata a richiedere quanto versato in favore della nipote.
Cosa prevede la legge
La legge italiana garantisce la crescita ed il benessere dei figli.
L’art. 30 della Costituzione, infatti, stabilisce che: “E’ dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche nati fuori dal matrimonio. Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede affinché siano assolti i loro compiti. La legge assicura ai figli nati fuori dal matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima”.
Dunque, l’obbligo di mantenimento dei figli ricade sui genitori, ma in caso di impossibilità e incapacità nel rispettare tale impiego, sussiste un concorso nel mantenimento.
Al riguardo si applicano le disposizioni di cui all’art. 316-bis c.c. (“Concorso nel mantenimento”) secondo il quale, “I genitori devono adempiere i loro obblighi nei confronti dei figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo. Quando i genitori non hanno mezzi sufficienti, gli altri ascendenti, in ordine di prossimità, sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli”.
Quindi, la garanzia di crescita e di benessere dei figli è prevista anche nel caso in cui i genitori non riescano ad assolvere all’obbligo, facendosi carico dei genitori e dei figli sia i nonni, sia le sorelle e i fratelli dei genitori, cioè gli zii, che si preoccupano del benessere dei nipoti.
Dunque, sull’ascendente in ordine di prossimità ricade l’obbligo del mantenimento dei nipoti.
Gli zii non sembrerebbero essere chiamati ad assolvere a tale obbligo, in quanto non rientrano nella linea degli ascendenti, ma fanno parte dei parenti in linea collaterale.
Per gli zii, quindi, nascerebbe l’obbligo morale di assistere i nipoti.
Sempre l’art. 316-bis, comma 2 c.c., infatti, stabilisce che: “In caso di inadempimento, il Presidente del Tribunale o il giudice da lui designato, su istanza di chiunque vi ha interesse, sentito l’inadempiente e assunte informazioni, può ordinare con decreto che una quota dei redditi dell’obbligato, in proporzione agli stessi, sia versata direttamente all’altro genitore o a chi sopporta le spese per il mantenimento, l’istruzione e l’educazione della prole”.
Questo sta a significare che, anche le sorelle ed i fratelli dei genitori sono chiamati al mantenimento, se questi ultimi si trovano in difficoltà oppure in caso di loro assenza.
Il caso
Per tutto il procedimento di separazione giudiziale, un padre si rifiutava di mantenere la figlia maggiorenne non economicamente autosufficiente, costringendola, così, ad accettare aiuti in denaro da una zia materna.
Dopo diversi anni di procedimento, il Tribunale riconosceva il diritto della figlia maggiorenne, non autosufficiente, a ricevere dal padre il mantenimento ordinario e faceva decorrere l’obbligo per il padre dalla data di conclusione della causa, sul presupposto che la zia aveva provveduto al mantenimento della nipote dall’inizio del procedimento di separazione e fino alla sentenza di primo grado.
Il Tribunale, inoltre, stabiliva che fosse eventualmente legittimata a richiedere quanto versato fino alla sentenza solo la zia e non anche la ragazza.
Avverso la sentenza del Tribunale, veniva proposto appello principale del padre e appello incidentale da parte della figlia.
La ragazza chiedeva al giudice d’Appello, in primo luogo, la conferma del provvedimento del Tribunale, considerato l’obbligo del padre di mantenerla fino al raggiungimento dell’indipendenza economica e, secondariamente, la stessa rilevava che la decorrenza dell’assegno di mantenimento avrebbe dovuto retroagire fin dal giorno della domanda giudiziale.
La Corte, in riforma parziale della sentenza di primo grado, stabiliva la decorrenza dell’assegno di mantenimento in favore ragazza dalla data dell’inizio del procedimento di separazione e non dalla data della sentenza di primo grado.
Inoltre, la Corte d’Appello confermava alla zia, che di fatto si era sostituita al padre nel mantenimento, la legittimazione ad agire nei confronti del padre, richiedendo la restituzione di quanto corrisposto nel tempo alla nipote fino alla sentenza di primo grado.
Il padre, così, proponeva ricorso per Cassazione, per aver la Corte d’Appello fatto decorrere l’obbligo di mantenimento a far data della domanda di separazione e non della sentenza di primo grado. La Cassazione respingeva il ricorso, ritenendo infondati i motivi.
La decisione della Corte
La Suprema Corte, nel respingere il ricorso del padre, ha stabilito il principio di diritto secondo cui, quanto alla decorrenza degli assegni di mantenimento, il credito alimentare è dovuto dal giorno della domanda giudiziale.
La Cassazione, in primo luogo, ha individuato il soggetto legittimato a pretendere il contributo al mantenimento per il periodo intercorrente fra la data di introduzione della domanda e la decisione di primo grado: “Non può essere messa in dubbio la legittimazione della figlia a far data dalla domanda, dato che l’obbligo dei genitori di mantenere i figli sussiste fin dalla loro nascita e non viene meno per il solo fatto che altri vi abbiano provveduto”.
Inoltre, secondo la Cassazione, la legittimazione attiva della zia è stata riconosciuta dalla Corte d’Appello in forza dell’istituto della “Gestione dell’affari altrui”, ex art. 2028 c.c., senza prima verificare se le dazioni fossero state eseguite dalla stessa per interesse proprio, per mero spirito di liberalità nei confronti ella nipote (figlia della sorella, defunta in pendenza del giudizio di separazione) oppure per conto e a vantaggio della nipote, in adempimento degli obblighi del padre e quindi nell’esclusivo interesse di quest’ultimo.
Secondo gli Ermellini, la Corte d’Appello avrebbe sbagliato nel ritenere esistente la sola legittimazione della zia materna. Stante l’obbligo del genitore di contribuire al mantenimento dei figli non affidatari o collocatari che decorre dalla domanda giudiziale, la sola legittimata a richiedere le somme non versate è la figlia maggiorenne non autosufficiente.
Conclusioni
In conclusione, la Corte con l’ordinanza in esame si è trovata a dover intervenire in una situazione che spesso si delinea durante la separazione, quando il coniuge economicamente più forte si rifiuta di corrispondere all’altro il mantenimento. Quando ciò accade, il coniuge economicamente più debole è spesso costretto ad accettare aiuti in denaro da parenti, che di fatto si vanno a sostituire al genitore obbligato, solo per poter vivere dignitosamente.
In casi come questi, è fondamentale rivolgersi al un legale, il quale può fornirle una consulenza adeguata ed assisterla in giudizio.