Salve avvocato, il rapporto con mio marito non va bene e sto pensando di separarmi, è possibile farlo senza ricorrere al tribunale? In che problemi potremmo incappare?
Nei casi in cui una coppia voglia separarsi consensualmente può intraprendere due diverse strade: la separazione consensuale di fronte al Tribunale è quella più comune e classica, ma alternativamente si può ricorrere anche alla negoziazione assistita da avvocati (vuoi un approfondimento sulla negoziazione assistita? Leggi anche: https://studiodonne.it/divorzio-breve/guida-alla-separazione-on-line-separarsi-dal-coniuge-online-o-senza-passare-per-i-tribunali-oggi-e-possibile/ ).
Cos’è la negoziazione assistita?
La procedura di negoziazione assistita comporta la conclusione di un accordo tra le parti al termine di un processo conciliativo. Tale procedura richiede la partecipazione di un avvocato per ciascuna parte e il reciproco impegno dei coniugi a cooperare in buona fede per la risoluzione amichevole delle proprie questioni.
L’accordo derivante dalla negoziazione assistita, una volta stipulato e attestato dagli avvocati per garantirne la validità, produce gli stessi effetti legali di una separazione consensuale, previa approvazione da parte del Pubblico Ministero per l’omologazione. In questa circostanza, non è necessario avviare una procedura giudiziaria in tribunale, e dopo un periodo di dieci giorni dalla stipula dell’accordo, con l’approvazione del Pubblico Ministero, i coniugi diventano legalmente separati.
Il caso particolare di negata trascrizione e la pronuncia della Corte di Cassazione (sentenza n. 23851/2023)
Il caso in esame riguarda il diniego di trascrizione di un accordo di separazione con negoziazione assistita che comprendeva trasferimenti immobiliari (nello specifico il marito cedeva alla moglie il restante 50% di un’unità immobiliare). Nella vicenda in questione, due coniugi avevano stipulato un accordo di separazione tramite negoziazione assistita, ma il Conservatore dei Registri Immobiliari aveva negato la trascrizione dell’atto, sostenendo che mancava l’autenticazione delle sottoscrizioni da parte di un pubblico ufficiale autorizzato.
I due coniugi, a seguito del primo e del secondo grado di giudizio decidevano di rivolgersi alla Corte di Cassazione. Gli Ermellini hanno, però, chiarito che il rimedio appropriato in questa situazione non era il ricorso straordinario per Cassazione ma piuttosto la questione poteva essere affrontata in un processo a cognizione piena. Hanno anche evidenziato che il procedimento di reclamo contro le decisioni del Conservatore è di natura non contenziosa e che il ricorso straordinario per Cassazione è ammissibile solo quando si tratta di decisioni conclusive di procedimenti contenziosi; dichiarano infatti: “La pacifica natura non contenziosa del procedimento di reclamo previsto dalla legge avverso le decisioni del Conservatore, oltre ad escludere la stessa ricorrenza dei presupposti per l’ammissibilità del ricorso straordinario in cassazione ai sensi della Cost., art. 111 comma 7 (essendo appunto carente il carattere della decisorietà), esclude che la questione interessata dal motivo legittimi la stessa ricorribilità in cassazione del provvedimento impugnato, trattandosi appunto di questione che, per quanto controversa, potrà in ogni caso essere devoluta alla cognizione dell’autorità giudiziaria nell’ambito di un processo a cognizione piena”. Pertanto, il ricorso presentato dai coniugi è stato dichiarato inammissibile, e si è indicato che le parti coinvolte avrebbero dovuto risolvere la questione attraverso un contenzioso ordinario, un processo più adeguato ad affrontare la controversia.