Nella separazione il coniuge ha diritto all’assegno di mantenimento se lavora? Deve essere rispettato il tenore di vita? Quando e quanto deve essere dato?

Dopo la sentenza Grilli sull’assegno divorzile che escludeva in toto il tenore di vita e dopo l’intervento delle S.U., il tema dell’assegno di mantenimento è caro a molti separati che ci chiedono se ed in quali casi deve essere disposto l’assegno di mantenimento al coniuge più debole.

Il caso: un coniuge viene in studio per chiederci se potrà evitare di versare il mantenimento alla coniuge che lavora ma guadagna meno di lui.

Tizio  è infatti un imprenditore danaroso presidente di una Società che è cresciuta nel tempo ed ha sposato appena due anni fa una giovane donna di 35 anni Amministratrice di una società collegata al gruppo del coniuge.

Non hanno figli ma la differenza dei loro patrimoni è rilevante. Tuttavia Tizio ha contribuito notevolmente a migliorare la carriera della donna conferendole mandati e contratti decennali per euro 600 mila l’anno.

Questioni giuridiche: L’assegno di mantenimento è versato al coniuge più debole in determinate circostanze. Nella fattispecie la donna lavora ed ha capacità lavorativa, è giovane e date le sue capacità ed il ruolo che occupa, può essere considerata autonoma economicamente. La richiesta dell’assegno di mantenimento deve essere rigettata.

Infatti  sebbene i redditi e patrimoni siano inferiori a quelli del coniuge, la sentenza del cass_civ_sezioni_unite_18287_2018 stabilisce che  le condizioni economiche e patrimoniali dei coniugi non costituiscono un punto di riferimento per l’assegno di mantenimento ma rilevano solo se sono collegate all’apporto che ciascuno dei due conferisce nel matrimonio.

La sentenza di Milano n.22099 concorda con le 22099 dove infatti l’assegno di mantenimento non è dovuto calcolando il tenore di vita in costanza di matrimonio ma verificando se vi siano stati apporti rilevanti alla vita matrimoniale e anche rinunce di carriera.

Nel caso specifico addirittura la donna aveva beneficiato dei redditi del partner senza sacrificarsi ed aver costituito una comunione materiale e spirituale rilevante dato il matrimonio brevissimo, di appena due anni.

Peraltro nel caso specifico la donna non aveva apportato un contributo rilevante alla famiglia né avendo rinunciato alla carriera ma anzi, né avendo speso somme di denaro per contribuire al menage matrimoniale. La stessa aveva trattato addirittura un ingiustificato arricchimento dal coniuge ricco che aveva sposato per interesse.

E dunque la richiesta dell’assegno di mantenimento veniva rigettata così come lo sarebbe stata nel processo di divorzio.

La soluzione: L’assegno di mantenimento nella separazione deve essere disposto in casi specifici dove il tenore di vita non incide più sulla quantificazione né sulla disposizione stessa non avendo la funzione di riequilibrare i redditi o patrimoni ma solo quella assistenziale nel caso di persona non lavoratrice, né capace di lavorare data l’età e condizioni di salute o data la rinuncia alla carriera per apporto matriale e spirituale alla vita matrimoniale.

 

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