Pensione di reversibilità per due mogli

Al momento della morte di un soggetto titolare di una pensione di reversibilità che, nel corso della sua vita, era stato sposato più di una volta si affronta il problema del se la stessa pensione vada solamente alla seconda moglie o se anche la prima debba riceverne una parte. Ebbene l’ex moglie dalla quale il defunto aveva divorziato ha comunque diritto ad una parte della pensione di reversibilità. È proprio l’articolo 9 della Legge sul divorzio n. 898/1970 a stabilire che: “Qualora esista un coniuge superstite avente i requisiti per la pensione di reversibilità, una quota della pensione e degli altri assegni a questi spettanti è attribuita dal tribunale, tenendo conto della durata del rapporto, al coniuge rispetto al quale è stata pronunciata la sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e che sia titolare dell’assegno di cui all’art. 5. Se in tale condizione si trovano più persone, il tribunale provvede a ripartire fra tutti la pensione e gli altri assegni, nonché a ripartire tra i restanti le quote attribuite a chi sia successivamente morto o passato a nuove nozze.

Il criterio attraverso il quale si divide la pensione di reversibilità tra le due mogli è quindi basato sulla durata dei rispettivi matrimoni, ma, come si evince dalla sentenza n. 6019/2014 della Cassazione, anche sull’ammontare dell’eventuale assegno divorzile riconosciuto alla ex moglie e sulle rispettive condizioni economiche delle due donne.

In particolare, nella citata sentenza, la moglie divorziata e titolare di un assegno divorzile chiedeva al tribunale la quota della pensione di reversibilità dell’ex marito defunto. Il Tribunale disponeva che l’ex moglie e la successiva moglie dovessero dividersi la pensione nell’ammontare della metà ciascuna. La vedova impugnava sia in appello che in Cassazione, ma in entrambi i casi venivano rigettate le impugnazioni. La Corte di Cassazione rilevava dunque la correttezza delle sentenze emesse in primo grado ed in appello e replicava infatti come la divisione e ripartizione della reversibilità fosse stata fatta seguendo i criteri non solo della durata del matrimonio, ma anche guardando all’entità dell’assegno di mantenimento riconosciuto all’ex coniuge, e condizioni economiche delle parti private e la durata delle eventuali convivenze prematrimoniali. Si notava, infatti, che la moglie divorziata avesse dato due figli al defunto e che la seconda lo avesse assistito fino agli ultimi momenti e che, inoltre, entrambe godevano di rendite da lavoro. Proprio in ragione di questi motivi la Suprema Corte di Cassazione respingeva la domanda della ricorrente.

“Come studio – riferisce l’Avv. Maria Luisa Missiaggia -abbiamo trattato un caso dove la prima, con 20 anni di matrimonio ma un’autonomia lavorativa, intendeva comunque ricevere una parte della pensione del de cuius. Grazie alla capacità di mediare, sono riuscita a concludere un accordo che ha visto attribuita la percentuale del 25% alla prima moglie e il 75% alla seconda che non lavorava.

A cura dell’Avv. Maria Luisa Missiaggia e del dottor Ludovico Raffaelli

Qui di seguito il pdf dell’atto concluso nel gennaio 2020 innanzi al tribunale di Roma.

Sentenza reversibilità

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