Secondo la Cassazione, nonostante l’abbandono del criterio del tenore di vita in costanza di matrimonio, l’assegno divorzile ha comunque la funzione di valorizzare la durata del matrimonio ed i sacrifici fatti per contribuire alla formazione del patrimonio familiare.
Nel caso di specie la Corte d’Appello ha rideterminato l’assegno divorzile in favore della ex moglie in 1600 euro al mese. Questo seguendo un ragionamento logico che giustamente si discosta dal criterio del tenore di vita mantenuto durante il matrimonio, come viene affermato dalla Cassazione n.11504/2017, senza però dimenticare quale sia la funzione dell’assegno divorzile, ossia lo scopo assistenziale e compensativo dello stesso. Si deve infatti considerare l’età del coniuge richiedente, l’effettiva possibilità di tornare a lavorare ed il contributo che si è fornito alla formazione del patrimonio familiare anche con il lavoro casalingo. Secondo la Corte d’Appello, quindi, la donna era senza dubbio la parte “debole” del rapporto, non disponendo di un proprio reddito da lavoro e non avendo disponibilità liquide ad eccezione di alcuni appartamenti in comproprietà con la sorella. Per queste ragioni, risultava impossibile ridurre l’assegno della donna nella misura richiesta dal marito, stante anche il fatto che, data l’età, la signora difficilmente riuscirà a reperire un impiego e comunque si troverà a fronteggiare diverse nuove spese tra cui l’affitto della propria abitazione.
Il marito ritenendo comunque esagerato l’assegno da 1600 si ricorre in Cassazione la quale però rigetta in toto le richieste dello stesso. Gli Ermellini sottolineano infatti che, nonostante ci si sia discostati dal criterio del tenore di vita, comunque non ci si allontana dal criterio perequativo-compensativo basato sul principio di solidarietà. Ci si riferisce infatti proprio all’art. 5 della legge n.898/1970: “il riconoscimento dell’assegno di divorzio, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi o comunque dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, attraverso l’applicazione dei criteri di cui alla prima parte della norma i quali costituiscono il parametro di cui si deve tenere conto per la relativa attribuzione e determinazione, ed in particolare, alla luce della valutazione comparativa delle condizioni economico patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio e all’età dell’avente diritto”. Bisognerà dunque garantire al richiedente un importo che gli permetta di condurre la propria vita dignitosamente ed in maniera autonoma, riconoscendo ciò che è stato fatto durante il periodo in cui si è stati sposati.
Avv. Maria Luisa Missiaggia con la collaborazione di Ludovico Raffaelli