La Corte di Cassazione ritorna, con la sentenza n. 13274/2019, ad occuparsi della Pas –Sindrome da alienazione parentale.
Secondo gli Ermellini, mancando un supporto scientifico, viene chiesto ai giudici di appurarne l’attendibilità.
Motivi dei ricorso:
1) La Corte di Appello di Venezia con sentenza del 2017 si era limitata a disporre l’affidamento esclusivo del minore al padre basandosi sulla sola inidoneità dell’altro genitore;
2) Mancanza (allo stato attuale) di una attendibilità scientifica della Pas ;
3) Non ascolto del minore
La vicenda
La Corte di Appello di Venezia con sentenza n.1140 del 2017 a seguito della separazione giudiziale tra due coniugi, confermava la decisione di primo grado che aveva disposto l’affidamento del minore in via esclusiva al padre, con immediato allontanamento dalla casa ove viveva con la madre e con collocazione del minore per sei mesi presso una comunità dedita alla cura e al sostegno dei minori in Treviso, disponendone successivamente, ovvero, decorso il semestre, la collazione esclusiva presso l’abitazione paterna.
La ragione di una tale statuizione derivava dal giudizio, condiviso anche dalla corte di Appello, espresso dal CTU. riguardo alla madre del minore.
Difatti, nella relazione della CTU, la stessa era stata definita un “soggetto anelastico, scarsamente propensa a mettersi in discussione, … caratterizzato da un atteggiamento preconcetto, e scarsamente collaborativo”.
La donna aveva attuato a dire della Ctu, un preciso «progetto di esclusione del genitore alienato, mediante la sostituzione del padre biologico con il nonno materno». Ed infatti nel minore era stato riscontrato un atteggiamento di completo rifiuto nei confronti del padre. Questo è quando si legge nella sentenza impugnata.
La decisione di collocare il minore per un semestre presso una struttura era stata dettata dalla forte avversione» del minore verso «l’ambiente familiare paterno», serviva «una struttura educativa terza» per poi disporre l’affidamento esclusivo del ragazzino al padre. Il ragazzino era stato ascoltato solo una volta a 13 anni e voleva stare con la madre.
Tale atteggiamento aveva inciso nella determinazione della c.d. alienazione parentale del figlio nei confronti del padre.
Che cos’è la PAS (Sindrome da alienazione parentale)?
La sindrome da alienazione genitoriale o sindrome da alienazione parentale (PAS, dalla formula in inglese) è un concetto che venne introdotto per la prima volta negli anni Ottanta dallo psichiatra forense statunitense Richard Gardner, e descritto come una dinamica psicologica disfunzionale che si attiva nei figli minori coinvolti nelle separazioni conflittuali dei genitori. Secondo Gardner questa sindrome sarebbe il risultato di una presunta “programmazione” dei figli da parte di uno dei due genitori (definito “genitore alienante”) che porta i figli a dimostrare astio e rifiuto verso l’altro genitore (definito “genitore alienato”). In poche parole sarebbe un incitamento ad allontanarsi da uno dei due genitori, portato avanti intenzionalmente dall’altro genitore attraverso l’uso di espressioni denigratorie, false accuse e costruzioni di «realtà virtuali familiari». Per Gardner, affinché si possa parlare di PAS è necessario che questi sentimenti di astio e di rifiuto non nascano da dati reali e oggettivi che riguardano il genitore alienato.
Fin da subito la teoria di Gardner fu molto contestata nel mondo scientifico-accademico poiché priva di solide dimostrazioni. Per lo stesso motivo non è nominata nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM 5), che è la principale fonte per i disturbi psichiatrici ufficialmente riconosciuta in tutto il mondo, e non è considerata nemmeno dall’APA (American Psychological Association).
https://studiodonne.it/alienazione-parentale/
I giudici di piazza Cavour con la sentenza n. 13274/2019 rimettono la sentenza cassata ad altra composizione della Corte di Appello di Treviso.
A dire della SC:
“A prescindere dalle obiezioni sollevate dalle parti, qualora la consulenza tecnica presenti devianze dalla scienza medica ufficiale, come avviene nell’ipotesi in cui sia formulata la diagnosi di sussistenza della PAS, non essendovi certezze nell’ambito scientifico al riguardo – il Giudice del merito, ricorrendo alle proprie cognizioni scientifiche oppure avvalendosi di idonei esperti, è comunque tenuto a verificarne il fondamento”.
Ed anche per quanto riguarda l’ascolto del minore, come gia detto avvenuto quando aveva 13 anni, quindi in primo grado, la Corte Suprema ha aggiunto che “il tempo trascorso dall’audizione del minore e la stessa violazione del principio di bigenitorialità dedotta, che non può comportare la soppressione “ad ogni costo” della volontà del minore ultradodicenne , imponevano il rinnovo del suo ascolto, sia pure con il supporto di esperti del ramo. Proprio perché si trattava di minore di tredici anni (attualmente quindici), capace di discernimento anche se affetto da una situazione personale di disagio e sofferenza, era necessario procedere al suo ascolto, anche considerato che l’ultima relazione aggiornata risaliva al 2015-2016.”
In conclusione è stato ordinato di riesaminare il caso perche “qualora la consulenza tecnica presenti devianze dalla scienza medica ufficiale, come avviene nell’ipotesi in cui sia formulata la diagnosi di sussistenza della Pas, non essendovi certezze nell’ambito scientifico al riguardo, il giudice di merito, ricorrendo alle proprie cognizioni scientifiche oppure avvalendosi di idonei esperti, è comunque tenuto a verificarne il fondamento”
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A cura dell’Avv. Maria Luisa Missiaggia e dell’Avv. Maria Grazia Bomenuto.