Nuova pronuncia della Cassazione stabilisce che l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà derivante dal matrimonio giustifica l’addebito della separazione al coniuge infedele, a meno che non si dimostri la mancanza del nesso di causalità tra l’adulterio e la crisi coniugale.
A cura dell’Avv. Maria Luisa Missiaggia e della Dottoressa Micol Sassano
La decisione n. 21576/2018 della Suprema Corte, qui di sotto riportata, ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal marito, nel quale contestava la sentenza della Corte d’Appello di Catania che aveva addebitato la separazione personale a quest’ultimo, stabilendo anche un assegno mensile di Euro 300,00 in favore della moglie, a titolo di mantenimento.
L’art. 143 del Codice Civile menziona tra i diritti e doveri dei coniugi l’obbligo reciproco alla fedeltà, inteso come astensione, da parte di entrambi, dall’intrattenere relazioni sentimentali con altri soggetti.
Nel caso preso in questione, è stato provato che già prima dell’allontanamento dalla casa familiare, che già da sola costituisce una violazione dei doveri familiare, il marito intrattenesse una relazione extra-coniugale e questo è stato il motivo dell’impossibilità di continuare la convivenza.
Pertanto, ciò che si deve dimostrare è il nesso causale tra l’infedeltà di uno dei coniugi e la crisi familiare, tale da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza. L’inosservanza dell’obbligo di fedeltà costituisce di per sé condizione sufficiente per addebitare la separazione al coniuge adultero.
Per quanto riguarda la domanda del marito relativa all’assegno di mantenimento è stata anch’essa rigettata. In primo grado, infatti, è stato accertato che il reddito del marito è nettamente superiore a quello della moglie che non può lavorare a causa delle sue condizioni di salute, e percepisce soltanto una pensione di invalidità
La Suprema Corte di Cassazione in tale ordinanza, riprende il principio sancito nella sentenza n. 16859 del 2015 affermato dalla stessa Corte, per cui “la prova del nesso di causalità può essere fornita con qualsiasi mezzo, anche per presunzioni”.
Tale decisione sottolinea la particolare gravità che rappresenta l’inosservanza dell’obbligo sancito dall’art. 143 c.c., che, normalmente, comporta l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza e pertanto la stessa Corte ritiene, di regola, tale violazione una circostanza sufficiente a giustificare l’addebito al coniuge infedele. L’onere probatorio è a carico del presunto colpevole, che può dimostrare, con un accertamento particolarmente rigoroso, la mancanza di tale nesso causale, perché, ad esempio, la crisi coniugale preesisteva al comportamento adultero, per cui l’infedeltà è stata una mera conseguenza di una irrimediabile crisi già in atto, dovuta a reciproche difficoltà risalenti nel tempo.
Se si vuole approfondire l’argomento: http://studiodonne.it/2018/03/21/mobbing-familiare-causa-addebito-della-separazione/ http://studiodonne.it/2018/02/12/tradimento-virtuale-prova-laddebito-della-separazione/
Di seguito il provvedimento:
Cass. civ. Sez. VI – 1, Ord., (ud. 28/06/2018) 03-09-2018, n. 21576
SEPARAZIONE DEI CONIUGI
Alimenti e mantenimento
In genere
Fatto – Diritto P.Q.M.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Consigliere –
Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 25607-2016 proposto da:
P.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FEDERICO CESI 30, presso lo studio dell’avvocato PIERLUIGI MANCUSO, rappresentato e difeso dall’avvocato RINALDO OCCHIPINTI;
– ricorrente –
contro
I.N.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 795/2016 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 17/05/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 28/06/2018 dal Consigliere Dott. MARIA ACIERNO.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Con sentenza del 29 aprile 2016 la Corte d’appello di Catania ha rigettato l’appello proposto da P.G. avverso la sentenza del Tribunale di Ragusa che aveva pronunciato la separazione personale di quest’ultimo e I.N. e la addebitava al P., disponendo altresì che egli versasse Euro 300,00 mensili a titolo di mantenimento in favore della moglie, oltre a Euro 300 mensili in favore del figlio.
La Corte d’appello ha ritenuto, per quanto ancora interessa:
- a) che la pronuncia di addebito fosse pienamente giustificata, essendo emerse plurime e gravi violazioni dei doveri matrimoniali da parte del P. ed essendo stata accertata la loro stretta connessione causale con la intollerabilità della convivenza: nello specifico, era provato che il P. già alla data dell’allontanamento dalla casa familiare – che già da sola integra una violazione dei doveri familiari – si fosse allontanato dalla casa coniugale e intrattenesse una relazione extra-coniugale.;
- b) che sussistessero pienamente i presupposti di legge per l’assegno di mantenimento in favore della I. sia rispetto all’an che rispetto al quantum: nel procedimento di primo grado la polizia tributaria aveva accertato che il P. era titolare di un reddito nettamente superiore a quello della moglie, la quale, dal canto suo, percepisce solo una pensione di invalidità e non può lavorare a causa delle sue condizioni di salute.
Avverso suddetta pronuncia ricorre per cassazione P.G., affidandosi a due motivi:
Nel primo viene dedotta la violazione dell’art. 143 c.c., art. 151 c.c., comma 2, art. 2697 c.c.; nonchè artt. 115 e 116 c.p.c. per avere la Corte territoriale erroneamente addebitato a lui la separazione pur in mancanza del nesso di causalità tra l’infedeltà e la crisi coniugale, la quale, invece, è riferibile a reciproche difficoltà risalenti nel tempo. Secondo la giurisprudenza di legittimità la situazione di intollerabilità, disaffezione e distacco affettivo, giustificante la separazione, può verificarsi anche in relazione a uno solo dei coniugi, senza che ciò possa costituire motivo di addebito.
Nel secondo viene dedotta la violazione dell’art. 156 c.c. e dcegli artt. 115 e 116, c.p.c. nonchè vizio di motivazione, per essersi la Corte territoriale sottratta al principio in base a cui il coniuge richiedente è gravato dall’onere di dedurre e dimostrare sia l’an debeatur che il quantum debeatur dell’assegno di mantenimento. La sentenza è anche viziata per avere utilizzato a fini probatori le dichiarazioni rese dal P. al c.t.u. circa i propri redditi ma non le dichiarazioni della I., la quale affermava di essere economicamente indipendente.
Il primo motivo è inammissibile, perchè si risolve nella sollecitazione di un nuovo accertamento di merito sui presupposti della pronuncia di addebito. L’apprezzamento circa la responsabilità di un coniuge nel determinarsi della intollerabilità della convivenza in ragione della violazione dei doveri matrimoniali è istituzionalmente riservato al giudice di merito e non può essere censurato in sede di legittimità in presenza di motivazione congrua e logica (ex multis, Cass. 18074/2014). In riferimento all’istruttoria svolta in primo grado è emerso, infatti, che il P. si era allontanato dalla casa familiare, aveva una relazione extra-coniugale e non aveva prestato alla moglie la necessaria assistenza materiale e morale, anche in relazione alle accertate condizioni di salute della I. mancando invece la prova da parte sua che la violazione dei doveri coniugali fosse successiva alla crisi matrimoniale. I fatti, così come insindacabilmente accertati dal giudice del merito, possono giustificare una pronuncia di addebito, non configurandosi la denunciata violazione di legge. Peraltro la prova del nesso causale può essere fornita con qualsiasi mezzo, anche per presunzioni tenuto conto dei principi di recente affermati da questa Corte nella sentenza n. 16859 del 2015 così massimati:
“In tema di separazione tra coniugi, l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà coniugale rappresenta una violazione particolarmente grave, la quale, determinando normalmente l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza, costituisce, di regola, circostanza sufficiente a giustificare l’addebito della separazione al coniuge responsabile, semprechè non si constati, attraverso un accertamento rigoroso ed una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, la mancanza di nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale, tale che ne risulti la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale”.
Il secondo motivo è parimenti inammissibile per la medesima ragione. I redditi delle parti, invero, sono stati accertati nel procedimento di primo grado attraverso l’indagine della polizia tributaria, mentre le dichiarazioni rese dai coniugi al consulente tecnico d’ufficio, il quale, invece, non aveva il compito di accertare la loro situazione economica ma l’idoneità genitoriale, non sono state ritenute idonee, con valutazione incensurabile, a modificare i riscontri di natura documentale. Pertanto, la sperequazione reddituale e l’inidoneità al lavoro della I., affetta da sclerosi multipla, hanno correttamente condotto la Corte territoriale a confermare l’assegno di mantenimento sia nell’an che nel quantum.
Il ricorso, in conclusione, deve essere dichiarato inammissibile. Il processo risulta esente, ex lege, dalla debenza del doppio contributo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 28 giugno 2018.
Depositato in Cancelleria il 3 settembre 2018