Responsabilità professionale medica: l’assicurazione riconosce l’invalidità al 95% e risarcisce il danno al soggetto macroleso e ai congiunti

IL FATTO

La sig.ra Y veniva ricoverata presso l’ospedale Alfa di Roma con la seguente diagnosi di accettazione: seconda gravidanza alla 42^ settimana di gestazione oligoamniosi; l’esame ecografico evidenziava che il feto aveva due giri di cordone ombelicale attorno al collo ed alla gamba, come confermato all’esito del cesareo successivamente effettuato.

Ben 25 ore dopo il ricovero, i sanitari effettuavano induzione del travaglio con prostaglandine e anestesia perdurale; in assenza di progressione, dopo 33 ore dall’induzione al travaglio iniziava la procedura clinica ragionata per la valutazione dello stato fetale; tre ore dopo, il dato score era pari a 4 (rischio asfissia) e nonostante ciò i sanitari non effettuavano alcun intervento attendendo ancora un’ora; solo quando il dato score era ormai pari a 5 (rischio asfissia elevato) i medici davano inizio a ripetute manovre di Kristeller per favorire la progressione del parto e, rilevato l’insuccesso delle spinte sul fondo uterino, in modo del tutto temerario e censurabile optavano per un parto operativo vaginale applicando la ventosa ostetrica, provocando in tal modo una grave asfissia del feto.

La responsabilità dei medici appare particolarmente grave laddove si consideri che gli stessi erano a conoscenza dell’elevato rischio di asfissia, della circostanza che il feto avesse due giri di cordone intorno al collo, che rendevano di fatto impossibile la rotazione, nonché del fatto che la gravidanza era oltre la 42^ settimana, che già alla 35^ settimana l’accrescimento fetale era ai limiti medi inferiori e che al momento del ricovero la diagnosi riscontrava una patologica riduzione del liquido amniotico.

Solo dopo più di 37 ore dall’induzione al travaglio i sanitari procedevano al parto cesareo.

La condotta dei sanitari faceva insorgere uno stato di asfissia globale ovvero l’interruzione della circolazione sanguigna feto-placentare per un periodo di tempo superiore agli otto-nove minuti; nel caso di specie, il tentativo temerario di applicazione della ventosa ostetrica comportava un notevole peggioramento della sofferenza fetale, causando un traumatismo necessariamente maggiore nel cercare di vincere la sproporzione tra la testa del feto e il bacino materno.

Il neonato nasceva asfittico, attualmente è cerebroleso, alimentato artificialmente e necessita di assistenza sanitaria continua alla presenza necessaria di almeno uno dei genitori.

 LA TRATTATIVA STRAGIUDIZIALE

L’esame delle cartelle cliniche nonché la relazione medico legale prodotta all’esito dell’esame documentale medico hanno dimostrato la responsabilità professionale dei medici dell’ospedale Alfa, confermata dal ginecologo della compagnia assicurativa e dal medico legale nominato dalla medesima compagnia, accertando un danno biologico nella misura del 95%; tale percentuale tuttavia deve ritenersi realmente pari al 100%, dal momento che il bambino è in uno stato di totale invalidità permanente.

Il nostro studio legale formulava pertanto proposta transattiva, a saldo e stralcio di ogni diritto e pretesa, alla compagnia assicurativa nella misura di € 3.500.000,00 ridotta a € 3.000.000,00 per una rapida definizione.

La compagnia assicurativa formulava l’offerta ai sensi e per l’effetto dell’art. 1209 del codice civile mettendo a disposizione la somma di € 2.300.328,00 così composta:

  • € 1.700.000,328 per il minore macroleso (€ 976.276 a titolo di risarcimento di danno biologico valutando un invalidità permanente del 95%; € 23.943 i ITT di 588 giorni; e 500.109 a titolo di danno non patrimoniale e € 200.000 come danno patrimoniale da perdita di chances;
  • € 100.000 per il fratellino come danno non patrimoniale riflesso;
  • € 300.000 per i genitori a titolo di danno morale iure proprio  complessivo, oltre le spese nella misura di € 200.000.

La predetta somma veniva accettata dai ricorrenti in acconto del maggiore avere, considerata l’incongruità della somma; lo studio legale chiedeva ed otteneva dal giudice tutelare l’autorizzazione alla riscossione della somma concordata ex art. 320 del codice civile.

Veniva altresì presentata querela per il reato di lesioni volontarie nei confronti di ciascun componente medico dell’equipe dell’ospedale Alfa.

Il riconoscimento della responsabilità ad opera degli esperti della compagnia assicurativa e il versamento delle somme in acconto di maggiore avere, come formale ammissione della responsabilità stessa, rendevano superfluo ogni accertamento in merito all’an debeatur; lo studio legale presentava quindi atto di citazione per l’accertamento del quantum al fine di ottenere il maggiore avere in ordine alle singole voci di danno.

 L’ACCERTAMENTO DEL MAGGIOR DANNO E LE SINGOLE VOCI

La somma offerta in sede stragiudiziale non appare assolutamente idonea a ristorare il gravissimo danno subito dal piccolo X e dai suoi congiunti; il bambino è totalmente incapace di attendere a qualunque funzione fisica e mentale, dipenderà per tutta la vita da un respiratore e dall’assistenza continua di sanitari e familiari; per tale motivo è stata intrapresa la via giudiziale al fine di assicurare alle vittime della grave responsabilità professionale medica quanto meno un risarcimento economico che allevi seppure in parte le difficoltà dovute alle lesioni permanenti inferte.

L’inadeguatezza della somma offerta e accettata solo in acconto del maggior avere appare ancora più evidente qualora si consideri, oltre alla grave sofferenza morale e psicologica alla quale purtroppo non sussiste rimedio, anche le pesanti conseguenze economiche che la famiglia di X è costretta ad affrontare; in particolare, la madre del piccolo è stata costretta ad abbandonare il lavoro per assistere il figlio rinunciando così ad un reddito fisso annuale di circa € 20.000.

Occorre pertanto analizzare ogni singola voce di danno al fine di stabilire quale somma possa ritenersi accettabile in questo caso e in altri simili di macrolesioni permanenti con invalidità pressoché totale.

Spese mediche: la proposta transattiva al riguardo fissa il ristoro per le spese mediche in € 200.000 parametrate ad una aspettativa di vita pari a 10 anni; ritenendo invece più ragionevolmente tale aspettativa pari ad almeno 60 anni e considerando l’importo annuo delle spese mediche effettivamente sostenute pari a € 24.000 (esclusi i macchinari che tengono in vita il minore) si quantifica la più congrua somma di € 1.440.000;

danno patrimoniale – perdita di chance della madre: la sig.ra Z, obbligata ad abbandonare il posto di lavoro per accudire h-24 il figlio, non ha più l’opportunità di produrre reddito né di contribuire al menage familiare; moltiplicando lo stipendio annuo cui è stata costretta a rinunciare per 25 anni, si quantifica tale voce di danno in  € 500.000.

danno morale iure proprio della madre del macroleso: il danno morale, come noto, è la sofferenza ingiusta provocata da un fatto illecito altrui. Le Sezioni Unite della Cassazione hanno recentemente affermato il principio di diritto per cui “il risarcimento del danno morale deve avvenire in forma integrale e tanto più elevata quanto maggiore è la lesione” (Cass. n. 26972/2008) e in altra recentissima occasione, in una fattispecie analoga a quella in esame, la Suprema Corte ha precisato che ai genitori del macroleso “spetta un risarcimento che non deve essere simbolico, ma integrale tanto più elevato quanto maggiore è la lesione che determina la doverosità dell’assistenza familiare ed un sacrificio totale e amorevole verso il macroleso”.

Alla luce di tali affermazioni appare in tutta evidenza l’irrisorietà della somma offerta, pari solo al 15% del danno biologico accertato quale risarcimento di danno morale iure proprio per ciascun genitore laddove almeno per la madre tale percentuale dovrebbe essere pari al 60% (come riconosciuto dalla Cassazione nella sopra citata sentenza n. 469/09). Occorre infatti considerare che di fatto l’invalidità del minore è pari al 100% e non al 95% come solo simbolicamente riconosciuto. L’avv. Missiaggia ha pertanto richiesto la maggior somma di € 600.000 a titolo di danno biologico iure proprio della sig.ra Y.

Danno morale iure proprio del padre del macroleso: anche per il padre del bambino appare assolutamente incongruo un risarcimento a titolo di danno morale iure proprio pari solo al 15% di quello riconosciuto al minore, dovendo tale percentuale essere elevata al 40% (€ 400.000) considerato che il padre del macroleso non ha più una vita normale né dal punto di vista coniugale né relazionale.

Danno morale iure proprio del fratellino del macroleso: trattandosi di figlio convivente, e considerata la rilevanza che a tale legame familiare ha attribuito anche la Corte Costituzionale riconoscendogli il diritto a fruire del congedo parentale (sentenza n. 19/09), è giusto riconoscere allo stesso un danno morale iure proprio almeno pari al 25% (ossia € 250.000) di quello riconosciuto al fratellino, anche in considerazione della circostanza che verosimilmente sarà lui a prendersi cura del macroleso quando i genitori non potranno più farlo.

Spese di assistenza presenti e future: occorre precisare che nel caso in esame (e in generale in tutti i casi in cui si provoca una macrolesione che comporta una invalidità totale) il macroleso ha bisogno di assistenza h-24 il che comporta, considerata una aspettativa di vita di circa 60 anni (come può ragionevolmente ritenersi alla luce della miglior qualità di vita che la scienza e le cure di ultima generazione offrono ai macrolesi) e lo stipendio di circa € 20.000 annui cui la madre ha dovuto rinunciare, si quantificano spese di assistenza pari complessivamente a € 1.200.000.

 OSSERVAZIONI IN TEMA DI DANNO MORALE E QUANTIFICAZIONE DEL DANNO RISARCIBILE

La pretesa avanzata in sede giudiziale, attualmente sub iudice, appare ragionevolmente fondata sulla base della vigente legislazione in tema di danno biologico e della recente e consolidata giurisprudenza in materia.

Nel campo della responsabilità civile, si indica con il termine “macroleso” un soggetto affetto da una grave menomazione permanente all’integrità psicofisica: il macroleso è un soggetto non autonomo, o non completamente autonomo, affetto da una menomazione che compromette lo svolgimento delle più elementari attività della vita quotidiana.

Negli ultimi quindici anni si è registrato in giurisprudenza un forte aumento dei risarcimenti a soggetti macrolesi, in misura significativamente maggiore a quanto poteva attendersi considerando semplicemente l’aumento del costo della vita: tale tendenza ha le sue ragioni non solo nell’aumento della frequenza di traumi gravi,  ma anche e soprattutto nella sempre più crescente attenzione nei confronti del danno biologico e della necessità di garantire ai soggetti lesi nella loro integrità psicofisica un ristoro totale.

Come noto, il danno biologico consiste nella temporanea o definitiva compromissione della complessiva integrità psicofisica dell’individuo, suscettibile di valutazione medico legale, a prescindere dalla sua capacità di produrre ricchezza.

La giurisprudenza di legittimità è costante nell’affermare che ogni menomazione dell’integrità psicofisica dell’individuo costituisce di per sé danno, indipendentemente dalle conseguenze meramente patrimoniali della lesione.

Per molto tempo il risarcimento del danno biologico è stato svincolato da ogni parametro di riferimento, lasciato all’arbitrio degli operatori e risarcito sulla base di un valore a punto di invalidità che non variava al variare dell’entità della lesione.

Il Tribunale di Milano ha promulgato nel 1995 le prime tabelle di liquidazione del danno biologico e morale, progressivamente adottate dalla maggior parte degli operatori, strutturando il valore del punto di invalidità in funzione crescente rispetto alla percentuale di invalidità (aumenta cioè all’aumentare dei postumi permanenti accertati), e in funzione decrescente rispetto all’età del soggetto leso, in base alla considerazione scientifica per cui la menomazione sulle funzioni vitali e sociali del leso è tanto più grave quanto più egli è giovane, in considerazione del maggior periodo di tempo in cui dovrà sopportare la menomazione della propria integrità psicofisica, considerate le maggiori aspettative di vita.

L’applicazione delle tabelle del Tribunale di Milano ha portato a ridistribuire i costi dei risarcimenti per danno biologico da invalidità permanente, alleggerendo quelli previsti per menomazione di lieve entità e incrementando notevolmente quelli previsti per i macrolesi affetti da menomazioni di grave entità.

Il danno morale subiettivo consiste nel dolore o patema d’animo interiore; prima delle citate tabelle del Tribunale di Milano anche il danno morale, al pari del danno biologico, era svincolato da qualsivoglia parametro di riferimento e lasciato al sostanziale arbitrio degli operatori, finendo quasi sempre con l’essere risarcito con una somma simbolica e quasi mai satisfattiva, che rappresentava solo un simulacro di risarcimento.

Con le Tabelle milanesi invece il danno morale subiettivo è stato parametrato ad una percentuale del danno biologico, oscillante da un quarto alla metà; un siffatto criterio di quantificazione del danno morale, pur garantendo uniformità di liquidazioni risarcitorie,  porta tuttavia ad una evidente sottovalutazione del danno morale.

Tale sottovalutazione è stata rilevata anche dalla Suprema Corte di Cassazione, la quale ha osservato che “il danno morale è ingiusto così come il danno biologico, e nessuna norma costituzionale consente al giudice di stabilire che l’integrità morale valga la metà di quella fisica”(Cassazione sent. n. 5795/2008).

Le valutazioni espresse dalla Suprema Corte devono essere tenute in considerazione anche in sede di quantificazione del danno morale subito dai congiunti del macroleso, evitando il rischio di risarcimenti irrisori, meramente simbolici e del tutto inidonei a ristorare seppure in parte le sofferenze inferte dalla condotta ingiusta.

Il Tribunale di Milano ha recentemente aggiornato i criteri di liquidazione del danno non patrimoniale alla luce delle decisioni della Cassazione del novembre 2008 ai sensi della quale  il risarcimento del danno alla persona deve essere integrale e ristorare integralmente il pregiudizio subito.

In particolare, a seguito della ricognizione dei valori di effettiva liquidazione portati dalla giurisprudenza del Tribunale di Milano, è stato proposto un adeguamento dei valori di liquidazione del danno pensando ad una tabella di valori monetari “medi” corrispondenti al caso di incidenza della lesione in terminis standardizzabili,l in quanto frequentemente ricorrenti; a tali valori medi viene poi applicata una percentuale di aumento laddove il caso concreto presenti peculiarità, al fine di consentire una adeguata personalizzazione complessiva della liquidazione, ferma restando la possibilità che il giudice moduli la liquidazione oltre i valori massimi in relazione a fattispecie del tutto eccezionali rispetto alla casistica comune degli illeciti.

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