La parità di trattamento tra figli legittimi e naturali vale anche per l’obbligo di mantenimento

Corte di Cassazione sentenza n. 8227 del 11.04.2011

Il fatto

La sentenza di primo grado nel procedimento di separazione personale dei coniugi, non aveva riconosciuto l’assegno di divorzio in favore della moglie ed aveva stabilito che il padre corrispondesse l’assegno di mantenimento di euro 300,00 in favore della figlia.

L’uomo, dovendo provvedere alla crescita di altri due figli naturali avuti successivamente dalla convivenza con altra donna, ed, in presenza di uno stipendio netto di 1.600,00 euro, due rate mensili per finanziamenti, una compagna disoccupata

La Corte territoriale aumentava l’assegno ad € 400,00 e stabiliva in € 150,00 l’assegno di divorzio.

L’uomo proponeva quindi ricorso in Cassazione sulla base di 32 motivi di doglianza, tra i quali adduceva a sostegno delle proprie istanze, di aver formato una nuova famiglia di fatto e aver avuto due altri bambini, ma di non possedere un reddito sufficiente a destinare anche a questi ultimi, detratte le spese fisse, un quota di mantenimento identica a quella disposta per il figlio legittimo.

Per questo il predetto chiedeva la riduzione dell’importo del mantenimento.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8227/2011, ha accolto la censura del ricorrente con cui si lamentava che l’aumento dell’assegno per la figlia legittima creava uno squilibrio, alla luce delle sue possibilità economiche, a svantaggio dei due figli naturali, ed ha stabilito che l’assegno di mantenimento in favore dei figli legittimi deve essere ridotto qualora incida sul reddito del padre tanto da non consentirgli di assicurare un uguale tenore di vita ai figli naturali, nati da una successiva convivenza.

La decisione della Suprema Corte con sentenza n. 8227/2011

Con la sentenza n. 8227/2011 la Suprema Corte ha accolto l’unico motivo sui 32 espletati nel ricorso dal padre condannato dalla Corte d’appello a versare un assegno per il figlio affidato alla madre dopo la separazione il cui importo era ritenuto troppo elevato.

La Cassazione, nel decidere la questione, ha parzialmente accolto le istanze del ricorrente e, considerato il reddito complessivo dello stesso (1.600,00 € mensili), ha rideterminato al ribasso il mantenimento per il figlio legittimo, poiché tale reddito non appariva in grado di destinare al mantenimento di ciascuno degli altri due figli naturali un importo mensile di € 400,00, per cui, invece, per la medesima Corte era maggiormente conforme l’importo di € 300,00 già riconosciuto dal Tribunale di Roma.

Il giudice non può liquidare al genitore affidatario un assegno per il mantenimento del figlio legittimo che, tenuto conto del reddito complessivo dell’ex coniuge, incida sul mantenimento dei figli naturali avuti dall’altro coniuge con nuovo compagno.

Il padre è tenuto ad assicurare lo stesso tenore di vita indistintamente ai propri figli. ed nel rispetto dell’ art. 261 c.c. che stabilisce che il riconoscimento del figlio naturale comporta da parte del genitore l’assunzione di tutti i doveri e di tutti i diritti che egli ha nei confronti dei figli legittimi, che sono quelli previsti nell’art. 147 c.c. (obblighi di mantenere, educare ed istruire il figlio), con conseguente applicazione dell’art. 148 c.c., che specifica la misura in cui i coniugi sono tenuti ad adempiere all’obbligazione di mantenimento dei figli i Giudici hanno ritenuto equo ridurre l’assegno di mantenimento alla figlia legittima portando il contributo da 400 euro a 300 euro.

L’obbligazione di mantenimento nei confronti dei figli, in particolare, trova già radici nell’ordinamento nazionale: l’art. 30 della Costituzione della Repubblica Italiana stabilisce, infatti, che è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio. E’ un obbligo che sorge direttamente ed in istantanea dal rapporto di filiazione e gravante non solo sui genitori nel caso di figli nati nell’ambito del matrimonio, ma, allo stesso modo, nel caso di riconoscimento del figlio naturale. La norma costituzionale in materia di mantenimento è ribadita dall’art. 147 del Codice Civile il quale esplicitamente prevede che “il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli”, precisando, nel successivo articolo, che i coniugi devono adempiere l’obbligo in parola contribuendo in proporzione alle rispettive sostanze e capacità di lavoro professionale e casalingo. Questo l’obbligo di mantenimento della prole non ha un carattere prettamente patrimoniale, esso è scevro sia dalla sussistenza della potestà genitoriale, sia dalla convivenza dei genitori con i figli. Nell’ambito della fondamentale disciplina costituzionale e codicistica si è inserita la giurisprudenza della Corte di Cassazione tracciare empiricamente le linee guida da adottare caso per caso mirate alla tutela dei figli, aggiornando la normativa all’evoluzione dei tempi e dei contesti sociali.

Anche in tale circostanza la Suprema Corte, ha ulteriormente sottolineato che i figli dei genitori non coniugati godono di ”pari diritti” rispetto a quelli delle coppie regolarmente sposate, come anche in tema di mantenimento (vds sentenza 23411/2009, n. 14783/2010).

La parità di diritti e doveri dei figli, siano essi legittimi, naturali o adottati, costituisce un valore cardine della nostra giurisprudenza, infatti con l’art. 261 c.c. il legislatore ha affermato il principio di parità di trattamento da parte del genitore dei figli naturali e legittimi, e, quindi, di parità di trattamento anche per quanto riguarda l’obbligo del mantenimento.

In particolare, la Suprema Corte ha chiarito che con l’articolo 261 del c.c. il legislatore ha affermato il principio di parità di trattamento da parte del genitore dei figli naturali e legittimi, e, quindi, di parità di trattamento anche per quanto riguarda l’obbligo di mantenimento.

Giova ricordare che l’art. 261 del codice civile stabilisce che il riconoscimento del figlio naturale comporta da parte del genitore l’assunzione di tutti i dovere e diritti che egli ha nei confronti dei legittimi, ovvero di tutti quelli previsti nell’art. 147 c.c. con conseguente applicazione dell’art. 148 c.c.

La norma si riferisce al dovere dei genitori di mantenere, istruire ed educare la prole, contribuendo in relazione alle rispettive possibilità economiche e di lavoro.

A seguito del riconoscimento si verifica anche l’acquisto della potestà sui figli e dell’usufrutto legale sui loro beni personali.

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