Cassazione sentenza n. 13619, Sezione I Civile, del 04 Giugno 2010
Il fatto
Il caso riguarda una coppia di Bari che, dopo la nascita della figlia, aveva deciso di separarsi.
La bambina veniva affidata congiuntamente ai genitori ma collocata presso la madre Sig.ra XX con diritto di visita del padre.
La donna, per necessità lavorative, si vedeva dopo poco tempo costretta a trasferirsi da Bari a Venezia, portando con sé la figlia minore.
Il padre non concordando con lo spostamento della piccola in un’altra città, impugnava gli accordi di separazione presso il Tribunale di Bari, chiedendo ed ottenendo che la figlia venisse collocata presso di lui.
La Corte d’Appello di Bari, in accoglimento delle istanze formulate dalla madre ha riformato la sentenza emessa dal Tribunale del capoluogo pugliese, con la quale i giudici avevano modificato la collocazione della minore, stabilendo che la stessa dovesse rimanere con la madre nella nuova abitazione.
Successivamente, la decisione è stata confermata anche dalla sentenza n. 13619 del 04 giugno 2010, con la quale la Corte di Cassazione, considerando il preminente interesse della piccola a non modificare le proprie consuetudini di vita, ormai radicate, ha stabilito che la stessa dovesse continuare a vivere collocata presso la madre.
La decisione della Corte d’Appello di Bari confermata dalla Cassazione, Sezione I Civile, n. 13619 del 04.06.2010
Nel caso di specie, la decisione emessa dalla Corte d’Appello di Bari ha ribaltato le conclusioni cui era pervenuto il Tribunale in data 10 febbraio 2009 ed ha accolto il ricorso presentato dalla madre della piccola, disponendo la collocazione della stessa con la madre presso la nuova abitazione di Venezia.
I giudici, precisando che il diritto della madre di trasferire la propria residenza fosse costituzionalmente garantito e che il comportamento della stessa non potesse essere sanzionato nei termini stabiliti dal primo giudice, hanno spiegato che, in particolare, nel caso in esame, “il collocamento presso il padre avrebbe pregiudicato la minore che ormai, per effetto dell’avvenuto trasferimento, si era già inserita nella nuova realtà”.
I giudici hanno considerato fondate le motivazioni della madre che riteneva la figlia ormai ambientata presso la nuova abitazione, coadiuvata anche dalla presenza dei nonni materni.
Il collocamento presso il padre nell’abitazione di Bari avrebbe, infatti, gravemente pregiudicato la minore, che, per effetto dell’ormai avvenuto trasferimento, si era già inserita e radicata nella nuova realtà.
Fermo il regime di affidamento condiviso ad entrambi i genitori con collocamento della piccola presso la madre, la Corte d’Appello adita ha confermato le modalità di esercizio del diritto di visita del padre concordate in separazione consensuale, con adeguamento alla mutata situazione di fatto.
In questo caso, i Giudici hanno ritenuto di intervenire, quindi, soltanto sulla collocazione della bambina al fine di assicurarne l’interesse preminente, così come richiesto anche dal codice civile all’art. 155.
La Corte di Cassazione, I Sezione Civile, nella sentenza 04 giugno 2010, n. 13619, ha confermato quanto già sostenuto dalla Corte d’Appello di Bari ed ha affermato espressamente l’importanza della tutela dello sviluppo armonico ed equilibrato della personalità dei figli.
Nella scelta del genitore collocatario occorre sempre tenere in considerazione l’interesse preminente del minore, con particolare riguardo alle consuetudini di vita già acquisite dal medesimo.
Così ha motivato la Suprema Corte, nella sentenza in esame, condividendo tutte le motivazioni espresse dai giudici di merito e sostenendo che è diritto costituzionalmente garantito quello di una madre di spostare la propria residenza insieme con il figlio, nonostante l’affidamento congiunto, se ciò garantisce maggiormente l’interesse del minore ad un corretto svolgimento della personalità.
La Cassazione ha ritenuto che la minore, alla luce delle condizioni di fatto già verificatesi, fosse maggiormente tutelata rimanendo presso l’abitazione della madre, dove aveva ormai acquisito le consuetudini di vita che l’avrebbero certamente destabilizzata in caso di trasferimento.
Ai sensi dell’art. 155 c.c., infatti, per l’individuazione del genitore collocatario, deve preferirsi colui che risulti maggiormente idoneo a garantire la crescita ed il miglior sviluppo della personalità del figlio, alla luce di una serie di condizioni tra le quali anche le consuetudini di vita già acquisite dalla minore stessa.
Nel caso di specie, la piccola risultava ormai radicata presso la nuova abitazione, ove viveva circondata, peraltro, dall’affetto dei nonni materni; pertanto, un ulteriore spostamento avrebbe comportato un rischi troppo alto di intaccare le abitudini di vita della bambina.
Né risulterebbe violato, a parere della Suprema Corte, la presunzione di eguaglianza tra i genitori ed il cosiddetto principio della “bigenitorialità”, posto che al genitore non collocatario è stato, comunque, garantito il diritto di vedere regolarmente la figlia.
Le sentenze precedenti (Tribunale di Bari, Sezione I Civile – 10 Marzo 2009; Corte d’Appello di Napoli – 17 ottobre 2008 ed, ancora, Corte d’Appello di Firenze – sentenza del 10 Giugno 2009)
Precedentemente alle decisioni sopra esaminate, la giurisprudenza si era orientata nel senso di sostenere che la scelta della residenza del minore dovesse essere assunta di comune accordo dai genitori.
In caso di disaccordo, ciascun genitore avrebbe dovuto rivolgersi al Giudice per ottenere un nuovo assetto delle modalità dell’affidamento, in virtù del combinato disposto di cui agli artt. 155, terzo comma, e 155 quater, secondo comma, c.c.
Il genitore collocatario che senza autorizzazione da parte del Giudice, né avendo ottenuto il previo consenso dell’altro genitore, trasferiva la residenza del figlio minore in un’altra regione violava i principi basilari dell’affido condiviso – che impone ai genitori di assumere congiuntamente le decisioni fondamentali relative alla prole minorenne – dimostrando, inoltre, un comportamento irresponsabile e incompatibile con il ruolo di collocatario della prole.
Questi i principi fondamentali accolti unanimemente da giurisprudenza di merito e di legittimità prima della presente decisione della Cassazione secondo cui il motivo di lavoro legittima il trasferimento senza ricorrere al Giudice se in questo modo sono meglio salvaguardate le consuetudini di vita del minore.
In particolare, con le decisioni di merito del Tribunale di Bari, I Sezione Civile – 10 Marzo 2009; della Corte di Appello di Napoli – 17 ottobre 2008 ed, ancora, della Corte di Appello di Firenze – sentenza del 10 Giugno 2009, i Giudici, in sostanza, hanno confermato i punti sostanziali riguardo al contesto emotivo e abitativo che deve essere assicurato alla prole di genitori separati:
1. il genitore che, senza autorizzazione da parte del giudice né avendo ottenuto il previo consenso dell’altro genitore, trasferisca la residenza del figlio minore in un’altra regione viola i principi basilari dell’affidamento condiviso, ossia il dovere dei genitori di assumere le decisioni fondamentali per la prole in modo congiunto e di garantire un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi le figure genitoriali (ed entrambi i rami parentali).
2. trasferendo in modo arbitrario la propria residenza e pregiudicando nei fatti e nella pratica i contatti quotidiani tra prole ed ex partner, il genitore che prende queste decisioni autonomamente dimostra un comportamento irresponsabile ed incompatibile con il ruolo di collocatario della prole, al punto che ne possono derivare sanzioni anche molto gravi da parte del Giudice.
3. nell’ambito dei criteri di scelta da parte del Giudice del genitore collocatario della prole, un posto fondamentale deve essere attribuito alla capacità del genitore di mettere da parte le rivendicazioni nei confronti dell’altro e di conservarne l’immagine positiva agli occhi del minore, garantendo nei fatti le frequentazioni tra i due.
L’attitudine del genitore ad essere un buon educatore ed a perseguire primariamente il corretto sviluppo psicologico del figlio si misura alla luce della sua capacità di non allontanare quest’ultimo dall’altra figura genitoriale, garantendo il più possibile le frequentazioni del coniuge con la prole minorenne.
In questo senso, si può ricordare anche la sentenza n. 24907 del 2009 della Corte di Cassazione che precisa: “tra i requisiti di idoneità genitoriale richiesti ad un genitore affidatario sia decisamente rilevante la capacità di questi di riconoscere le esigenze affettive di un figlio, che si individuano, in prima istanza, nella capacità di preservargli la continuità delle relazioni parentali attraverso il mantenimento, nella sua mente, della trama familiare, al di là di egoistiche considerazioni di rivalsa sul coniuge”.
Esaminiamo le motivazioni addotte in una delle tre sentenze citate, ossia quella del Tribunale di Bari, I Sezione Civile – 10 Marzo 2009, il quale, investito del caso di specie sopra richiamato, decideva di accogliere il ricorso del padre Sig. XX, stabilendo che la figlia, pur rimanendo affidata congiuntamente ad entrambi i genitori, fosse stabilmente collocata presso l’abitazione di lui a Bari.
In sostanza, il Tribunale ha mutato il collocamento della bambina, dalla madre al padre, ripristinando immediatamente le condizioni preesistenti al trasferimento arbitrario della madre a Venezia.
I giudici hanno convenuto che il cambiamento arbitrario di residenza, nell’arrecare pregiudizio al minore così privato del sostegno e dell’affectio dell’altro genitore e del suo intero ramo parentale, non possa essere effettuato senza aver permesso al giudice di verificare l’eventuale sussistenza di nuove motivazioni che giustifichino il cambiamento.
Il genitore collocatario della prole non può arbitrariamente trasferire la propria residenza senza l’accordo dell’altro genitore e/o il benestare del giudice, che ne deve valutare preventivamente l’eventuale pregiudizio per il minore: da ciò ne può derivare una sanzione (ex art. 709 ter c.p.c.) da parte del giudice, il quale potrà anche decidere per una possibile inversione dell’affidamento o collocamento della prole e/o addirittura il decadimento della potestà.
Tale impostazione si fonda sul fatto che, dovere primario di un buon genitore collocatario è quello di non allontanare il figlio dall’altra figura genitoriale: quali che siano state le ragioni del fallimento del matrimonio, ogni genitore responsabile, consapevole dell’insostituibile importanza della presenza dell’altro genitore nella vita del figlio, deve saper mettere da parte le rivendicazioni e conservarne l’immagine positiva agli occhi e nel cuore del minore, garantendo il più possibile le frequentazioni del coniuge con la prole minorenne.
L’attitudine del genitore ad essere un buon educatore ed a perseguire primariamente il corretto sviluppo psicologico del figlio si misura anche alla luce della sua capacità di realizzare un simile risultato non a parole, ma in termini concreti.