Secondo il Decreto Legge n. 18 del 17 marzo 2020 (D.L. Cura Italia), “(…) Il rispetto delle misure di contenimento di cui presente decreto è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 Codice Civile, della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti”. C’è però da dire che l’ambito di applicazione di tale estratto è limitato alle obbligazioni da contratto e che l’obbligo di pagamento dell’assegno di mantenimento non ha natura contrattuale.
L’obbligo di mantenimento, infatti, è fondato sull’attuazione di dei diritti costituzionalmente garantiti (articoli 29 e 30 Costituzione).
Bisogna anche considerare però, ai fini della valutazione dell’obbligo di pagamento dell’assegno di mantenimento, quei soggetti la cui attività lavorativa è stata sospesa a causa dei DPCM di Marzo 2020, o coloro che si sono visti ridurre lo stipendio essendo entrati in cassa integrazione. Secondo l’articolo 316 bis c.c. è compito dei genitori “adempiere i loro obblighi nei confronti dei figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo. Quando i genitori non hanno mezzi sufficienti, gli altri ascendenti, in ordine di prossimità, sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinchè possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli”. Risulta chiaro quindi come, al mutare della capacità contributiva, reddituale e lavorativa, per ragioni legate alle misure di sicurezza disposte dal governo per far fronte all’emergenza COVID-19, indiscutibilmente vi saranno delle ripercussioni sul quantitativo da versare a titolo di mantenimento. È bene sottolineare che tale obbligo non può semplicemente essere sospeso o ridotto senza rivolgersi ad un giudice. Per chiedere la riduzione dell’obbligo di mantenimento, si dovrà evidenziare l’emergente stato di necessità quale elemento nuovo. Grava, quindi, un vero e proprio onere della prova sull’obbligato che chiede la riduzione e non basta dunque citare le limitazioni governative, ma si dovrà anche provare che tali limitazioni non permettono di avere la stessa capacità retributiva che si aveva in precedenza.
La riduzione o la sospensione dell’assegno potrà essere disposta dal tribunale con ricorso ex articolo 710 c.p.c. solo nel momento in cui si avrà la comprovata ed incolpevole impossibilità dell’obbligato ad adempiere in tutto o in parte all’originale obbligo.
Dichiara l’Avv. Maria Luisa Missiaggia: “È chiaro che l’emergenza COVID-19 non deve essere strumentalizzata dall’obbligato al fine di danneggiare il minore o il maggiorenne non autosufficiente in favore del quale il contributo viene corrisposto con l’effetto che l’Avvocato prima, ed il magistrato poi hanno il dovere anche deontologico di esaminare caso per caso per ravvisare la fondatezza dell’azione promossa”.
A cura dell’Avv. Maria Luisa Missiaggia e del dottor Ludovico Raffaelli