Con la recente sentenza n. 17843/08, la Corte di Cassazione, confermando la sentenza della corte di Appello del 6 Marzo 2007, ha statuito la configurabilità della fattispecie di reato di cui all’art. 570, comma 2 c.p., anche in caso di separazione di fatto, in quanto sussiste un obbligo morale e giuridico di contribuire al mantenimento dei figli gravante sui genitori.
Il Fatto
Con sentenza pronunciata il 6 Marzo 2007, la Corte di Appello di Firenze confermava la sentenza emanata il 4 Luglio 2007 dal Tribunale di Lucca e dichiarava responsabile O.S. anche del reato previsto dall’art. 570, comma 2 c.p., perché, sottraendosi agli obblighi inerenti la qualità di genitore, faceva mancare i mezzi di sussistenza al coniuge V.M. e al figlio minore omettendo di corrispondere la somma stabilita dal giudice in sede di separazione dei coniugi a titolo di contributo per il mantenimento dei minori.
O.S. ha proposto ricorso per Cassazione chiedendo l’annullamento dell’impugnata sentenza.
Tra i motivi addotti (il quarto), il ricorrente lamentava la violazione dell’art. 606, comma 1, c.p.p., con riferimento all’art. 570, comma 2 c.p..
Egli, infatti, ha dedotto un’incongruenza del capo di imputazione, in quanto vi era il riferimento ad un provvedimento di separazione giudiziale che avrebbe disposto l’obbligo di corresponsione del mantenimento alla moglie.
Alla data della querela, avvenuta il 21 Novembre 2001,però, tale separazione non era stata formalizzata, né vi erano provvedimenti del giudice in materia di assegni o contributi di mantenimento.
Soltanto nel Novembre 2002, era, infatti, stato emesso un provvedimento in tal senso dal giudice.
Non vi era stata, quindi, alcuna violazione agli obblighi imposti dal provvedimento giudiziario perché questo non era stato emesso.
Inoltre, il ricorrente sosteneva che non vi era stata neppure un’omessa prestazione dei mezzi di sussistenza alla famiglia, in quanto esso stesso, dopo la separazione, aveva perso il lavoro e trovava solo occasionali impieghi, i quali gli garantivano esigue entrate.
La decisione della Corte di Cassazione
Sul motivo addotto dal ricorrente, il Collegio ha rilevato che non vi era alcuna incongruenza nel capo di imputazione in quanto, come ha correttamente evidenziato la Corte di merito, i genitori hanno “l’obbligo giuridico, oltre che morale, di contribuire al mantenimento dei figli”.
Tale obbligo, sostiene la Corte di Cassazione, prescinde dalla emissione o meno di “un provvedimento del tribunale in sede di separazione e sussiste anche nel caso di una separazione di fatto”.
La Corte, quindi, ha ritenuto la responsabilità dell’imputato in ordine al reato di cui all’art. 570, comma 2 c.p., dalla stessa data dell’abbandono del domicilio domestico stante lo stato di disoccupazione addotto dal ricorrente.
Inoltre, la Corte, richiamando precedenti giurisprudenziali in merito, aggiunge che “il delitto di violazione degli obblighi di assistenza familiare di cui all’art. 570 c.p. non è escluso dalla circostanza che il reo sia disoccupato, a meno che la disoccupazione sia incolpevole (Cass. Pen., Sez. VI, sent. 29 aprile 2002, n. 27245)” ed “incombe sull’interessato l’onere di allegare gli elementi dai quali possa desumersi l’impossibilità di adempiere alla relativa obbligazione (Cass. Pen., Sez. VI, sent. 15 febbraio 2005, n. 10085)”.
Un precedente giurisprudenziale (Cass. Pen. Sez. VI, n. 5447/1995).
In tema degli obblighi di assistenza familiare nella forma dell’omessa prestazione dei mezzi di sussistenza, non si può invocare “l’errore di fatto”, né “l’ignoranza della legge penale” sotto il profilo della sua inevitabilità, poichè l’obbligo sanzionato deriva da “inderogabili principi di solidarietà” ben radicati nella coscienza della collettività, prima ancora che nell’ordinamento.
(Fattispecie nella quale il difetto del dolo era stato sostenuto dall’imputato adducendo che l’udienza presidenziale di separazione tra i coniugi era stata rinviata, senza che alcun provvedimento fosse stato adottato riguardo al mantenimento).
Osservazioni
Dalla disamina della sentenza in oggetto, si può evincere la volontà, da parte della Corte di Cassazione, di tutelare la figura del minore a fronte di qualsiasi decisione genitoriale, “formale e non”.
Essa, in proposito, ha espressamente precisato che “l’obbligo di assicurare i mezzi di sussistenza al figlio minore grava su entrambi i coniugi e permane indipendentemente dalle vicissitudini dei rapporti coniugali”.
In sostanza, ciò che rileva è la centralità della figura del minore, soggetto che per le sue proprie caratteristiche, si trova perennemente in stato di bisogno verso i familiari.
Egli, inoltre, non può rischiare di essere chiamato a “rispondere” delle scelte degli stessi, attraverso la conseguenza di subire ingiustamente la mancanza di quelli che si identificano come “mezzi di sussistenza”.
Il reato de quo, concerne, quindi, l’omessa corresponsione dei mezzi di sussistenza, i quali sopperiscono allo ”stato di bisogno” dei familiari e corrispondono, nella sostanza, a tutto ciò che è strettamente indispensabile alla vita, come il vitto, l’abitazione, i canoni per le ordinarie utenze, i medicinali, il vestiario, le spese per l’istruzione etc..
Il dovere di mantenimento o di contribuzione previsto dal codice civile (artt. 143 e 147 c.c.) è, quindi, altro rispetto al dovere di fornire i mezzi di sussistenza che trova tutela -per l’appunto- nel codice penale, perché si caratterizza per la necessità di far fronte a spese fondamentali ed essenziali.
Ciò spiega la tradizionale severità del giudice penale allorché è chiamato a valutare le violazioni di tipo economico dell’obbligo di assistenza, specie quando il destinatario della prestazione sia minore d’età.