Obbligatoria l’audizione dei figli minori nei procedimenti di modifica delle condizioni di separazione riguardante il loro affidamento.

Corte di Cassazione – Sezione Unite Civili- sentenza 21 ottobre 2009, n. 22238, Pres. Carbone.

Nel procedimento di modificazione delle condizioni della separazione riguardanti l’affidamento dei figli e la disciplina del diritto di visita del genitore non affidatario, i minori, dovendosi qualificare parti in senso sostanziale, sono portatori di interessi contrapposti o diversi da quello dei genitori.
Costituisce, quindi, violazione del principio del contradditorio e del giusto processo il mancato ascolto dei minori oggetto di causa.

FATTO:
Con ricorso per Cassazione, la sig.ra A.K.A, madre di due figli minorenni e  genitore affidatario dei medesimi in seguito agli accordi presi in sede di separazione consensuale con il marito, il Sig. C.G., si oppone al decreto emesso dalla Corte d’Appello di Roma, il quale ribaltando completamente quanto concordato dai coniugi con omologa del 6 giugno 2006 affida in via esclusiva i minorenni al padre.

Il caso riguarda una coppia di genitori separati di due figli minorenni, lei professoressa universitaria in Finlandia e lui autista, i cui accordi di separazione prevedevano l’affidamento dei ragazzi alla madre che si impegnava a rimanere in Italia e a risiedere nella casa familiare con i figli.

Pochi mesi dopo, in seguito al trasferimento dei minori in Finlandia per motivi di lavoro della madre, nel settembre 2006 quest’ultimo ricorre ex art. 710 c.p.c. chiedendo la parziale modifica delle condizioni di visita del padre sui figli; quest’ultimo, invece, non concordando sul trasferimento dei minori all’estero chiede al medesimo Tribunale l’affidamento esclusivo degli stessi essendo stati violati gli accordi presi in sede di separazione, perché portati all’estero contro la sua volontà.

In presenza di totale disaccordo tra i genitori in merito al trasferimento dei figli all’estero, ciascun genitore si rivolge al Giudice per ottenere un nuovo assetto delle modalità di affidamento.

Successivamente, con impugnazione del decreto emesso dal Tribunale di Rieti il quale si dichiarava incompetente a favore del tribunale dei minori, le parti contrapposte propongono reclamo innanzi alla Corte d’Appello di Roma, la quale accoglie le richieste di modifica delle condizioni di separazione così come formulate dal padre, con  contestuale assegnazione della casa familiare al nuovo genitore affidatario e la condanna della madre al pagamento di Euro 5.000,00 per violazione ex art. 709 ter c.p.c. degli accordi di separazione.

In sostanza, i giudici di merito hanno ravvisato nella condotta della madre, che ha trasferito i figli in Finlandia per motivi lavorativi senza avvisare e/o accordarsi prima con il padre, una grave violazione dei principi basilari dell’affidamento condiviso, come statuito nell’art. 155 cod.civ., in particolare in relazione al primo comma del nuovo testo del cod. civ., ai sensi del quale tra i doveri del genitore affidatario rientra anche quello di non assumere decisioni in grado di poter ledere l’equilibrio del rapporto dei figli con l’altro genitore.

Nel caso di specie, però, la Corte di merito ha disatteso del tutto – senza offrire alcuna motivazione a riguardo – le richieste di istruttoria avanzate dal Pubblico Ministero, quali l’audizione dei figli della coppia. Il nuovo articolo 155-sexies prevede invece l’ascolto dei minori come uno degli adempimenti del Giudice che “dispone l’audizione del minore che abbia compiuto dodici anni e anche di età inferiore ove capace di discernimento”. Come è stato rilevato da più parti, in modo particolare dall’Associazione dei magistrati per i minorenni e per la famiglia, con riferimento alla nuova disciplina introdotta dalla l. 54/2006 “sarebbe estremamente pericoloso considerare le dichiarazioni del minore come fonte di prova magari a carico dell’uno o dell’altro genitore”. Ed, infatti, in considerazione dell’estrema delicatezza con cui è necessario sapersi muovere  nel processo giudiziario di separazione e/o divorzio, poiché è direttamente coinvolto l’interesse del minorenne, dalla tassativa indicazione della norma la giurisprudenza e la dottrina danno un’interpretazione secondo cui esiste un obbligo generale del Giudice di ascoltare il minorenne, escluso solo dalla mancanza di capacità di discernimento del ragazzo infradodicenne, da valutarsi dal Giudice assistito da un ausiliario esperto o se necessario da un CTU.

Pertanto, sebbene l’audizione del minore in sede giudiziaria  rappresenta sicuramente uno strumento di verifica estremamente delicato, che va condotto con l’adozione di tutte le garanzie necessarie allo scopo, si deve però rilevare come allo stesso tempo si corra il rischio che con la mancata audizione del minore si possa comprometterne gli interessi del minore. Ed, infatti, il fine della nuova normativa è in primo luogo quello di realizzare e rispettare il diritto del minore ad essere ascoltato nelle questioni che lo riguardano;  secondariamente, quello di poter offrire al Giudice incaricato tutti gli elementi utili e concreti per garantire ed assicurare al minore il regime di affidamento migliore, ovvero quello che consenta di  raggiungere un corretto ed equilibrato sviluppo della sua personalità.

La Corte di Cassazione – ancor prima della riforma del diritto di famiglia che ha adottato nell’art. 155 cod. civ. il seguente principio costantemente applicato dalla giurisprudenza  – ha dichiarato che “in materia di affidamento dei figli minori il giudice della separazione e del divorzio deve attenersi al criterio fondamentale rappresentato dall’esclusivo interesse morale e materiale della prole, privilegiando quel genitore che appare il più idoneo a ridurre al massimo – nei limiti consentiti da una situazione comunque traumatizzante – i danni derivanti dalla disgregazione famigliare e ad assicurare il migliore sviluppo possibile della personalità del minore”(Cass. Civ., Sez. I, 19 aprile 2002, n. 5714).

A riguardo, infatti, è bene ricordare anche che, così come in sede di separazione,  estensivamente anche in sede di modifica delle condizioni di separazione, il giudice del merito nel procedere all’affidamento della prole “è titolare di un potere-dovere improntato a difesa di un superiore interesse dello Stato alla cura e alla difesa dei minori. Nell’esercizio di tale potere, il giudice non ha altro vincolo che quello della propria scienza e della propria coscienza improntate alle prove dedotte dalle parti o disposte d’ufficio, dopo aver tenuto conto dell’accordo fra le parti stesse”(Cass. Civ., sez. I, 7 giugno 1982, n. 3438).

Pertanto, in seguito a tale decisione della Corte d’Appello di Roma la sig.ra A.K.A ricorre in Cassazione ex art. 111 Cost. e tra i motivi di doglianza lamenta anche la violazione del principio dell’ascolto dei minori, introdotto nell’ordinamento nazionale in seguito alla ratifica delle Convenzioni internazionali che ne riconoscono la rilevanza dell’audizione del fanciullo, in virtù del loro diritto di manifestare le proprie ragioni nelle vicende essenziali della loro vita (Legge 15 gennaio 1994 n. 64, di ratifica della Convenzione sugli aspetti civili della sottrazione internazionale dei minori a l’Aja il 25 ottobre 1980); ed, ancora, in violazione dell’art. 155-sexies cod. civ., introdotto dalla legge n. 54 dell’8 febbraio 2006, norma disciplinante l’audizione del minore la cui applicazione in via analogica va estesa anche nei procedimenti di modifica delle condizioni di separazione. Più precisamente, i due motivi di doglianza in ordine alla mancata audizione dei figli minori, per cui parte ricorrente chiede alla Corte di legittimità di accertare la violazione dell’art. 155 sexies cod. civ.  sono:

a) il mancato ascolto dei due figli, dei quali, nel corso del secondo grado, il primo ha compiuto dodici anni, mentre l’altro, pur avendo solo dieci anni, era dotato di capacità di discernimento, che avrebbe imposto la sua audizione, tenuto conto che il Pubblico Ministero in data 6 luglio 2007 aveva avanzato la richiesta di audizione dei figli della coppia, chiedendo alla Corte di merito di procedere alla necessaria istruttoria “verificando anche tramite l’audizione diretta dei minori, quale sia il regime di affidamento più adeguato alle esigenze dei medesimi e quale il più idoneo collocamento”. Nonché il mancato accertamento della capacità di discernimento del ragazzo di dieci anni.

b)l’omessa motivazione da parte della Corte di merito sulla mancata audizione dei minori, il cui ascolto ha l’obiettivo di realizzare l’interesse concreto dei medesimi, in sede di modifica delle condizioni di separazione riguardanti il loro affidamento.

I Giudici di merito chiamati a modificare le condizioni di separazione relative all’affidamento per la salvaguardia dell’interesse preminente dei minori, devono tutelare lo sviluppo armonico ed equilibrato dei figli e, pertanto, accertare innanzitutto il loro ambiente di vita e la capacità della madre ad esercitare la potestà genitoriale.
La Suprema Corte, però, con sentenza n. 22238 del 21 ottobre 2009 accoglie il motivo di doglianza della madre, ricorrente principale, in ordine all’omessa audizione dei minori, onerando il Giudice del rinvio di procedere a tale incombente al fine di valutare quale fosse il regime di affidamento più adeguato alle esigenze dei minori, perché ha ritenuto, in tale circostanza, che proprio la mancata audizione dei figli poteva pregiudicare i diritti dei medesimi. Infatti, ad avviso della Cassazione il cui riferimento fondamentale in questo ambito è costituito dalla normativa sovranazionale, da un lato la Convenzione di New York del 20 novembre 1989 (ratificata con l. 27 maggio 1991, n. 176) e, dall’altro lato la Convenzione europea di Strasburgo sull’esercizio dei diritti dei fanciulli del 25 gennaio 1996 (ratificata dall’Italia con l. 20 marzo 2003, n.77), l’audizione dei minori “nelle procedure giudiziarie che li riguardano ed in ordine al loro affidamento ai genitori è divenuta comunque obbligatoria con l’art. 6 della Convenzione di Strasburgo sullo esercizio dei diritti del fanciullo del 1996, ratificata con la l. n.77 del 2003, per cui ad essa deve procedersi,salvo che possa arrecare danno al minore stesso”.

DIRITTO:

Con tale pronuncia, la giurisprudenza ha offerto una soluzione interpretativa dell’art. 155-sexies la cui applicazione ancora oggi, nella prassi giudiziaria dei processi civili e di separazione,  lascia gli operatori del diritto con tanti dubbi in merito alla sua efficacia ed applicazione in quanto in tali circostanze sono in gioco da un lato i diritti dei genitori, tra i quali sussiste conflittualità, dall’altro lato si trova l’interesse del minore nei confronti del quale vige l’assoluta necessità di tutela, rispetto e protezione, sia giuridica che psicologica.

Sul tema dell’ascolto del minore in via istruttoria, è bene precisare un punto che ha da tempo suscitato particolare attenzione in sede applicativa, per i poliedrici profili che lo stesso istituto coinvolge, in quanto sottende elementi sociali, psicologici e non solo giuridici, che è quello che l’audizione del minore non può essere considerata come mezzo di prova: il minore non è testimone nel processo e il giudice non può interrogarlo su fatti specifici riguardanti la vita familiare. Se non fosse così, il diritto ad essere ascoltato ed informato su quanto gli sta accadendo si tradurrebbe in un dovere di rendere testimonianza, contraddittorio con la qualità di soggetto massimamente interessato ad ogni decisione che lo concerne e quindi parte sostanziale del giudizio stesso.

Di tale orientamento ne è ben consapevole l’interprete e la Corte di Cassazione, che nella pronuncia in esame si esprime in tal modo: “Invero i minori, che ad avviso di questa Corte non possono considerarsi parti del procedimento, sono stati esattamente ritenuti portatori di interessi contrapposti o diversi da quello dei genitori, in sede di affidamento o di disciplina del diritto di visita del genitore non affidatario e, per tale profilo, qualificati in parte in senso sostanziale”.

Considerare le dichiarazioni del minore come fonte di prova sarebbe estremamente pericoloso, perché tale impostazione finirebbe per rappresentare un impedimento a una corretta gestione della controversia separativa, cagionando quasi sicuramente un grave pregiudizio al minore che da “parte” speciale e superiore nella separazione, finirebbe per essere equiparata a quella genitoriale senza alcuna tutela a riguardo.

Malgrado il fanciullo sia fisiologicamente – anzi, è significativamente – coinvolto nel conflitto giudiziario che investe la sua famiglia, il ruolo del minore nei procedimenti civili che lo riguardano non ha mai ricevuto nel nostro ordinamento una adeguata attenzione. Sicuramente, con la l. 8 febbraio 2006, n. 54, recante “nuove disposizioni in materia di separazione dei genitori e di affidamento condiviso dei figli” si è voluto intraprendere un percorso di riforme per garantire protezione e sicurezza ai minori e ai soggetti più deboli, introducendo significativi cambiamenti nel sistema degli istituti, vedi l’affermazione del principio dell’affido condiviso, e delle garanzie processuali.

Non si può negare che l’ascolto dei figli minorenni nelle controversie separative costituisce una esperienza emotivamente complessa e difficile per loro stessi, e per il giudice chiamato ad adottare tutte le cautele processuali e anche ad avvalersi delle proprie capacità di decodifica ed ascolto, tali per cui si chiede al giudice un impegno che esula dal normale bagaglio di formazione giuridica.

Tale impegno e sensibilità richiedono una competenza specifica della materia famigliare; in particolare, è sempre più viva l’esigenza di costituire tribunali o, almeno, sezioni specializzate per le persone e le famiglie, con la presenza di giudici esperti in scienze umane a cui affidare le competenze che nel nostro ordinamento ad oggi risultano essere disseminate tra tribunale ordinario, monocratico o collegiale, e minorile.

Lo scenario attuale per la tutela della famiglia e dei minori si presenta quindi piuttosto variopinto e scomposto in tante tessere: occorre forse che gli operatori del diritto, innanzitutto gli avvocati di famiglia, in attesa di risolvere alcuni nodi legislativi, tentino di fornire la soluzione più appropriata al fine ultimo di realizzare sempre e comunque l’interesse del minore.

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