Cosa è Stalking: comportamento del molestatore assillante, tanto da incidere sulle reazioni psico-fisiche della vittima.
Limitato negli anni ’80 ai casi di molestatori petulanti nei confronti delle celebrità dello spettacolo e dello sport, ha assunto di recente una più ampia e comune estensione anche nel nostro Paese.
A conferma, il moltiplicarsi delle denunce e della azioni giudiziarie in proposito tra coniugi e persone comuni.
In realtà questa figura, sempre più frequente, è dalle caratteristiche assai variegate, con l’effetto di una complicazione a stilare un identikit tipico.
I soggetti che assumono tali vesti sono i più disparati, spesso e volentieri impensabili anche privi di precedenti penali.
Il più delle volte sono i casi giurisprudenziali che aiutano ad individuare tali tipologie di soggetti in base al comportamento subito dalle vittime da essi prescelte.
Anche le azioni da essi poste in essere, sono assai varie a seconda anche degli strumenti dei quali gli stessi si servono.
Il mezzo ancora oggi più gettonato, risulta il telefono per i primi contatti, ma non mancano i continui pedinamenti, le ipotesi di perduranti sistemi intrusivi più prettamente materiali da parte dei molestatori, attraverso, per esempio, incessanti regali di fiori o di altro genere, indesiderati dalla vittima.
Insomma, l’immagine del soggetto predetto corrisponde ad un vero e proprio molestatore pressante, invadente, il cui unico scopo è quello di obbligare la vittima all’accettazione della sua persona rendendola insicura, timorosa, ansiosa.
Le ragioni di questi atteggiamenti: un senso di rivalsa del persecutore sulla vittima, convinto di aver a sua volta subito una sicura ingiustizia.
Un caso abbastanza frequente è rappresentato dall’ipotesi di un rapporto amoroso terminato unilateralmente e da lui non voluto.
Il soggetto, non accettando questo tipo di “torto” subito, reagisce attraverso pedinamenti, telefonate ed ogni altro genere di azione che, non voluta dall’altra parte, assume quasi il senso della vendetta, il cui scopo quindi non ha un fine positivo, ma la mera volontà di creare uno scombussolamento psico-fisico nella vittima.
Le molestie assillanti colpiscono per lo più donne, che subiscono senza dubbio un danno non indifferente, spesso costrette a cambiare strada e abitudini per non trovarsi di fronte a spiacevoli sorprese come di frequente accade.
DANNO ESISTENZIALE DA STALKING
La dottrina civilistica ha da tempo individuato la possibile conseguenza del fenomeno de quo, quale quella di un vero e proprio illecito civile di natura aquiliana e come tale oggetto di risarcimento.
Si è, infatti, espressa per un orientamento volto alla configurabilità dell’illecito da stalking come causa di un danno esistenziale.
In effetti la vittima dello stalker è costretta, nella maggior parte dei casi, a dover modificare in peggio le propria sfera personale, cambiare magari il modus vivendi, nel terrore, ad esempio, di imbattersi nel persecutore molesto.
La tutela del danno esistenziale deve essere individuata nell’art. 2 della Costituzione che “tutela i diritti inviolabili dell’individuo sia come singolo, sia nelle formazioni sociali dove egli svolge la sua personalità”.
Quindi, ogni comportamento illecito che sia causa di limitazione della libertà dello stesso, intesa nel senso più ampio del suo genere, costituisce violazione dei diritti personali tutelati dall’ordinamento e attribuisce il diritto al risarcimento per il danno così subito.
Perché si possa ottenere il risarcimento come danno esistenziale da stalking, si reputa necessaria la incidenza negativa dei ripetuti comportamenti illeciti dello stesso sulla vittima, tali da incidere pressantemente sui ritmi di vita.
Il danno in narrativa deve essere provato attraverso la verifica delle ripercussioni che il comportamento dello stalker ha avuto sulla vittima.
Insomma, il soggetto deve dimostrare che quel dato atteggiamento è stato tale da incidere sulla sua vita relazionale.
Una volta accertata la violazione della situazione soggettiva è fondamentale porre l’accento sulle incidenze sull’esplicazione della personalità del soggetto leso.
Il risarcimento afferisce alle modificazioni negative prodotte sulle singole attività dove il soggetto realizza la propria personalità.
Per quanto attiene al danno esistenziale occorre riferirsi al malessere esistenziale e psicologico ricadente sulla vittima in conseguenza dell’effetto lesivo.
Il danno de quo, configura quindi un non poter più fare, un dover agire altrimenti,una rinuncia quotidiana a trascorrere la vita di sempre.
Certo bisogna anche sottolineare che non ogni attenzione indesiderata potrebbe interpretarsi da parte del destinatario di essa quale atto di stalking, così come ogni atto persecutorio o di molestia dia luogo al fenomeno qui considerato.
Ovviamente per assumere rilievo, tali atteggiamenti dovranno essere caratterizzati da elementi sintomatici, quali la ripetitività dell’atto ed il suo perdurare per un periodo di tempo significativo.
Non vi è certo dubbio che laddove verranno constatati i suddetti elementi, si possa auspicare l’accoglimento della domanda risarcitoria.
Meno recente della suddetta è anche una linea interpretativa che intende considerare la conseguenza dello stalking quale figura di danno biologico.
Infatti, nella persona braccata dal persecutore possono ingenerarsi tutta una serie di patologie che se valutate attraverso una consulenza medico-legale che accerti la gravità della lesione psicofisica lamentata dal soggetto possono dare vita alla sussistenza di un danno biologico.
Alla dottrina e alla giurisprudenza spetta il compito di dare un forte contributo alla elaborazione teorica e alla protezione giudiziale dei diritti fondamentali che vengono lesi dallo stalker esortando il legislatore ad approvare la legge antistalking, ormai necessaria vista l’espansione a macchia d’olio del fenomeno.
Sembra che l’accento sulla problematica de quo, sta trovando riscontro materiale nelle aule del parlamento.
LO STALKING – UNA NUOVA FIGURA DI REATO
A supporto di quanto sinora argomentato, appare opportuno evidenziare che anche il legislatore penale ha posto la sua attenzione sul fenomeno, supportando, a parere di chi scrive, gli assunti si qui espressi.
Con il disegno di legge n. 1440 del 29 gennaio 2009, la Camera approva le misure contro gli atti persecutori (cd. stalking).
Il disegno de quo intende introdurre nel codice penale l’art. 612bis, rubricato “atti persecutori”, in virtù del quale è punibile chiunque, salvo non costituisca un più grave reato, il quale, con condotte reiterate, minacci o molesti taluno in modo da cagionare un perdurante stato di ansia e paura, ovvero da ingenerare un fondato timore per la incolumità propria o di persona al medesimo legata da relazione affettiva, ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie scelte o abitudini di vita.
La realizzazione degli atti persecutori verrebbe punita con la reclusione da sei mesi a quattro anni e, come circostanze aggravanti, aumentata se il reato è commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato o da persona che sia stata legata da relazione affettiva e aumentato fino alla metà se commesso ai danni di un minore, ovvero se ricorrano le condizioni previste dall’art. 339 c.p..
Il delitto viene di norma perseguito mediante querela della persona offesa, ma è prevista la perseguibilità d’ufficio nel caso delle due circostanze aggravanti di cui sopra e quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio.
Il Disegno di Legge prevede, inoltre, la possibilità per la persona offesa, fino a quando non ha proposto querela ai sensi dell’art. 612bis c.p., di rivolgersi al Questore per esporre i fatti, avanzando richiesta di ammonimento nei confronti dell’autore della condotta.
Dal suo canto, se il Questore ritiene fondate le istanze, ammonisce oralmente il soggetto nei cui confronti è stato richiesto il provvedimento e lo invita a tenete una condotta conforme alla legge e redige processo verbale.
Nel caso di ammonimento, la procedibilità, ex art. 612bis c.p., è d’ufficio.
Inoltre, il provvedimento andrebbe a modificare l’art 342ter, terzo comma del c.c. sostituendo le parole “sei mesi” con “un anno”.
In conclusione, i nuovi orizzonti legislativi appaiono di grande necessità ed impellenza data la espansione a macchia d’olio del fenomeno.
Infatti, se pur di non così facile riuscita appare il ristoro economico prospettato dalla dottrina civilistica, in realtà ancor meno utile sembra considerato da solo.
Le angherie psicofisiche prodotte dall’incessante comportamento dello stalker necessitano anche di una tutela vera e propria in ambito penale. In tal senso è da apprezzare il recente sforzo del legislatore.
La citata novella legislativa consentirà, qualora approvata, alla vittima certo di non dimenticare, ma se non altro avvertire maggiore protezione per la propria incolumità da parte dell’ordinamento.
In quest’ottica si inserisce anche la linea interpretativa qui sposata sotto il profilo della tutela in sede civilistica.
Sembra, infatti di non poco interesse la possibile considerazione del fenomeno de quo, quale autonoma figura di reato e di conseguenza anche la sua realizzazione ristorativa sul piano civilistica.