E’ esclusa l’assoggettabilità a sequestro giudiziario dei titoli di credito, in quanto si tratta di categoria non rientrante tra quelle previste dall’art. 670 c.p.c. né risponde alle finalità cui tende la medesima norma

E’ esclusa l’assoggettabilità a sequestro giudiziario dei titoli di credito, in quanto si tratta di categoria non rientrante tra quelle previste dall’art. 670 c.p.c. né risponde alle finalità cui tende la medesima norma

Tribunale di Terni, ordinanze 21.07.2006; 14.09.2006.

Le ordinanze in commento affrontano il tema della assoggettabilità a sequestro giudiziario, ai sensi degli artt. 669 ter e 670 c.p.c., dei titoli di credito , nella specie assegno bancario post-datato.

La vicenda

In data 3.05.2006, i signori B. e M. stipulavano un contratto preliminare di compravendita immobiliare, avente ad oggetto un appezzamento di terreno avente come destinazione urbanistica “terreno agricolo”, come dichiarato da M., promittente venditore; la destinazione urbanistica del terreno era di fondamentale importanza per il B., promittente acquirente, in quanto egli era allevatore canino e dunque imprenditore agricolo ai sensi dell’art. 2135 c.c. Il prezzo complessivo dell’operazione era pari a euro 52.000,00

All’atto della stipula del contratto preliminare, il B. pagava al M. la somma complessiva di euro 8.000,00 a titolo di caparra confirmatoria con due assegni di importo pari a euro 4.000,00 cadauno. Il B. intestava e consegnava altresì al promittente venditore un assegno di euro 9.500,00, con data 15.09.2006, a garanzia del buon fine dell’intera operazione, così come richiesto dal venditore medesimo. Il saldo era previsto dalle parti alla stipula del rogito.

Il 31.05.2006, data convenuta per la stipula del contratto definitivo, il B. provvedeva ad adempiere integralmente alle obbligazioni assunte con il preliminare, disponendo a favore del M. un bonifico di euro 35.000,00.

In sede di stipula, il M. esibiva però un certificato di destinazione urbanistica del terreno oggetto di compravendita che attestava la destinazione del medesimo a “verde pubblico”. Alla luce di tale circostanza, del tutto nuova ed imprevista per il promittente venditore, le parti si accordavano per una revisione del prezzo previsto nel preliminare, e procedevano alla stipula del contratto definitivo per un prezzo inferiore pari a euro 30.144,00.

Dal momento che il B. aveva già versato al M. la complessiva somma di euro 52.500,00 (con tre assegni rispettivamente di euro 4.000,00 il primo, 4.000,00 il secondo e 9.500 il terzo e con bonifico bancario per la residua somma di euro 35.000,00), lo stesso risultava creditore della somma di euro 22.356,00 pari alla differenza tra il costo dell’operazione economica come inizialmente prevista nel preliminare e quello effettivo risultante dai diversi accordi consacrati nel contratto definitivo.

Il M. tuttavia non solo non corrispondeva quanto dovuto ma minacciava di incassare l’assegno di euro 9.500,00 in suo possesso, il che avrebbe arrecato al B. un pregiudizio grave ed irreparabile.

Il B. pertanto, riservando la richiesta di restituzione del maggiore importo versato al giudizio di merito da instaurarsi successivamente, presentava al Tribunale di Terni ricorso ai sensi degli artt. 669 ter e 670 c.p.c. chiedendo l’emissione di un provvedimento di sequestro giudiziario dell’assegno bancario di 9.500,00 euro e di ordinare alla Banca emittente di disporre l’immediata immissione in possesso dell’assegno in favore di un nominando custode (che si chiedeva fosse lo stesso B.).

L’ordinanza di rigetto

Il Tribunale di Terni, con ordinanza del 21.07.2006, rigettava la domanda cautelare di sequestro giudiziario proposto dal B. e compensava tra le parti le spese processuali in considerazione della “assenza di una unitaria posizione ermeneutica sul punto sia in dottrina che in giurisprudenza” in merito alla questione trattata, ossia la applicabilità del sequestro giudiziario ai titoli di credito.

Il Tribunale ha aderito all’orientamento dottrinario e giurisprudenziale che esclude la assoggettabilità dei titoli di credito al sequestro giudiziario, in quanto i titoli di credito “hanno una propria legge di circolazione che accorda al traente determinate e specifiche tutele”.

Il Tribunale precisava altresì che si ala legge cambiaria sia la legge assegni non contemplano un diritto alla restituzione del titolo; la legge prevede solo la consegna al trattario una volta intervenuto il pagamento (art. 37 l. assegni). Il Tribunale negava altresì la possibilità di affidare l’assegno al sequestratario, dal momento che tale affidamento non poteva concretare in alcun modo né il fine di custodia né il fine di conservazione per cui è dato il sequestro ex art. 670 c.p.c.; il Tribunale aderiva alla tesi per cui col sequestro della cambiale si mirerebbe ad evitare il pagamento del credito, vale a dire sequestrare il credito nel rapporto tra le parti.

L’ordinanza del Collegio

Avverso il provvedimento di rigetto della domanda cautelare il B. proponeva reclamo chiedendo la revoca del provvedimento di diniego. La richiesta di revoca veniva respinta con ordinanza del 12.09.2006.

L’ordinanza di rigetto richiamava ed esplicitava le motivazioni poste alla base della decisione impugnata, illustrando le motivazioni giuridiche da porre alla base del diniego.

In primo luogo, si rilevava come i giudici di prime cure avessero fatto leva sul dato letterale della legge e sulle finalità e le caratteristiche del sequestro giudiziario di cui all’art. 670 c.p.c., il quale, come è noto, può essere disposto su “beni mobili, immobili, aziende o altre universalità” (e i titoli di credito non rientrerebbero in nessuna di tali categorie) nei casi in cui “ne sia controversa la proprietà o il possesso e sia opportuno provvedere alla loro custodia o gestione temporanea” (e l’affidamento dell’assegno non concreterebbe né il fine della custodia né quello della conservazione, risolvendosi piuttosto nell’intento di evitare il pagamento del credito).

In secondo luogo, veniva rilevato il richiamo dell’art. 677 c.p.c. alla disciplina dell’esecuzione per consegna o rilascio di cui agli artt. 605 ss. c.p.c., con la conseguente inammissibilità di un sequestro giudiziario di un diritto di credito, “sia perché ne risulterebbero compromesse le regole connesse alla disciplina della circolazione dei titoli di credito, sia perché non sarebbe contemplato dalla legge assegni e dalla legge cambiaria alcun diritto alla restituzione del titolo”.

Discostandosi parzialmente dal ragionamento seguito dal giudice di prime cure, il Collegio riteneva che il sequestro giudiziario di un titolo di credito non dovesse escludersi in radice, in quanto i titoli di credito potrebbero essere considerati latu sensu beni mobili, per effetto della c.d incorporazione del credito nel titolo; né poteva negarsi in radice l’esistenza del diritto alla restituzione materiale del titolo, per esempio dovuta al pagamento del credito incorporato; in tali ipotesi infatti ben potrebbe rendersi opportuna la custodia di un titolo di cui si pone in discussione lo stesso possesso materiale ove insorgesse tra le parti una controversia in merito al pagamento.

Il Collegio, in altre parole, confermava la decisione del giudice di prime cure pur non condividendone le motivazioni; il giudice del reclamo infatti non escludeva in astratto l’ammissibilità di un provvedimento di sequestro giudiziario di un assegno bancario, ma confermava il rigetto della domanda cautelare per difetto dei relativi presupposti di merito.

Il Collegio rivelava infatti che il richiedente non deduceva di aver provveduto al pagamento del credito incorporato nell’assegno bancario oggetto di causa (fatto che, ove accaduto, avrebbe legittimato la restituzione del titolo per quietanza); il ricorrente prospettava invece una sequenza di fatti che i giudici del reclamo ritenevano non provata, in quanto nel preliminare era indicata la solo parziale edificabilità del terreno e non vi era alcuna traccia della asserita funzione di garanzia dell’assegno di 9.500,00 euro.

L’assoggettabilità a sequestro giudiziario dei titoli di credito

Le conclusioni cui giunge il Tribunale di Terni non sono condivisibili.

E’ poco motivata la ritenuta insussistenza dei requisiti del sequestro; una volta ammessa la astratta ammissibilità del sequestro, era logica conseguenza disporlo nel caso concreto, stante sia il periculum in mora sia il fumus boni iuris.

Il tema della possibilità di sottoporre a sequestro giudiziario un titolo di credito, anche in relazione alla fattispecie in esame, merita qualche ulteriore approfondimento.

Una consolidata giurisprudenza di merito ammette infatti il sequestro giudiziario di un assegno bancario quando sia domandato nei confronti del primo prenditore (Tribunale di Torino, 14.08.2002), quando la causa del rapporto sottostante manchi o sia successivamente caducata, venendo in considerazione in tale ipotesi un diritto alla restituzione del titolo (Tribunale di Foggia, 10.02.2004).

Nel caso in esame l’assegno di cui si chiedeva il sequestro era stato consegnato in garanzia di una obbligazione successivamente adempiuta, da cui il diritto alla restituzione del medesimo e la necessità di disporne il sequestro a fronte del diniego del prenditore.

La tesi sposata dal Tribunale di Terni riduce e limita immotivatamente la tutela posta dall’art. 670 c.p.c., norma che, per l’ampiezza della sua dizione, non può essere circoscritta alla tutela delle sole cose materiali. Ai sensi dell’art. 813 c.c., infatti, le disposizioni concernenti i beni mobili si devono applicare anche a tutti gli altri beni, compresi i beni immateriali; in quest’ultima categoria vanno annoverati i crediti, in quanto entità patrimoniali suscettibili di commercio giuridico.

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