Il fatto
In sede di separazione consensuale omologata dei coniugi C.C. e D.R., era stato previsto a carico del marito D.R. un assegno di mantenimento pari a € 775,00 mensili; successivamente, su ricorso dell’obbligato, il Tribunale di Firenze riduceva il predetto assegno a € 450,00 mensili accogliendo la richiesta avanzata dal ricorrente, secondo il quale l’importo dell’assegno doveva essere rideterminato in quanto, successivamente alla separazione, il suo reddito aveva subito una forte contrazione, determinata dal venir meno della parte della retribuzione dovuta a prestazioni di lavoro straordinario.
In parziale riforma del decreto emesso dai giudici di primo grado, la Corte di Appello di Firenze adita dalla sig.ra C. C. rideterminava a sua volta l’importo dell’assegno in € 600,00, in misura superiore a quella stabilita dal Tribunale ma comunque inferiore a quella inizialmente stabilita in sede di separazione.
In particolare, i giudici del gravame ritenevano che il ricorrente avesse fornito la prova della contrazione dei propri redditi, ma in misura “non così piena” come ritenuto dal primo giudice.
Conseguentemente, la Corte disponeva una riduzione dell’assegno in misura più contenuta, tenendo conto anche di altre circostanze quali il fatto che la C.C. non svolgesse attività lavorativa e che, fatta eccezione per la contrazione degli straordinari, per il resto la situazione reddituale del D.R. non presentasse significative variazioni rispetto all’epoca della separazione; in particolare, la circostanza che lo stesso corrispondesse un canone di locazione per l’appartamento occupato a fini abitativi non era ritenuto elemento di novità, in quanto fosse prevedibile già al momento della separazione la necessità per il D.R. di abbandonare la casa coniugale e di reperire un altro alloggio.
Avverso la decisione resa in appello, la sig.ra C.C. proponeva ricorso per Cassazione.
La decisione della Cassazione
Con il primo motivo di ricorso, la sig.ra C.C. lamentava la violazione dell’art. 2697 c.c. in quanto la Corte di Appello avrebbe disposto la riduzione dell’assegno pur in assenza della prova della contrazione dei redditi dell’ex coniuge, anzi riconoscendo espressamente che il D.R. avesse fornito una prova “non così piena” come ritenuto dai giudici di primo grado.
Sosteneva infatti la ricorrente che il D.R. avesse effettuato una produzione documentale “a macchia di leopardo”, limitandosi a produrre in giudizio le buste paga relative ai mesi estivi e autunnali del 2002 mentre per gli anni 2003 e 2004 erano state offerte solo le buste paga relative ai mesi invernali e primaverili, impedendo in tal modo la visione di un quadro completo ed affidabile; aggiungeva inoltre la ricorrente che le buste paga relative al 2004 e il contratto collettivo nazionale dei ferrovieri prodotti nel giudizio di merito dovevano ritenersi del tutto inconferenti in quanto relativi al periodo temporale successivo a quello da prendersi in considerazione.
La Cassazione dichiarava infondata la doglianza, ritenendo esente da vizi la decisione dei giudici di appello secondo i quali il ricorrente aveva pienamente dimostrato l’an della propria pretesa (la circostanza che i suoi redditi avessero subito una contrazione) pur non dimostrando direttamente il quantum di tale contrazione; sulla base delle allegazioni probatorie fornite, pertanto, correttamente i giudici del gravame avevano riconosciuto la legittimità della riduzione dell’assegno anche se in misura più contenuta rispetto a quella stabilita in primo grado.
La Cassazione aggiungeva inoltre che i dati forniti dal ricorrente e posti alla base della decisione di appello, risultanti dalle buste paga relative agli anni 2002, 2003 e 2004, correttamente attestavano la situazione reddituale del D.R. alla data dell’omologa della separazione e a quella della decisione impugnata.
Con il secondo motivo di ricorso la sig.ra C.C. lamentava il mancato accertamento da parte della Corte di appello delle circostanze sopravvenute e la mancata valutazione comparativa della situazione economica delle parti.
La Cassazione dichiarava infondata anche tale doglianza, ritenendola inammissibile in sede di ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 della Costituzione; al riguardo la Suprema Corte ha affermato che “il decreto emesso in Camera di consiglio dalla corte d’appello a seguito di reclamo avverso i provvedimenti emanati dal tribunale sull’istanza di revisione delle disposizioni relative alla misura dell’assegno, posto precedentemente a carico di uno dei coniugi dalla sentenza che abbia pronunciato sulla separazione, può essere impugnato avanti alla Corte di Cassazione con il ricorso straordinario ai sensi dell’art. 111 Cost., per violazione di legge, in essa ricomprendendosi la radicale inesistenza o mera apparenza di motivazione, ma non per chiedere un sindacato sulla motivazione evidenziandone lacune o inadeguatezze, o la revisione delle conclusioni raggiunte dal Giudice di merito , conseguendo, in tal caso, l’inamissibilitò del ricorso” (in senso conforme, cfr. Cass. n. 11/2000 e n. 10229/2005).
La Corte rigettava pertanto il ricorso.
I precedenti giurisprudenziali
La decisione della Cassazione in commento ribadisce un principio già enunciato nella sentenza n. 19446 del 6 ottobre 2005, nella quale era stata affermata a chiare lettere la normalità e la prevedibilità della componente reddituale legata al lavoro straordinario, come tale pienamente valutabile in sede di determinazione dell’assegno di mantenimento.
La Suprema Corte nella decisione da ultimo citata richiamava un consolidato orientamento giurisprudenziale (cfr. Cass. n. 1487/2004; n. 1379/2000; n. 4319/1999; n. 2955/1998; n. 5720/1997; n. 5194/1997) secondo il quale “se è vero che, ai fini dell’adeguatezza dei mezzi dell’istante, occorre considerare il tenore di vita in atto al momento della cessazione della convivenza familiare raffrontato con quello del coniuge richiedente al momento della pronuncia di divorzio, è anche vero che la situazione economica della famiglia va valutata pure con riferimento agli eventuali successivi miglioramenti reddituali dovuti al normale e prevedibile sviluppo dell’attività lavorativa svolta durante il matrimonio, mentre non possono essere valutati i miglioramenti che scaturiscano da eventi autonomi, non collegati alla situazione di fatto ed alle aspettative maturate nel corso del matrimonio ed aventi carattere di eccezionalità, in quanto connessi a circostanze ed eventi del tutto occasionali ed irripetibili”.
Sulla base di tali premesse, la Cassazione ha infine affermato che “non si vede come possano considerarsi eccezionali, occasionali o imprevedibili gli incrementi patrimoniali dovuti a emolumenti quali i compensi per lavoro straordinario o i premi di presenza e di produttività. In particolare, sulla scorta della comune esperienza, va osservato che il c.d. straordinario, pur essendo legato a esigenze di servizio teoricamente non sistematiche, finisce con l’essere, almeno in una certa misura, una componente costante della retribuzione (…) Più in generale, deve ritenersi che tutti i miglioramenti economici relativi all’attività di lavoro subordinato svolta da ciascun coniuge durante la convivenza matrimoniale alle dipendenze del datore di lavoro presso il quale l’attività era esercitata, costituiscono evoluzione normale e prevedibile, ancorchè non certa, del rapporto di lavoro”.
Conclusioni
La Suprema Corte con la decisione in commento ha riconosciuto che il trattamento retributivo dovuto alle prestazioni di lavoro straordinario ben può incidere sull’ammontare dell’assegno di mantenimento, determinandone la riduzione in caso di contrazione dei redditi per il venir meno del lavoro straordinario, come nella fattispecie in esame, ovvero, si deve dedurre a contrario, determinandone l’aumento in caso di incremento reddituale dovuto per la maggiorazione dell’ordinario orario di lavoro.
Il lavoro straordinario incide sulla posizione reddituale del soggetto perché rappresenta una evoluzione normale e prevedibile del rapporto di lavoro, a prescindere dalla certezza sul quantum dell’effettivo incremento della retribuzione conseguente alla prestazione lavorativa supplementare; giova ricordare infatti che la modifica delle condizioni economiche della separazione è legata alle condizioni patrimoniali dei soggetti coinvolti al momento in cui la modifica viene richiesta, con riferimento ad intervenuti e significativi mutamenti della situazione reddituale rispetto all’epoca di fissazione degli accordi.
Il lavoro straordinario nell’ambito del lavoro dipendente rientra nel normale svolgimento della prestazione lavorativa generando incrementi patrimoniali che, sebbene incerti a priori nel loro preciso ammontare, concorrono a determinare il reddito del lavoratore relativamente ad un determinato arco temporale e costituisce comunque un evento ragionevolmente e prevedibilmente destinato a ripetersi nell’arco della vita lavorativa con elevata probabilità; ecco perché tale significativa componente reddituale non può essere ignorata in sede di determinazione e di revisione dell’assegno di mantenimento.