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Ludopatia e suo impatto sulla famiglia

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Cos’è la Ludopatia?

  •  fastidio ed irritazione nel momento in cui si sospende o si riduce il giocare.
  • Diversi tentativi infruttuosi di smettere o ridurre il giocare.
  • Pensieri persistenti legati al gioco come la programmazione della prossima giocata o il rivivere momenti di giocate precedenti.
  • Giocare in momenti difficili e di disagio.
  • A seguito delle perdite di denaro legate al gioco ricominciare subito a giocare per “rifarsi”.
  • Mentire per nascondere che si gioca patologicamente.
  • Compromettere le proprie relazioni affettive, capacità lavorative o di studio a causa del gioco.
  • Richieste di denaro ad altre persone per uscire da situazioni difficili legate al gioco.

È stato dunque detto come il presentarsi di 4 tra questi sintomi nell’arco di 12 mesi sia legato ad una effettiva patologia di ludopatia e come in questo caso possa essere una buona scelta rivolgersi agli appositi centri per ottenere un aiuto concreto e volto alla risoluzione del problema.

 

Ludopatia nel mondo

Dagli studi emerge come la diffusione della ludopatia nella popolazione abbia una incidenza che varia dallo 0,4% al 3,4% negli adulti con il raggiungimento dei tassi più elevati negli adolescenti dove infatti la statistica dice tra il 2,8% e l’8%. Il periodo tipico in cui inizia la ludopatia è proprio nel corso dell’adolescenza e dell’università, soprattutto nei maschi; per le donne, invece, di solito, l’inizio è più tardivo. 

Il decorso della malattia è particolare perché spesso passa attraverso lunghi periodi di gioco “sotto controllo” per poi sfociare in una situazione di assoluta dipendenza e di impossibilità di smettere; di solito il fattore che scatena il degenerare della malattia è il trovarsi in situazione particolarmente difficili e stressanti ed il cercare rifugio nel gioco.

Esclusione di imputabilità per ludopatia

L’impatto del gioco sulla famiglia

In una ricerca condotta in Italia è emerso come coloro che siano malati di ludopatia coinvolgano, poi, nel loro problema anche tutta la propria famiglia, gli amici ed i colleghi. Coloro che vengono travolti da un giocatore attivo vengono definiti “passivi” ed in media un giocatore compulsivo coinvolge tra i 5 ed i 7 soggetti “passivi”.

Coloro che dunque subiscono gli effetti della ludopatia sono tutt’altro che solamente i giocatori in prima persona, a risentirne sono nella maggior parte dei casi tutti i loro cari. In diversi casi la malattia porta a violenze domestiche e ad una spirale di bugie per mascherare la propria dipendenza ed infatti il numero di divorzi legati alla dipendenza da gioco d’azzardo è in aumento.

I centri specializzati per la cura di questa patologia riferiscono come il percorso riabilitativo sia complesso e debba coinvolgere non solo il malato, ma anche i propri familiari: “E’ un percorso spesso difficile perché il percorso psicologico deve riguardare la persona affetta da ludopatia ma anche gli stessi familiari. I familiari sono invitati a comprendere le cause e le manifestazioni della dipendenza da gioco d’azzardo e possono essere istruiti da personale esperto per quanto riguarda i comportamenti da mantenere”.

 

Violenza in famiglia

L’Università di Melbourne, Australia, ha svolto una ricerca dalla quale emerge come quasi la metà dei familiari di soggetti affetti dalla problematica della ludopatia abbiano riferito di episodi di violenza all’interno della famiglia. Sono stati gli stessi giocatori a raccontare di episodi in cui la frustrazione era tale da sfociare in comportamenti violenti sul partner o sui figli. In diversi casi l’esasperazione che la ludopatia porta all’interno della famiglia è tale che anche il partner, non affetto da ludopatia, si trovi ad esercitare dei comportamenti violenti nei confronti del giocatore o dei figli stessi. Da ciò si evince come il percorso di recupero che coinvolga tutta la famiglia sia fondamentale per uscire e superare il disturbo.

#Padova #Affidamento al padre condannato in primo grado per violenza e lesioni contro l’ex moglie, maltrattamenti in famiglia e violenza assistita.

Esclusione di imputabilità per ludopatia

A sancirlo è una sentenza della Suprema Corte di Cassazione; la 33463 del 18 Luglio 2018. La VI Sezione penale della Corte ha infatti stabilito come il disturbo da gioco d’azzardo sia un disturbo della personalità o disturbo del controllo degli impulsi destinato a degenerare e che dunque si debba escludere l’imputabilità dei soggetti affetti da seria ludopatia. Viene dunque dichiarato inammissibile il ricorso con il quale si cercava di modificare una decisione della Corte d’appello di Firenze che confermava l’impossibilità di imputare il crimine ad un soggetto ludopatico: “(…)In via preliminare va data qualificazione al disturbo da gioco d’azzardo per un percorso in cui il dato scientifico si coniughi efficacemente con i profili giuridici destinati a venire in rilievo, segnatamente, quanto alla capacità di intendere e volere dell’autore del reato e quindi sulla sua imputabilità (artt. 88 e 89 cod. pen.).

 

Il gioco d’azzardo patologico viene classificato per i più recenti approdi della nosologia medica (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali o DSM nei suoi successivi aggiornamenti) quale disturbo del controllo degli impulsi e definito come comportamento persistente, ricorrente e maladattativo che registra una compromissione delle attività personali, familiari o lavorative.

 

La giurisprudenza di legittimità chiamata ad interrogarsi sui disturbi della personalità per scrutinarne la rilevanza ai fini della imputabilità del reato ed alla loro più ampia ascrivibilità alla categoria della infermità mentale, capace di escludere o grandemente far scemare la capacità di intendere e di volere integrativa della prima (artt. 88 e 89 cod. pen.), si è trovata da tempo ad affermarne il rilievo.

 

Si è così detto che ‘ai fini del riconoscimento del vizio totale o parziale di mente, anche i ‘disturbi della personalità, che non sempre sono inquadrabili nel ristretto novero delle malattie mentali, possono rientrare nel concetto di ‘infermità, purché siano di consistenza, intensità e gravità tali da incidere concretamente sulla capacità di intendere o di volere, escludendola o scemandola grandemente, e a condizione che sussista un nesso eziologico con la specifica condotta criminosa, per effetto del quale il fatto di reato sia ritenuto causalmente determinato dal disturbo mentale.

 

All’indicata qualificazione si è ritenuto che consegua la non rilevanza ai fini dell’imputabilità di anomalie caratteriali o alterazioni della personalità che risultino tali da non presentare gli esposti caratteri e, ancora, gli stati emotivi e passionali che in quanto temporanei ed accidentali non sono destinati a definire un quadro di infermità come previsto dal codice penale (Sez. U, n. 9163 del 25/01/2005, Raso, Rv. 230317; in termini: Sez. 1, n. 52951 del 25/06/2014, Guidi, Rv. 261339; in materia di gioco d’azzardo, in termini sulla qualificazione: Sez. 2, n. 24535 del 22/05/2012, Bonadio, Rv. 253079).

 

Il disturbo della personalità registra una dipendenza dell’agente da situazioni e beni e può tradursi in una causa di esclusione dell’imputabilità là dove esso assuma connotati di intensità tali da escludere la capacità dell’agente di autodeterminarsi (…)

In applicazione degli indicati principi il disturbo da gioco d’azzardo è un disturbo della personalità o disturbo del controllo degli impulsi destinato, come tale, a sconfinare nella patologia e ad incidere, escludendola, sulla imputabilità per il profilo della capacità di volere (…)”.

Per tali motivi viene dichiarato inammissibile il ricorso, è infatti lo stesso articolo 85 del codice penale, con i suoi due commi, a stabilire che: 

Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se, al momento in cui lo ha commesso, non era imputabile.

È imputabile chi ha la capacità d’intendere e di volere.

È dunque chiaro come anche l’orientamento giurisprudenziale sia perfettamente in linea con il pensiero medico scientifico che considera la ludopatia come un vero e proprio disturbo dissociativo in grado di influire sulla capacità di intendere e di volere dei soggetti che ne sono affetti tanto da non rendere gli stessi imputabili nei procedimenti giuridici.  

 

A cura dell’Avv. Maria Luisa Missiaggia e del dottor Ludovico Raffaelli

 

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