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Vacanze estive nella separazione

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Tra le coppie separate, spesso il periodo estivo e delle vacanze scatena CONFLITTI  in materia di chi deve tenere i bambini, quando deve tenerli e come deve tenerli. Molto spesso, infatti, le denunce dell’uno e dell’altro genitore per contendersi il periodo delle vacanze estive con i bambini appaiono l’unica strada percorribile.

Quanto spetta ad ogni genitore?

La legge sul punto non stabilisce che vi siano dei periodi massimi o minimi da trascorrere con il genitore non collocatario e normalmente spetta al giudice stabilire un periodo congruo che il bambino dovrà passare con il genitore nel corso delle vacanze. Solitamente il periodo stabilito o concordato tra le parti si aggira intorno ai 15 giorni che potranno essere sia consecutivi che non consecutivi.

Nei casi di affidamento condiviso si cercherà sempre di suggerire un accordo tra le parti in modo tale da organizzare al meglio la frequentazione estiva con il genitore non collocatario. Nonostante la ricerca dell’accordo tra le parti sia la più indicata, ovviamente non mancano diversi casi in cui questo accordo non riesca ad essere raggiunto in ragione di un alto grado di conflittualità tra le parti e spetterà allora al giudice stabilire il giusto periodo di frequentazione. 

È bene in ogni caso sottolineare come la stessa Giurisprudenza abbia sempre insistito sul dovere del genitore affidatario di favorire il rapporto tra il bambino e l’altro genitore in modo tale da garantire al primo il proprio diritto alla bigenitorialità ed al secondo la possibilità di svolgere la propria funzione genitoriale al meglio. È la stessa Sesta Sezione Penale della Cassazione, nella sentenza n. 27995 dell’8 luglio 2009 a stabilire: “(…)  il genitore affidatario ha il dovere di favorire il rapporto del figlio con l’altro genitore, a meno che sussistano contrarie indicazioni di particolare gravità, tenuto conto che entrambe le figure genitoriali sono centrali e determinanti per la crescita equilibrata del minore.

Ne discende che ostacolare gli incontri tra padre e figlio, fino a recidere ogni legame con gli stessi, oltre ad avere effetti deleteri sull’equilibrio psicologico e sulla formazione della personalità del secondo, configura elusione dell’esecuzione del provvedimento giurisdizionale adottato dal giudice civile

Nel momento in cui sarà il giudice a stabilire il piano di frequentazione estivo tra genitore non collocatario e minori, sarà dovere del genitore collocatario far si che lo stesso venga rispettato così da non incorrere nell’elusione del provvedimento adottato dal giudice. 

Il mantenimento riconosciuto alla moglie in appello

Le vacanze estive sono spese ordinarie o straordinarie?

Il problema delle spese per le vacanze viene spesso sollevato e nella maggior parte dei casi ci si chiede se le spese siano da considerarsi straordinarie o meno e se dunque vadano divise tra i due coniugi. La Cassazione si è più volte espressa in materia di spese straordinarie, stabilendo che “Le spese ordinarie sono quelle destinate a soddisfare i bisogni quotidiani del minore, mentre, quelle straordinarie, sono costituite dagli esborsi necessari a far fronte ad eventi imprevedibili o addirittura eccezionali, ad esigenze non rientranti nelle normali consuetudini di vita dei figli minori fino a quel momento, o comunque spese non quantificabili e determinabili in anticipo o di non lieve entità rispetto alla situazione economica dei genitori”. Le “spese straordinarie” sono, dunque, quelle destinate a far fronte a ciò che è imprevedibile ed impronosticabile e, come appare evidente, le vacanze estive non fanno parte di tali eventualità. Sarà quindi onere del genitore con il quale il minore trascorrerà la vacanza sostenere le spese per la stessa. Qualora invece si tratti di vacanze trascorse autonomamente dal bambino, quali campi scuola o campeggi estivi, sarà necessario un preventivo accordo tra i genitori per regolamentarne i pagamenti.

Insieme finché morte non vi separi? Non sempre, purtroppo, è così.

Il mantenimento durante le vacanze estive

L’assegno di mantenimento deve essere pagato anche quando i figli trascorrono le vacanze con chi ne è obbligato? È questa una domanda molto comune tra i genitori separati e la risposta è “Si”. La Corte di Cassazione Sez. I Civile ha infatti sancito come l’obbligo al mantenimento non sia il semplice rimborso mensile delle spese sostenute per i minori, ma si configuri in una rata mensile di un contributo annuo già precedentemente determinato e dunque non influenzato dal fatto che i minori trascorrano le vacanze con l’uno o l’altro genitore. Con la Sentenza dell’8 settembre 2014, n. 18869 la Corte ha infatti dichiarato che: “(…) Non sussiste il vizio motivazionale denunciato. In realtà la denuncia attiene alla contraddittorietà della decisione rapportata all’affermazione del criterio assistenziale dell’assegno. La Corte di merito ha motivato il rigetto della domanda del P. di riduzione dell’assegno per il periodo estivo, in cui le ragazze soggiornavano presso di lui, facendo riferimento al consolidato orientamento di questa Corte, secondo il quale, in mancanza di diverse disposizioni, il contributo al mantenimento dei figli minori, determinato in una somma fissa mensile in favore del genitore affidatario, non costituisce il mero rimborso delle spese sostenute dal suddetto affidatario nel mese corrispondente, bensì la rata mensile di un assegno annuale determinato, tenendo conto di ogni altra circostanza emergente dal contesto, in funzione delle esigenze della prole rapportate all’anno. Ne consegue che il genitore non affidatario non può ritenersi sollevato dall’obbligo di corresponsione dell’assegno per il tempo in cui i figli, in relazione alle modalità di visita disposte dal giudice, si trovino presso di lui ed egli provveda pertanto, in modo esclusivo, al loro mantenimento (v., in tal senso, Cass., sent. n. 12308 del 2007, n. 566 del 2001).
Articolo originale: Cassazione Civile Sez. I, Sentenza n. 18869 del 08/09/2014. (…)”.

L’assegno di mantenimento viene dunque considerato come una rateizzazione di una somma unica annuale, precedentemente stabilita dal giudice della famiglia, che viene appunto rateizzata per permetterne il più comodo e regolare adempimento da parte dell’obbligato. Proprio per tali motivi il genitore non collocatario ed obbligato al versamento dell’assegno non potrà essere sollevato da tale obbligo neppure nel periodo in cui i bambini trascorreranno con lui le vacanze estive.  

Alienare il figlio denigrando l’ex. È reato?

 

È obbligatorio dire all’ex dove si va in vacanza con i bambini?

In situazioni ad alto livello conflittuale vi sono casi in cui un genitore con cui il minore va in vacanza, “per dispetto” ometta di dire all’altro dove stia andando.

La giurisprudenza ha ritenuto che in questi casi non vi siano gli estremi del reato, ma si possa ovviamente incorrere in sanzioni civili. Perciò colui che rifiuta di comunicare all’ex la località dove porterà i propri figli in vacanza non integra una figura di reato qualora all’interno della separazione si sia stabilito solamente di concordare il periodo di vacanza e non il luogo.

Il Tribunale di Rieti con la sentenza 15 giugno 2011 ha infatti stabilito che in una situazione in cui il padre aveva omesso di comunicare alla ex moglie il luogo in cui aveva portato i propri figli la situazione non fosse considerabile come reato: “(…)  Ciò premesso, deve ritenersi che la condotta del D. non integri né il reato di cui all’art. 388 comma 2 c.p., né quello di cui all’art. 570 c.p.

Il comportamento dell’indagato ha senz’altro pregiudicato il diritto del coniuge a conoscere il luogo di villeggiatura dei figli: trattasi di una violazione piuttosto grave (oltre che priva di qualsiasi giustificazione, non rispondendo ad alcun apprezzabile interesse dell’indagato), atteso che avrebbe impedito, o reso assai difficoltoso, alla madre – nella malaugurata ipotesi di un malore od altro impedimento del padre – di riuscire sollecitamente a recuperare i propri figli o a mettersi in contatto con essi. E tuttavia, non può essere accolta la tesi sostenuta nell’atto di opposizione secondo cui nel caso di specie l’indagato avrebbe omesso di fornire quel minimo di cooperazione necessaria a garantire l’esecuzione secondo buona fede del decreto di omologa emesso dal tribunale; in base a tale assunto, l’omessa comunicazione della località ove il D. intendeva trascorrere un periodo di villeggiatura con i figli avrebbe sostanzialmente eluso il punto 5 del decreto di omologa, che così recitava: «i genitori concorderanno i periodi che i figli trascorreranno rispettivamente con ognuno di essi durante le vacanze estive…». (…) il punto 5 del decreto di omologa del Tribunale di Rieti prevede che i genitori debbano concordare soltanto i periodi in cui i figli trascorreranno le festività con ognuno dei genitori, il che costituisce un particolare tutt’altro che formale (o frutto di un approccio «burocratico» alla questione, come adombrato nell’atto di opposizione) atteso che l’aver limitato l’oggetto della negoziazione ai soli periodi di vacanza, fa sì che ciascuno dei genitori sia libero di scegliere la località di villeggiatura senza doverla concordare con l’altro coniuge. Ciò non toglie che la V. aveva il diritto di sapere in quale località il marito aveva portato i figli in vacanza, ma tale diritto discendeva direttamente dall’art. 143 comma 2 c.c. – che stabilisce che dal matrimonio deriva l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione – e non dal provvedimento del giudice: trattasi di un diritto (quello alla collaborazione dell’altro coniuge nell’interesse della famiglia) esercitabile in ogni momento della vita familiare e che, con riguardo alla prole, non viene meno a seguito della separazione, essendo indubitabile che ciascuno dei genitori, anche in detta fase del rapporto, debba collaborare con l’altro nell’esclusivo interesse dei figli. Di tale diritto è espressione quello di conoscere il luogo in cui si trovano i figli affidati o temporaneamente seguiti dall’altro genitore (se non altro per poter tempestivamente intervenire in caso di impedimento o difficoltà di quest’ultimo).

Nel caso di specie, pertanto, la violazione di tale diritto – che non è ricollegabile, come detto, al decreto di omologa della separazione – non dà luogo al reato di cui all’art. 388 comma 2 c.p., ma nemmeno al reato di cui all’art. 570 c.p. (il quale punisce la condotta di chiunque si sottragga agli obblighi di assistenza inerenti alla potestà dei genitori o alla qualità di coniuge): poiché l’art. 143 comma 2 c.c., come abbiamo visto, distingue chiaramente gli obblighi di assistenza morale e materiale da quelli di collaborazione nell’interesse della famiglia, deve ritenersi che la violazione di questi ultimi, in applicazione del principio di tassatività del diritto penale, non rientri nella sfera applicativa della norma de qua, potendo avere conseguenze meramente civilistiche nella regolamentazione dei rapporti fra i genitori. (…)”.

È chiaro dunque come il fatto che non vi siano gli estremi del reato non significhi che il comportamento di omettere una tale comunicazione sia giusto o men che meno accettabile in quanto si incorre in ogni caso nella violazione del diritto dell’altro coniuge di conoscere il luogo dove i propri figli si trovano e che risulta sanzionabile dal punto di vista civile.

È poi affermato come ciò vada ad enorme discapito dei bambini per il cui bene i due genitori dovrebbero collaborare e non farsi delle inutili guerre.

A cura dell’Avv. Maria Luisa Missiaggia e del dottor Ludovico Raffaelli

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