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SMS ALL’AMANTE SI L’ADDEBITO DELLA SEPARAZIONE. SENTENZA STORICA DELLA CASSAZIONE PUBBLICATA IL 6 MARZO 2017.

A cura dell’Avv. Maria Luisa Missiaggia e dell’Avv. Rosalia Cancellara.
Tra i diritti e i doveri dei coniugi dopo il matrimonio rientra la fedeltà coniugale. Sempre più spesso accade che uno dei due partners volga lo sguardo altrove e intrattenga relazioni extraconiugali.
Il coniuge tradito come può dimostrare il tradimento e vedersi tutelato dalla legge?
Ebbene presupposto ai fini del riconoscimento dell’addebito è il nesso di causalità tra la condotta fedifraga e la crisi coniugale. La prova del tradimento può darsi con qualsiasi mezzo anche con gli sms.
La Cassazione con la sentenza n. 5510/2017 depositata il 7 marzo 2017 ha stabilito che bastano degli sms dell’amante come prova del tradimento per richiedere la separazione con addebito a carico del coniuge che è venuto meno al dovere di fedeltà.
CASO
La Corte D’Appello di Milano era stata investita della questione relativa all’accertamento del tradimento di un marito ai danni della moglie in ragione della scoperta, nel novembre 2007, da parte della moglie di messaggi amorosi sul cellulare del marito.
La questione è arrivata fino in Cassazione, dove il marito ha provato a spiegare che il matrimonio era già in crisi da anni e che la scoperta del tradimento aveva solamente “aggravato una crisi coniugale già presente da tempo”, ma la Corte di Cassazione ha ravvisato il nesso di causalità tra la scoperta dell’infedeltà e la crisi coniugale.
Pertanto l’ex marito dovrà ora versare alla donna duemila euro al mese per il mantenimento e tremila euro al mese per il mantenimento dei tre figli, oltre al pagamento totale delle spese straordinarie concordate tra le parti.
DIRITTO
La Corte, nel caso esaminato, osserva come in tema di separazione tra coniugi, l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà coniugale rappresenta una violazione particolarmente grave, che determinando normalmente l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza, costituisce, di regola, circostanza sufficiente a giustificare l’addebito della separazione al coniuge responsabile. Sempreché non si dimostri, attraverso un accertamento rigoroso ed una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, la mancanza di nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale. Ne consegue che il coniuge nei cui confronti sia svolta domanda di addebito della separazione per violazione del dovere di fedeltà, è tenuto dimostrare che la comunione di vita materiale e spirituale era già venuta meno prima e indipendentemente dalla predetta violazione (nella specie il resistente nulla ha provato, avendo sul punto articolato prove inammissibili).
Sul coniuge che richiede l’addebito grava, in ogni caso, l’onere di provare sia la contrarietà del comportamento di questi ai doveri che derivano dal matrimonio e sia la efficacia causale di tale comportamento nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza. Tuttavia, qualora la ragione dell’addebito sia costituita dall’inosservanza dell’obbligo di fedeltà coniugale, tale comportamento, se provato, fa presumere che abbia reso la convivenza intollerabile, di talché la parte che lo ha allegato assolve pienamente l’onere della prova su di essa gravante
Ebbene è pacifico a questo punto ritenere come, ai fini della pronuncia dell’addebito della separazione, non è di per sé sufficiente l’accertamento della sola sussistenza di condotte contrarie ai doveri nascenti dal matrimonio, essendo necessario accertare di contro la sussistenza di un nesso di causalità tra: i comportamenti costituenti violazione dei doveri coniugali accertati a carico di uno od entrambi i coniugi e l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza.
In pratica occorre stabilire, in base al materiale probatorio raccolto, se la violazione accertata a carico di un coniuge sia stata la causa unica o prevalente della separazione, ovvero se preesistesse una diversa situazione di intollerabilità della convivenza, con l’effetto che solo nel primo caso potrà aversi una pronuncia di addebito della separazione.
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Segue Sentenza
Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 1 dicembre 2016 – 6 marzo 2017, n. 5510
Presidente Bernabai – Relatore Lamorgese
Fatti di causa
1.- La Corte d’appello di Milano, con sentenza 8 luglio 2014, ha rigettato i gravami delle parti avverso l’impugnata sentenza del Tribunale della stessa città che, nel giudizio di separazione personale dei coniugi E. C. e F. V., aveva addebitato la separazione al marito, aveva affidato i figli minori M. (n. nel omissis) e G. (n. nel omissis) al Comune di Milano, li aveva collocati presso la madre e aveva posto a carico del C. un assegno di Euro 2000,00 al mese in favore della moglie e un contributo di mantenimento per tre figli di Euro 3000,00 mensili, oltre al pagamento della globalità delle spese straordinarie concordate tra le parti. Per quanto ancora interessa, la Corte ha giustificato l’addebito per la violazione dell’obbligo di fedeltà, in ragione della scoperta, nel novembre 2007, di messaggi amorosi pervenuti sul cellulare di C..
Con riguardo alle statuizioni economiche, la Corte ha ritenuto giustificate l’attribuzione e la quantificazione dell’assegno in favore della V. e dei figli, in considerazione dell’elevato tenore di vita dei coniugi durante la vita matrimoniale e della sproporzione reddituale tra le parti, anche tenendo conto della capacità lavorativa della stessa V., non tale comunque da giustificare un incremento dei contributi economici a carico del marito; ha compensato le spese del grado di giudizio.
2.- Avverso questa sentenza ricorrono per cassazione, in via principale, il C. con quattro motivi articolati in varie censure, illustrati da memoria; in via incidentale, la V. con due motivi, ai quali il primo si oppone con controricorso.
Ragioni della decisione
1.- Il ricorrente principale ha allegato alla memoria la sentenza di divorzio emessa dal Tribunale di
Milano, passata in giudicato (la quale ha determinato in Euro 1300,00 l’assegno divorzile a suo carico e in Euro 2800,00 l’assegno di mantenimento per i figli, oltre alla metà delle spese straordinarie). Al riguardo si osserva che la pronuncia di divorzio, operando ex nunc dal momento del passaggio in giudicato, non comporta la cessazione della materia del contendere nel giudizio di separazione personale (o di modifica delle condizioni di separazione) iniziato anteriormente e ancora pendente, ove esista l’interesse di una delle parti all’operatività della pronuncia e dei conseguenti provvedimenti patrimoniali, che trovano il proprio limite temporale nel passaggio in giudicato della sentenza di divorzio (Cass. n. 17825 e 19555 del 2013).
2.- Venendo ai motivi del ricorso principale del C., il primo motivo si articola in due connessi profili,
entrambi inammissibili.
Il primo profilo (sub 1.3.1.), per violazione degli artt. 132, secondo comma, n. 4, e 156, secondo comma, c.p.c, denuncia insufficienza e contraddittorietà della motivazione in ordine all’addebito della separazione, per avere confermato la sentenza di primo grado sulla base di ragioni, concernenti la violazione dell’obbligo di fedeltà come causa della crisi coniugale, diverse da quelle indicate dal primo giudice, secondo il quale quella violazione aveva aggravato una crisi coniugale presente da tempo.
Il profilo in esame è inammissibile, perché nel prospettare un vizio motivazionale suppone come ancora esistente il controllo di legittimità sulla motivazione della sentenza, essendo invece oggi denunciabile, in seguito alla modifica dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. apportata dall’art. 54 D.L. n. 83/2012, convertito in legge n. 134/2012, soltanto l’omesso esame – non ravvisabile nella specie – di un fatto decisivo che sia stato oggetto di discussione tra le parti (Cass., sez. un., n. 8053/2014, n. 8054/2014). Il secondo profilo del motivo (sub 1.3.2) denuncia la violazione dell’art. 151, secondo comma, cc, per avere dichiarato l’addebito come conseguenza automatica della violazione dell’obbligo di fedeltà, senza che tale violazione fosse stata causa diretta della crisi coniugale. Il profilo in esame non coglie la ratio deciderteli della sentenza impugnata, la quale ha giustificato l’addebito rilevando che la violazione dell’obbligo di fedeltà era stata causa della crisi coniugale, come evidenziato dal fatto che la scoperta della infedeltà era avvenuta nel 2007, cioè successivamente alla riconciliazione intervenuta nel 2002.
Il ricorrente chiede, in sostanza, una rivisitazione del giudizio di fatto concernente l’accertamento della responsabilità di uno o di entrambi i coniugi nel determinarsi della intollerabilità della convivenza, che è istituzionalmente riservato al giudice di merito e non è censurabile in sede di legittimità (v. Cass. n. 961/1992).
3.- Il secondo motivo si articola in due profili connessi, entrambi inammissibili.
Il primo profilo denuncia nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 132, secondo comma, n. 4, e 156, secondo comma, cc. e 111, sesto comma, Cost., in ordine alla motivazione, ritenuta contraddittoria, sul riconoscimento dell’assegno di mantenimento in favore della V., per avere mal valutato la situazione reddituale delle parti e l’entità del patrimonio del C. e per avere omesso di considerare i documenti prodotti che dimostravano il peggioramento delle sue condizioni economiche.
Il secondo profilo denuncia la violazione dell’art. 156, primo comma, ce, per avere motivato in modo contraddittorio sulla capacità reddituale della V. e per avere dato rilievo a un fatto non previsto dalla legge, e non vero, come l’abitudine del marito in costanza di matrimonio di addossarsi le spese di famiglia in misura preponderante.
Entrambi i profili si risolvono in critiche all’accertamento dei redditi delle parti, ai fini della concreta determinazione dell’assegno di mantenimento, che è compito riservato al giudice di merito, la cui valutazione è incensurabile in sede di legittimità (Cass. n. 17055/2007), in presenza di motivazione idonea a rivelare la ratio decidendi, dovendosi considerare in tali limiti ridotto il controllo di legittimità sulla motivazione, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. (Cass., sez. un., n. 8053/2014). Il motivo, pur prospettando violazione di norme di diritto, si risolve nella critica della sufficienza del ragionamento logico esposto dal giudice di merito e, in sostanza, nella richiesta di una diversa valutazione degli elementi probatori del processo, ipotesi integrante un vizio motivazionale non più proponibile (v. Cass., sez. un., n. 8053/2014).
4.- Il terzo motivo denuncia la violazione dei suindicati parametri normativi, nonché dell’art. 337 ter, quarto comma, cc, per avere motivato sul quantum, ritenuto eccessivo, dell’assegno di mantenimento dei figli senza rispettare il parametro normativo da ultimo indicato che impone di valutare le risorse di entrambi i genitori; i giudici di merito avrebbero erroneamente considerato florida la situazione reddituale
del C., senza confrontarsi con le produzioni documentali né considerare le ingenti disponibilità
economiche della V..
Il motivo è inammissibile, per ragioni analoghe a quelle poc’anzi esposte in ordine al precedente motivo.
5.- Il quarto motivo denuncia violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. per omessa pronuncia sul motivo di gravame riguardante la condanna del C., disposta dal primo giudice, al pagamento delle spese del giudizio di primo grado e per non avere considerato la sussistenza di giusti motivi di compensazione totale o parziale.
Il motivo è infondato, in ordine alla censura di omessa pronuncia: la sentenza impugnata, infatti, avendo confermato la soccombenza del C., ha implicitamente rigettato il motivo sulle spese; esso è inammissibile nella parte in cui invoca la compensazione delle spese del giudizio di primo grado.
6.- Venendo al ricorso incidentale, il primo motivo denuncia omesso esame di un fatto discusso tra le parti e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c, per avere condizionato l’operatività dell’obbligo del C. di farsi carico delle spese straordinarie al suo consenso, di fatto sempre negato, con l’effetto di sottrarre ai figli una parte del contributo di mantenimento posto a suo carico. Il motivo è inammissibile, risolvendosi in una istanza di revisione del giudizio di congruità del contributo posto a carico di C. in relazione alle spese straordinarie per i figli.
7.- Il secondo motivo del ricorso incidentale denuncia violazione del principio di corrispondenza tra
chiesto e pronunciato, per omessa pronuncia sul motivo di appello incidentale con cui la V. aveva chiesto di convertire in una misura fissa la parte variabile del contributo di mantenimento per i figli. Il motivo è infondato, avendo i giudici di merito implicitamente pronunciato sul motivo respingendolo.
8.- In conclusione, entrambi i ricorsi sono rigettati. Le spese sono compensate.
P.Q.M.
La Corte rigetta entrambi i ricorsi; compensa le spese del giudizio.
Sussistono i presupposti per porre a carico di entrambe le parti l’ulteriore contributo dovuto per legge.
In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi.

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