Tizio separato dalla coniuge era stato chiamato a rispondere innanzi al Pretore Penale di Mestre del reato ex art. 570 comma II c.p per aver fatto mancare i mezzi di sussistenza al figlio naturale.
Ebbene il Pretore riteneva esclusa la sussistenza di tal reato in ragione del fatto che al mantenimento del minore aveva comunque provveduto la madre naturale.
Quest’ultima proponeva ricorso per Cassazione per i soli effetti civili ritenendo che “il giudice penale aveva errato nel non applicare il principio per cui lo stato di bisogno sussiste anche qualora alla somministrazione dei mezzi di sussistenza provveda un solo genitore”.
Per questo la Suprema Corte cassava con sentenza n. 566 del 1994 l’allora statuizione pretorile ritenendo che “l’obbligo di somministrare i mezzi di sostentamento al figli incomba su entrambi i genitori” e rinviava la causa innanzi al Tribunale di Venezia per i soli effetti civili.
Successivamente con sentenza del 7 novembre 1997, la Corte veneziana accoglieva la domanda e in via equitativa quantificava in 30 milioni di lire i danni che riconosceva subito dall’istante in conseguenza dell’ingiusto comportamento del padre naturale.
Avverso tale sentenza Tizio proponeva ricorso per Cassazione che veniva rigettato con sentenza n.7713 del 7 giugno 2000.
L’orientamento giurisprudenziale della sentenza appena citata, è di evidente importanza poiché mira a risarcire la lesione in sé dei diritti fondamentali della persona e del minore scaturita dal persistente ed ostinato comportamento del genitore di rifiutarsi di corrispondere al figlio i mezzi di sussistenza.
E in questa prospettiva non vi è dubbio che il comportamento sanzionato dall’art. 570 c.p sia pur costituito nella sua materialità dalla mancata corresponsione di mezzi di sussistenza rilevi sul piano civile in termini di violazione non di un mero diritto di contenuto patrimoniale ma di sottesi e più pregnanti diritti fondamentali della persona in quanto figlio e in quanto minore.
Ed è poi del pari innegabile che la lesione di siffatti diritti collocati al vertice della gerarchia dei valori costituzionalmente garantiti vada incontro alla sanzione risarcitoria per il fatto in sé della lesione indipendentemente dalle eventuali ricadute patrimoniali che la stessa possa comportare.
Il medesimo principio è richiamato dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 184/1986 relativa al danno evento da lesione del diritto alla salute e riferibile ad ogni analoga lesione di diritti comunque fondamentali della persona, risolventesi in danno esistenziale ed alla vita di relazione.
La vigente Costituzione garantendo principalmente e primariamente valori personali impone una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2043 c.c in correlazione agli articoli della Carta che tutelano determinati valori, nel senso appunto che “quella norma non idonea a compensare il sacrificio che gli stessi valori subiscono a causa dell’illecito”, attraverso “il risarcimento del danno che è sanzione esecutiva del precetto primario è la minima delle sanzioni che l’ordinamento appresta per la tutela dell’interesse”.
Il citato articolo 2043 c.c correlato agli art. 2 della Costituzione va così “ necessariamewnte esteso fino a ricomprendere il risarcimento non solo dei danni in senso stretto patrimoniali ma di tutti i danni che almeno potenzialmente ostacolano le attività realizzatrici della persona umana”.
La sentenza richiamata è un pilastro innovativo e fondamentale per il successivo sviluppo dottrinale e giurisprudenziale.
Del medesimo orientamento sono state altre Corti di Merito, quale quella di Venezia con sentenza n. 21 settembre 2005 e quella di Bassano del Grappa con sentenza n. 31/2005 statuendo fermamente che è “obbligato a risarcire il danno morale il coniuge che arreca con la sua condotta reiterata un danno al minore persistendo nella mancata corresponsione dell’assegno di mantenimento”.
La misura del risarcimento del danno morale verrà valutata equitativamente dal Giudice adito.
Per questa e molteplici altre delicate questioni Studiodonne, specializzato esclusivamente in diritto di famiglia, con l’ausilio dei propri professionisti, si preoccupa di verificare di volta in volta i presupposti per una rapida soluzione, offrendo completa assistenza ai propri Clienti previa consulenza peer una assistenza giudiziale e stragiudiziale legata al raggiungimento sdell’obiettivo.Tizio separato dalla coniuge era stato chiamato a rispondere innanzi al Pretore Penale di Mestre del reato ex art. 570 comma II c.p per aver fatto mancare i mezzi di sussistenza al figlio naturale.
Ebbene il Pretore riteneva esclusa la sussistenza di tal reato in ragione del fatto che al mantenimento del minore aveva comunque provveduto la madre naturale.
Quest’ultima proponeva ricorso per Cassazione per i soli effetti civili ritenendo che “il giudice penale aveva errato nel non applicare il principio per cui lo stato di bisogno sussiste anche qualora alla somministrazione dei mezzi di sussistenza provveda un solo genitore”.
Per questo la Suprema Corte cassava con sentenza n. 566 del 1994 l’allora statuizione pretorile ritenendo che “l’obbligo di somministrare i mezzi di sostentamento al figli incomba su entrambi i genitori” e rinviava la causa innanzi al Tribunale di Venezia per i soli effetti civili.
Successivamente con sentenza del 7 novembre 1997, la Corte veneziana accoglieva la domanda e in via equitativa quantificava in 30 milioni di lire i danni che riconosceva subito dall’istante in conseguenza dell’ingiusto comportamento del padre naturale.
Avverso tale sentenza Tizio proponeva ricorso per Cassazione che veniva rigettato con sentenza n.7713 del 7 giugno 2000.
L’orientamento giurisprudenziale della sentenza appena citata, è di evidente importanza poiché mira a risarcire la lesione in sé dei diritti fondamentali della persona e del minore scaturita dal persistente ed ostinato comportamento del genitore di rifiutarsi di corrispondere al figlio i mezzi di sussistenza.
E in questa prospettiva non vi è dubbio che il comportamento sanzionato dall’art. 570 c.p sia pur costituito nella sua materialità dalla mancata corresponsione di mezzi di sussistenza rilevi sul piano civile in termini di violazione non di un mero diritto di contenuto patrimoniale ma di sottesi e più pregnanti diritti fondamentali della persona in quanto figlio e in quanto minore.
Ed è poi del pari innegabile che la lesione di siffatti diritti collocati al vertice della gerarchia dei valori costituzionalmente garantiti vada incontro alla sanzione risarcitoria per il fatto in sé della lesione indipendentemente dalle eventuali ricadute patrimoniali che la stessa possa comportare.
Il medesimo principio è richiamato dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 184/1986 relativa al danno evento da lesione del diritto alla salute e riferibile ad ogni analoga lesione di diritti comunque fondamentali della persona, risolventesi in danno esistenziale ed alla vita di relazione.
La vigente Costituzione garantendo principalmente e primariamente valori personali impone una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2043 c.c in correlazione agli articoli della Carta che tutelano determinati valori, nel senso appunto che “quella norma non idonea a compensare il sacrificio che gli stessi valori subiscono a causa dell’illecito”, attraverso “il risarcimento del danno che è sanzione esecutiva del precetto primario è la minima delle sanzioni che l’ordinamento appresta per la tutela dell’interesse”.
Il citato articolo 2043 c.c correlato agli art. 2 della Costituzione va così “ necessariamewnte esteso fino a ricomprendere il risarcimento non solo dei danni in senso stretto patrimoniali ma di tutti i danni che almeno potenzialmente ostacolano le attività realizzatrici della persona umana”.
La sentenza richiamata è un pilastro innovativo e fondamentale per il successivo sviluppo dottrinale e giurisprudenziale.
Del medesimo orientamento sono state altre Corti di Merito, quale quella di Venezia con sentenza n. 21 settembre 2005 e quella di Bassano del Grappa con sentenza n. 31/2005 statuendo fermamente che è “obbligato a risarcire il danno morale il coniuge che arreca con la sua condotta reiterata un danno al minore persistendo nella mancata corresponsione dell’assegno di mantenimento”.
La misura del risarcimento del danno morale verrà valutata equitativamente dal Giudice adito.
Per questa e molteplici altre delicate questioni Studiodonne, specializzato esclusivamente in diritto di famiglia, con l’ausilio dei propri professionisti, si preoccupa di verificare di volta in volta i presupposti per una rapida soluzione, offrendo completa assistenza ai propri Clienti previa consulenza peer una assistenza giudiziale e stragiudiziale legata al raggiungimento sdell’obiettivo.Tizio separato dalla coniuge era stato chiamato a rispondere innanzi al Pretore Penale di Mestre del reato ex art. 570 comma II c.p per aver fatto mancare i mezzi di sussistenza al figlio naturale.
Ebbene il Pretore riteneva esclusa la sussistenza di tal reato in ragione del fatto che al mantenimento del minore aveva comunque provveduto la madre naturale.
Quest’ultima proponeva ricorso per Cassazione per i soli effetti civili ritenendo che “il giudice penale aveva errato nel non applicare il principio per cui lo stato di bisogno sussiste anche qualora alla somministrazione dei mezzi di sussistenza provveda un solo genitore”.
Per questo la Suprema Corte cassava con sentenza n. 566 del 1994 l’allora statuizione pretorile ritenendo che “l’obbligo di somministrare i mezzi di sostentamento al figli incomba su entrambi i genitori” e rinviava la causa innanzi al Tribunale di Venezia per i soli effetti civili.
Successivamente con sentenza del 7 novembre 1997, la Corte veneziana accoglieva la domanda e in via equitativa quantificava in 30 milioni di lire i danni che riconosceva subito dall’istante in conseguenza dell’ingiusto comportamento del padre naturale.
Avverso tale sentenza Tizio proponeva ricorso per Cassazione che veniva rigettato con sentenza n.7713 del 7 giugno 2000.
L’orientamento giurisprudenziale della sentenza appena citata, è di evidente importanza poiché mira a risarcire la lesione in sé dei diritti fondamentali della persona e del minore scaturita dal persistente ed ostinato comportamento del genitore di rifiutarsi di corrispondere al figlio i mezzi di sussistenza.
E in questa prospettiva non vi è dubbio che il comportamento sanzionato dall’art. 570 c.p sia pur costituito nella sua materialità dalla mancata corresponsione di mezzi di sussistenza rilevi sul piano civile in termini di violazione non di un mero diritto di contenuto patrimoniale ma di sottesi e più pregnanti diritti fondamentali della persona in quanto figlio e in quanto minore.
Ed è poi del pari innegabile che la lesione di siffatti diritti collocati al vertice della gerarchia dei valori costituzionalmente garantiti vada incontro alla sanzione risarcitoria per il fatto in sé della lesione indipendentemente dalle eventuali ricadute patrimoniali che la stessa possa comportare.
Il medesimo principio è richiamato dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 184/1986 relativa al danno evento da lesione del diritto alla salute e riferibile ad ogni analoga lesione di diritti comunque fondamentali della persona, risolventesi in danno esistenziale ed alla vita di relazione.
La vigente Costituzione garantendo principalmente e primariamente valori personali impone una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2043 c.c in correlazione agli articoli della Carta che tutelano determinati valori, nel senso appunto che “quella norma non idonea a compensare il sacrificio che gli stessi valori subiscono a causa dell’illecito”, attraverso “il risarcimento del danno che è sanzione esecutiva del precetto primario è la minima delle sanzioni che l’ordinamento appresta per la tutela dell’interesse”.
Il citato articolo 2043 c.c correlato agli art. 2 della Costituzione va così “ necessariamewnte esteso fino a ricomprendere il risarcimento non solo dei danni in senso stretto patrimoniali ma di tutti i danni che almeno potenzialmente ostacolano le attività realizzatrici della persona umana”.
La sentenza richiamata è un pilastro innovativo e fondamentale per il successivo sviluppo dottrinale e giurisprudenziale.
Del medesimo orientamento sono state altre Corti di Merito, quale quella di Venezia con sentenza n. 21 settembre 2005 e quella di Bassano del Grappa con sentenza n. 31/2005 statuendo fermamente che è “obbligato a risarcire il danno morale il coniuge che arreca con la sua condotta reiterata un danno al minore persistendo nella mancata corresponsione dell’assegno di mantenimento”.
La misura del risarcimento del danno morale verrà valutata equitativamente dal Giudice adito.
Per questa e molteplici altre delicate questioni Studiodonne, specializzato esclusivamente in diritto di famiglia, con l’ausilio dei propri professionisti, si preoccupa di verificare di volta in volta i presupposti per una rapida soluzione, offrendo completa assistenza ai propri Clienti previa consulenza peer una assistenza giudiziale e stragiudiziale legata al raggiungimento sdell’obiettivo.Tizio separato dalla coniuge era stato chiamato a rispondere innanzi al Pretore Penale di Mestre del reato ex art. 570 comma II c.p per aver fatto mancare i mezzi di sussistenza al figlio naturale.
Ebbene il Pretore riteneva esclusa la sussistenza di tal reato in ragione del fatto che al mantenimento del minore aveva comunque provveduto la madre naturale.
Quest’ultima proponeva ricorso per Cassazione per i soli effetti civili ritenendo che “il giudice penale aveva errato nel non applicare il principio per cui lo stato di bisogno sussiste anche qualora alla somministrazione dei mezzi di sussistenza provveda un solo genitore”.
Per questo la Suprema Corte cassava con sentenza n. 566 del 1994 l’allora statuizione pretorile ritenendo che “l’obbligo di somministrare i mezzi di sostentamento al figli incomba su entrambi i genitori” e rinviava la causa innanzi al Tribunale di Venezia per i soli effetti civili.
Successivamente con sentenza del 7 novembre 1997, la Corte veneziana accoglieva la domanda e in via equitativa quantificava in 30 milioni di lire i danni che riconosceva subito dall’istante in conseguenza dell’ingiusto comportamento del padre naturale.
Avverso tale sentenza Tizio proponeva ricorso per Cassazione che veniva rigettato con sentenza n.7713 del 7 giugno 2000.
L’orientamento giurisprudenziale della sentenza appena citata, è di evidente importanza poiché mira a risarcire la lesione in sé dei diritti fondamentali della persona e del minore scaturita dal persistente ed ostinato comportamento del genitore di rifiutarsi di corrispondere al figlio i mezzi di sussistenza.
E in questa prospettiva non vi è dubbio che il comportamento sanzionato dall’art. 570 c.p sia pur costituito nella sua materialità dalla mancata corresponsione di mezzi di sussistenza rilevi sul piano civile in termini di violazione non di un mero diritto di contenuto patrimoniale ma di sottesi e più pregnanti diritti fondamentali della persona in quanto figlio e in quanto minore.
Ed è poi del pari innegabile che la lesione di siffatti diritti collocati al vertice della gerarchia dei valori costituzionalmente garantiti vada incontro alla sanzione risarcitoria per il fatto in sé della lesione indipendentemente dalle eventuali ricadute patrimoniali che la stessa possa comportare.
Il medesimo principio è richiamato dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 184/1986 relativa al danno evento da lesione del diritto alla salute e riferibile ad ogni analoga lesione di diritti comunque fondamentali della persona, risolventesi in danno esistenziale ed alla vita di relazione.
La vigente Costituzione garantendo principalmente e primariamente valori personali impone una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2043 c.c in correlazione agli articoli della Carta che tutelano determinati valori, nel senso appunto che “quella norma non idonea a compensare il sacrificio che gli stessi valori subiscono a causa dell’illecito”, attraverso “il risarcimento del danno che è sanzione esecutiva del precetto primario è la minima delle sanzioni che l’ordinamento appresta per la tutela dell’interesse”.
Il citato articolo 2043 c.c correlato agli art. 2 della Costituzione va così “ necessariamewnte esteso fino a ricomprendere il risarcimento non solo dei danni in senso stretto patrimoniali ma di tutti i danni che almeno potenzialmente ostacolano le attività realizzatrici della persona umana”.
La sentenza richiamata è un pilastro innovativo e fondamentale per il successivo sviluppo dottrinale e giurisprudenziale.
Del medesimo orientamento sono state altre Corti di Merito, quale quella di Venezia con sentenza n. 21 settembre 2005 e quella di Bassano del Grappa con sentenza n. 31/2005 statuendo fermamente che è “obbligato a risarcire il danno morale il coniuge che arreca con la sua condotta reiterata un danno al minore persistendo nella mancata corresponsione dell’assegno di mantenimento”.
La misura del risarcimento del danno morale verrà valutata equitativamente dal Giudice adito.
Per questa e molteplici altre delicate questioni Studiodonne, specializzato esclusivamente in diritto di famiglia, con l’ausilio dei propri professionisti, si preoccupa di verificare di volta in volta i presupposti per una rapida soluzione, offrendo completa assistenza ai propri Clienti previa consulenza peer una assistenza giudiziale e stragiudiziale legata al raggiungimento sdell’obiettivo.Tizio separato dalla coniuge era stato chiamato a rispondere innanzi al Pretore Penale di Mestre del reato ex art. 570 comma II c.p per aver fatto mancare i mezzi di sussistenza al figlio naturale.
Ebbene il Pretore riteneva esclusa la sussistenza di tal reato in ragione del fatto che al mantenimento del minore aveva comunque provveduto la madre naturale.
Quest’ultima proponeva ricorso per Cassazione per i soli effetti civili ritenendo che “il giudice penale aveva errato nel non applicare il principio per cui lo stato di bisogno sussiste anche qualora alla somministrazione dei mezzi di sussistenza provveda un solo genitore”.
Per questo la Suprema Corte cassava con sentenza n. 566 del 1994 l’allora statuizione pretorile ritenendo che “l’obbligo di somministrare i mezzi di sostentamento al figli incomba su entrambi i genitori” e rinviava la causa innanzi al Tribunale di Venezia per i soli effetti civili.
Successivamente con sentenza del 7 novembre 1997, la Corte veneziana accoglieva la domanda e in via equitativa quantificava in 30 milioni di lire i danni che riconosceva subito dall’istante in conseguenza dell’ingiusto comportamento del padre naturale.
Avverso tale sentenza Tizio proponeva ricorso per Cassazione che veniva rigettato con sentenza n.7713 del 7 giugno 2000.
