Tra assenza e permanenza nella habitat familiare
“Avvocato, se dovessi allontanarmi dalla casa familiare per motivi di lavoro o salute, rischio che mi venga revocata l’assegnazione?”
“Dipende. La semplice assenza non è sufficiente: il giudice dovrà accertare la ragione e la durata del tuo allontanamento. Solo un allontanamento definitivo, che comprometta l’interesse del minore, può portare alla revoca.”
La giurisprudenza e il valore dell’ambiente familiare
La disciplina ha il proprio fondamento nell’art. 337-sexies c.c., che affida ai giudici compito di privilegiare l’interesse del figlio, presidiando la continuità dell’habitat familiare rispetto a mere esigenze patrimoniali. Non è raro, infatti, che le richieste di revoca sorgano su iniziativa di chi vorrebbe rifocalizzare il dibattito sulle proprie difficoltà economiche: la giurisprudenza più recente, tuttavia, respinge ogni tentativo di “spostare il fuoco”, richiamando il giudice al vero bene centrale, il minore.
Motivi validi e scenari di allontanamento
È emblematica, in questo caso, la Cassazione con l’ordinanza dell’8 settembre 2025 n. 24754: “la destinazione impressa all’immobile che sia stato l’habitat domestico del minore non può essere esclusa solo perché detto minore è stato condotto altrove: è decisivo accertare la ragione dell’allontanamento onde verificare se esso sia avvenuto solo temporaneamente o in via definitiva”. L’allontanamento temporaneo per ragioni lavorative, di salute o per brevi cure, non può disfare quell’intreccio di rapporti che la legge tutela. Ciò che rileva, piuttosto, è che il minore non sia più direttamente legato alla casa familiare: solo il venir meno definitivo dell’interesse del minore o l’avvenuta formazione di un nuovo nucleo familiare legittima la revoca.
La funzione protettiva dell’abitazione
Per gli operatori e per le parti coinvolte, la prassi si traduce in una verifica concreta: il giudice ascolterà e dovrà valutare la reale consistenza e funzionalità della casa familiare rispetto all’interesse da tutelare. A volte, un trasferimento momentaneo è motivato da esigenze incontestabili; in altri casi, può rappresentare solo una fase transitoria nel percorso di crescita o cura. L’importante è che la funzione protettiva permanga: solo la sua cessazione giustifica una diversa destinazione dell’immobile.
La scelta di revocare l’assegnazione non può nascere da automatismi, né da una mera lettura formale della norma. È un compito che richiede attenzione alle sfumature e, soprattutto, a ciò che resta del legame tra minore e abitazione. Occorre andare oltre le solite rappresentazioni del conflitto coniugale e focalizzarsi solamente sul bene dei bambini e sul loro corretto sviluppo e crescita.

