WHATSAPP GRUPPI GENITORI: a cura dell’Avv. Maria Luisa Missiaggia e l’Avv. Maria Cristina Mazzei
Il Caso
Carla è la mamma di Chicco. Chicco frequenta una scuola media di Roma. Stefania – la mamma di Lucia, una compagna di classe di Chicco – ha deciso di creare una chat di gruppo su whatsapp “i ragazzi della II E” per facilitare le comunicazioni. La chat di gruppo però ben presto perde la sua originaria impostazione e viene utilizzata per gli usi più disparati – dalla ricetta del tiramisù, ai commenti sull’ultima puntata della fiction seguita dalle mamme, alle critiche del look alla maestra.
Carla ha già silenziato le notifiche del gruppo uscirà dal gruppo quanto prima se non viene utilizzato per lo scopo per cui è stato creato?
C’è il genitore che si preoccupa ogni mattina di dare il buongiorno, quello che pubblica e inoltra foto ad ogni ora del giorno, quello che chiede puntualmente i compiti, l’altro che organizza la festa di compleanno o un pomeriggio di shopping mentre i figli sono impegnati con il torneo di tennis.
In una scuola della provincia di Milano, una mamma ha addirittura scritto sul gruppo dei genitori per individuare il bambino con i pidocchi che per la terza volta aveva contagiato suo figlio. In una scuola della provincia di Bologna, invece, alcuni genitori hanno offeso e criticato un bambino con disabilità cognitive.
Alla luce di questi episodi, i presidi hanno manifestato il loro dissenso sostenendo che i gruppi di whatsapp siano causa di conflitti all’interno delle scuole visto l’utilizzo improprio da parte dei genitori e hanno preso gli opportuni provvedimenti.
Ad esempio, la preside Laura Barbirato dell’istituto comprensivo “Maffucci” di Milano ha mandato una lettera a tutti i genitori convocandoli per una riunione creata appositamente per trattare tale tematica. Il dirigente scolastico dell’istituto milanese “Pascoli”, Mario Uboldi, ha invece inoltrato una circolare vietando agli insegnanti di prendere parte alle conversazioni, avendo dovuto placare numerosi liti tra genitori sulla base degli screenshot in loro possesso.
Un uso distorto della chat di gruppo tra genitori può essere causa di problematiche annesse e connesse ai bambini? Fenomeni di bullismo possono essere scatenati da affermazioni anche offensive espresse via chat da un genitore verso altri bambini?
Il Diritto
Quali i profili legali implicati nella vicenda?
Dal punto di vista penale, l’utilizzo di frasi e/o parole offensive, ingiurie, foto denigratorie che possono influire negativamente sulla reputazione possono integrare gli estremi del reato di diffamazione.
L’art. 595 c.p. prevede che chiunque fuori comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione, è punito con la reclusione fino ad un anno con la multa fino a 1.032 euro.
Circostanze aggravanti di tale reato possono essere l’attribuzione di un fatto determinato (reclusione fino a due anni e multa fino a 2.065 euro) ovvero l’offesa di soggetti appartenenti al Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza, o ad una Autorità costituita in collegio (cfr. art. 342 c.p.).
Secondo una consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione in tema di delitti contro l’onore (tra ultime la sentenza della V sez. penale n. 22853 del 2014 e la n. 36602 del 2010), l’elemento psicologico della diffamazione consiste non solo nella consapevolezza di pronunziare o scrivere una fase lesiva dell’altrui reputazione, ma anche nella volontà che la frase denigratoria sia conosciuta da più persone, essendo pertanto necessario che l’autore della diffamazione comunichi con almeno due persone ovvero con una sola per sona, ma con modalità tali che detta notizia venga sicuramente a conoscenza di altri, evento che egli deve rappresentarsi e volere.
E’ del tutto evidente, quindi, che il sistema di messaggistica fornita da whatsapp sia un mezzo attraverso cui possa realizzarsi la fattispecie descritta.
Dal punto di vista civilistico, è previsto il risarcimento del danno – anche a prescindere del configurarsi nelle fattispecie di reato appena analizzate.
Secondo l’art. 2043 c.c., infatti, qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno.
Staremo a vedere se mamma Carla continuerà ad essere un membro del gruppo di whatsapp o cliccherà il pulsante “Esci dal gruppo”…
Conclusioni Studiodonne.
L’Avvocato Maria Luisa Missiaggia con Studiodonne, nell’occuparsi di tematiche relative alla famiglia nonché di tecniche alternative al conflitto con una particolare attenzione alla tutela dei minori, insegna ai genitori la modalità di interazione migliore e corretta per affrontare situazioni difficili e complesse che coinvolgono non solo i rapporti genitori figli ma anche tutta la sfera dei rapporti personali, avvalendosi di esperti del settore e attraverso la creazione di percorsi ad hoc.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDI Alfredo Mar – Presidente
Dott. DE BERARDINIS Silvana – Consigliere
Dott. LAPALORCIA Grazia – rel. Consigliere
Dott. PALLA Stefano – Consigliere
Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 39/2011 TRIBUNALE di CATANIA, del 24/10/2012;
Visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
Udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/04/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. Grazia LAPALORICA;
Corte di Cassazione, Sezione 5 penale
Sentenza 30 maggio 2014, n. 22853
Integrale
Diffamazione – Delitti contro l’onore – Elemento psicologico del reato – Consapevolezza di pronunziare o di scrivere una frase lesiva dell’altrui reputazione – Volontà che la frase denigratoria sia conosciuta da più persone – Necessità che l’autore comunichi con più persone – Modalità che consentano la sicura conoscenza della notizia diffamante
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. V. D’Ambrosio, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
- Con sentenza in data 24-10-2012, il Tribunale di Catania confermava la sentenza del giudice di pace 17-2-2011 della stessa localita’ che aveva dichiarato (OMISSIS) responsabile del reato di diffamazione in danno di (OMISSIS) mediante un sms inviato alla figlia (OMISSIS).
- L’imputata, con ricorso personale, deduce violazione di legge in relazione all’articolo 595 c.p., in mancanza di prova che l’sms avesse destinazione di propalazione alla p.o. o a terzi e di prova della sua volonta’ in tal senso (non potendo tale prova ravvisarsi nell’invio di sabato o domenica quando la famiglia era riunita per il pranzo), mentre la comunicazione agli altri membri della famiglia (OMISSIS) era stata frutto di iniziativa esclusiva della destinataria del messaggio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
- Il ricorso e’ fondato.
- Secondo consolidata giurisprudenza di questa corte in tema di delitti contro l’onore, l’elemento psicologico della diffamazione consiste non solo nella consapevolezza di pronunziare o di scrivere una frase lesiva dell’altrui reputazione, ma anche nella volonta’ che la frase denigratoria sia conosciuta da piu’ persone, essendo pertanto necessario che l’autore della diffamazione comunichi con almeno due persone ovvero con una sola persona, ma con modalita’ tali che detta notizia venga sicuramente a conoscenza di altri, evento che egli deve rappresentarsi e volere (Cass.
36602/2010).
- Nella specie il tribunale, pur richiamando i principi giurisprudenziali di cui sopra, non ne ha poi tratto le debite conseguenze. Infatti, essendo pacifico che lo short messages System era stato inviato ad un’unica persona (la figlia della persona offesa), ha ritenuto “del tutto evidente”, senza tuttavia indicarne in alcun modo le ragioni, il “chiaro intento” dell’imputata che il destinatario delle offese e “le altre persone presenti” ne fossero messi a conoscenza, come era di fatto avvenuto.
- Tra l’altro neppure il concetto di “persone presenti” risulta chiarito nella pronuncia oggetto di impugnazione, che non lo ha collegato alla testimonianza di (OMISSIS), evocata in sentenza solo nella parte relativa alla sintesi della vicenda processuale, ma non utilizzata al fine della conferma dell’affermazione di responsabilita’, secondo la quale il messaggio era pervenuto di sabato o domenica, nell’orario in cui tutta la famiglia era riunita per il pranzo.
- La sentenza merita pertanto annullamento con rinvio per nuovo esame al giudice a quo in diversa composizione.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Catania per nuovo esame.