GENITORE NON COLLOCATARIO: PUO’ PAGARE DIRETTAMENTE IL MANTENIMENTO QUANDO E’ CON IL FIGLIO?
Non esiste certo un tariffario o dei criteri matematici certi per stabilire l’entità dell’assegno. La norma (art. 155 c.c.) recita: “salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito (come sarebbe dovuto anche in costanza di unione) il giudice stabilisce, ove necessario (ovvero sempre quando i figli sono affidati o collocati presso un genitore), la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare secondo le seguenti corcostanze
– le attuali esigenze dei figli;
– il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza tra i genitori;
– i tempi di permanenza presso ciascun genitore;- le risorse economiche di entrambi i genitori;
– la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.
L’assegno è automaticamente adeguato agli indici ISTAT, in difetto di altro parametro indicato dalle parti o dal giudice”.
IL CASO
Tizio propone ricorso per la revisione delle determinazioni già precedentemente assunte dal Tribunale per i Minorenni di Milano circa il collocamento del figlio minore – affidato ad entrambi i genitori e collocato presso la madre – e la conseguente revoca dell’assegnazione della casa familiare.
In particolare, il ricorrente invocava la paritetica gestione del minore con la collocazione dello stesso in modo alternato presso entrambi i genitori, attuando così un’effettiva attuazione della bigenitorialità sancita dalla legge.
Richiedeva, infine, la revoca dell’assegno di mantenimento e dell’assegnazione della casa familiare.
La madre, contrariamente, si opponeva chiedendo la conferma del precedente decreto emesso, unitamente ad un aumento del contributo economico a carico del padre.
LEGISLAZIONE
La riforma del 2006 ha introdotto con l’affido condiviso anche il c.d”mantenimento diretto” il quale, come molti lettori sicuramente non sapranno, a differenza del classico assegno periodico da versare al ex-coniuge collocatario, implica che il genitore non collocatario provveda “direttamente” alle esigenze economiche del figlio nei periodi di periodi di permanenza dello stesso presso lui, al fine di realizzare una migliore attuazione del principio di bigenitorialità.
Attraverso tale modalità di mantenimento, infatti, il minore percepisce maggiormente la vicinanza di entrambi i genitori dato che ciascuno di essi è chiamato a provvedere, appunto, direttamente ai bisogni dello stesso, al suo sostentamento, proprio come avviene normalmente nella famiglia unita.
La legge sull’affidamento condiviso ha valorizzato l’impegno economico sopportato del genitore non collocatario, nei giorni in cui il figlio sta con lui. In quei giorni, infatti, il genitore non collocatario provvede al mantenimento del bambino (gli fornisce il vitto, l’alloggio, il vestiario, incrementa il consumo delle utenze etc.). Per questo motivo, nella determinazione del contributo al mantenimento del figlio, non si può prescindere dagli esborsi da lui sostenuti.
La regola oggi, infatti, è quella dell’affidamento condiviso tra i coniugi e fondata è la richiesta del genitore non collocatario di escludere o ridimensionare il quantum dell’assegno di mantenimento quando il minore trascorra il tempo in via alternativa con entrambi i genitori.
La giurisprudenza ha, però, escluso l’automatica corrispondenza tra affidamento condiviso e mantenimento diretto evidenziando, appunto, come sia da rigettare l’assunto secondo il quale”il contributo diretto da parte di ciascuno dei genitori costituirebbe la regola, come conseguenza diretta dell’affido condiviso”,dato che l’articolo 155 Cc conferisce al giudice stesso ampia discrezionalità con il limite della sola salvaguardia dell’interesse morale materiale della prole.
Ovviamente il problema del mantenimento diretto viene spesso accostato al collocamento paritario dei figli presso entrambi i genitori, ma non è sempre così!
In realtà, il mantenimento diretto è teoricamente realizzabile anche laddove vi sia un genitore prevalentemente collocatario e anche ove tra i genitori vi sia un disparità reddituale.
Infatti nella circostanza in cui i tempi di collocamento del minore non siano paritari il mantenimento diretto si può realizzare comunque disponendo che ciascun genitore provveda all’acquisto di determinati e specifici beni per il figlio prevedendo, magari, la corresponsione di un assegno perequativo a favore del coniuge economicamente più debole qualora vi sia una disparità di redditi.
Oppure è altresì realizzabile ponendo a carico di ciascun genitore una quota parte del costo di ogni singola voce di spesa sotto forma di percentuale tenendo conto dei redditi dei genitori (così come avviene per la suddivisione delle spese straordinarie).
Propendere per un regime di mantenimento diretto significa responzabilizzare ciasscun genitore alla cure dei figli, non semplicemente, “staccando”un assegno, ma provvedendo alle esigenze dei figli che si presentano ogni giorno ed attuare, quindi quella collaborazione tra i genitori che è principio cardine della legge sull’affido condiviso.
Nel caso a fondamento della nostra discussione il Tribunale di Merito con sentenza ha revocato il precedente obbligo di corresponsione di assegno di mantenimento a carico del padre valorizzando la consistenza dei tempi di permanenza del figlio presso di lui, e stabilendo in capo ad entrambe le parti di contribuire in via diretta al mantenimento del figlio.
CONCLUSIONI
ll giudice, pertanto nel assumere ogni decisione in merito al mantenimento, si trova nella circostanza di decidere tra mantenimento diretto, determinazione di un assegno periodico a carico di uno dei due genitori o, come spesso accade, di un sistema misto che li preveda entrambi, uno ad integrazione dell’altro, oltre ovviamente a doversi pronunciare in merito alle spese straordinarie. Nonostante tale previsione, assistiamo a ben poche pronunce dei giudici di merito che abbiano disposto il mantenimento in forma diretta. (Trib. di La Spezia, ord. del 14 marzo 2007; Trib. di Catania, del 25 settembre 2009 Trib. di Bologna, ord. del 18 gennaio 2010)
Il problema del mantenimento diretto è infatti di tipo applicativo in quanto esso presuppone che vi sia un elenco esaustivo di tutte le voci di spesa da destinare al mantenimento ordinario e che ogni volta si debba procedere a complessi conteggi ed a rendiconti periodici fonti di probabili contestazioni anche circa l’eventuale tipologia e qualità di bene da acquistare da parte degli ex coniugi.
In ogni caso tale regime di mantenimento diretto risulterà efficace in quelle famiglie nelle quali la conflittualità tra gli ex coniugi non sia alta e ci siano i margini per una collaboratività nell’interesse dei figli.
TRIBUNALE DI CATANIA
Prima Sezione Civile
Il Tribunale, riunito in camera di consiglio e composto dai magistrati dr Elio Morgia Presidente dr Giovanni Dipietro Giudice dr Massimo Escher Giudice rel. letti gli atti del procedimento n. 590/2009 R. Gen. e il ricorso, depositato il 10.3.2009, con il quale A.C. ha domandato la modifica delle condizioni della sua separazione dal coniuge V.E., omologata con decreto n. 985/2005 ed, in particolare, ha chiesto l’affidamento condiviso della minore G., di anni otto, un aumento dei tempi di permanenza e la sostituzione del contributo indiretto con quello diretto; ritenuta la comparsa di costituzione con cui la E. ha chiesto il rigetto della domanda ed, in via riconvenzionale, un aumento del contributo indiretto; ritenuto che va, innanzitutto, accolta la domanda di affidamento condiviso della figlia minore G., con cui il C. ha avuto, anche dopo la separazione, costanti e proficui contatti, ben oltre i normali tempi di visita (la E., ad esempio, non ha contestato che la figlia usi pernottare dal padre due volte al mese), e ciò non risultando alcuna carenza delle capacità genitoriali del ricorrente; ritenuto, invero, che l’art. 155 cod. civ., come riformulato dalla legge 8.2.2006, n. 54 (disposizioni in materia di separazione dei coniugi e affidamento condiviso), prevede che, anche in caso di separazione personale dei genitori, il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e che per realizzare detta esigenza il giudice adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa, valutando prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati ad entrambi i genitori (salva la possibilità, in deroga a tale principio, di disporre l’affidamento esclusivo all’uno o all’altro); ritenuto, peraltro, che tale regime, facendo sì che la potestà genitoriale sia esercitata da entrambi i genitori, consente una piena partecipazione del genitore non convivente alla crescita del minore, cosicché quest’ultimo potrà sviluppare la sua personalità fruendo del contributo educativo, della cura e dell’affetto di entrambi i genitori, ancorché separati (in un’ottica di continuità rispetto al precedente periodo di costanza matrimoniale). ritenuto che, affidata la minore ad entrambi i genitori, è tuttavia opportuno che ella continui a vivere in misura prevalente con la madre (così come avviene allo stato), non essendo vantaggioso per la minore stessa un’alternanza tra le due residenze; ritenuto che il collocamento presso la madre, essendo funzionale rispetto all’esigenza di stabilità della minore, va armonizzato con l’altrettanto meritevole esigenza della stessa di fruire di ampi contatti con l’altro genitore (la norma prevedendo che il giudice determini i tempi e le modalità della presenza dei figli presso ciascun genitore); ritenuto, peraltro, non opportuna (perché contraria alla parità di ruolo dei genitori che legge 54/2006 ha voluto garantire, in opposizione al precedente regime di emarginazione del genitore non affidatario) una rigida e schematica fissazione dei tempi di permanenza del minore presso il padre (così come avveniva in passato in caso di affidamento esclusivo con riguardo alla “facoltà di visita”); ritenuto, invero, preferibile mantenere allo stato un certo grado di flessibilità della disciplina del rapporto padre-figlio; ritenuto opportuno che sia in ogni caso salvaguardata l’esigenza di garantire almeno due giorni di frequentazione padre-figlio a settimana, con possibilità di almeno un pernottamento settimanale (possibilità, questa, da attuare, a settimane alterne, nella notte tra il sabato e la domenica), nonché per più giorni consecutivi durante le vacanze estive, le ferie natalizie e pasquali (per un totale – esclusi i normali contatti settimanali – di non meno di trenta giorni nell’arco dell’anno); ritenuto che, avendo il C. indicato i capitoli di spesa di cui intende farsi carico, appare opportuno (nonostante la convivenza prevalente del minore presso la madre, che quindi affronterà maggiori spese per le esigenze quotidiane, soprattutto di alimentazione) sostituire il contributo indiretto mensile di euro 500,00 che il C. versava al coniuge per il mantenimento della minore con un regime di mantenimento diretto (i due coniugi sono entrambi percettori di redditi: il C. è titolare di una palestra nel centro di C., mentre la E. è impiegata presso la P.R.); ritenuto, invero, che il mantenimento diretto svolge la proficua funzione di far partecipare attivamente e concretamente alla vita del figlio anche il genitore con questi non stabilmente convivente e ciò in linea con la riforma introdotta dalla legge 54/2006, la quale (volendo assicurare la continuità del ruolo genitoriale anche dopo la separazione), all’art. 155, co. 4, c.c., ha previsto che la corresponsione di un assegno periodico sia imposta solo <> al fine di realizzare il principio di proporzionalità (necessità che si potrebbe, ad esempio, rinvenire quando il genitore non convivente non chiarisca le voci di spesa che intenda assumere su di sé, ovvero quando l’altro non percepisca alcun reddito, sicché si troverebbe a dover dipendere, financo per la spesa quotidiana, dal coniuge più facoltoso); ritenuto non convincente l’orientamento contrario a quanto fin qui sostenuto, secondo cui il mantenimento diretto offrirebbe il fianco a facili elusioni dell’obbligo di cura genitoriale (in base alla considerazione che all’assegno indiretto sarebbe più arduo sfuggire); ritenuto, invero, che il coniuge convivente o comunque più responsabile (destinato, come tale, a supplire alle carenze dell’altro) avrebbe gioco facile a chiedere, nel prosieguo del rapporto, una modifica del provvedimento, invocando, appunto, l’inadempimento altrui; ritenuto che è, tuttavia, opportuno indicare le voci di spesa attraverso cui realizzare il mantenimento diretto del coniuge non collocatario (sicché per sottrazione si individuano le voci a carico dell’altro), non bastando a tal fine la semplice maggiore (rispetto al passato) permanenza del minore presso il padre e garantire una partecipazione economica proporzionale, non essendo infatti plausibile ipotizzare che le spese del minore estranee alla sfera domestica (si pensi alle spese per piscina o a quelle per l’apparecchio dentale) si distribuiscano tra i genitori assecondando la proporzione temporale dei rispettivi periodi di permanenza; ritenuto che, nella individuazione delle voci di spesa, si terrà conto, non solo dei redditi dei coniugi e della valenza economica dei rispettivi compiti domestici e di cura, ma, soprattutto, delle presumibili esigenze della minore, la quale (a parte le normali necessità di abbigliamento ed alimentazione), iscritta presso una scuola pubblica, svolge attività sportive pomeridiane (danza e piscina), ha bisogno di cure mediche odontotecniche, trascorre vacanze in villaggi turistici sia d’inverno sia d’estate (in questo periodo, peraltro, è solita andare in vacanza fuori sede anche con il padre); ritenuto necessario tener conto, altresì, dei costi dell’alloggio e delle utenze domestiche, posto che alla minore – convivendo maggiormente con la madre – va imputata anche una frazione di tale spesa; la E., infatti, abita – oltre che con la minore G. – anche con il nuovo compagno e la figlia avuta recentemente da lui, in una casa da essa E. acquistata grazie ad un mutuo (per un rata mensile di euro 235,00); ritenuto, inoltre, opportuno considerare, quale parametro indicativo del budget mensile di spesa per la minore quanto a suo tempo concordato dai coniugi in sede di omologa, laddove – come detto – si era previsto che il C. versasse alla moglie la somma mensile di euro 500,00; ritenuto, pertanto, che, in linea con le richieste del C., questi va onerato per intero delle spese destinate ad “abbigliamento”, “istruzione e cultura”, “attività ludiche e sportive”, “sanitarie in genere”, nonché delle spese ordinarie di alimentazione ed alloggio (spese per vacanze incluse) durante il tempo in cui la minore starà con lui; ritenuto che va accolta, infine, la richiesta di revoca dell’assegnazione alla E. della casa coniugale, e ciò avendo la resistente trasferito altrove la propria residenza; ritenuto che, stante la natura della controversia ed il tipo di attività difensiva svolta, le spese processuali vanno compensate;
P.Q.M.
Visto l’art. 710 cpc , a modifica di quanto disposto col decreto di omologa della separazione, dispone l’affidamento condiviso del minore G. ad entrambi i genitori; regola come in motivazione i tempi di permanenza e la misura del mantenimento, revoca l’assegnazione alla E. della casa coniugale; Compensa tra le parti le spese processuali.
Così deciso in Catania, nella camera di consiglio della Prima Sezione Civile,
il 25.9.2009
Il Presidente