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DIVORZIO BREVE – STUDIODONNE PREPARA LA VERA NOVITA’

L’avv. Maria Luisa Missiaggia e l’Avv. Alessandra Cagnazzo insieme per un radicale cambiamento dell’attuale divorzio.

La Commissione Giustizia della Camera ha approvato all’unanimità il testo base del disegno di legge che modifica l’articolo 3 della legge sul divorzio (la 898/70) . Di fatto solo una riduzione dei tempi di attesa tra la separazione consensuale omologata o la sentenza di separazione giudiziale e lo scioglimento del matrimonio.

In sostanza, il testo unificato del Ddl riduce a un anno gli attuali tre, tempo ridotto ancora a nove mesi nelle separazioni consensuali, in assenza  di figli minori. Inoltre, secondo lo schema di Ddl, i nuovi termini decorrono dal deposito della domanda di separazione e non, come accade ora, dalla comparizione dei coniugi di fronte al Presidente del Tribunale nella procedura di separazione. È una modifica introdotta, come spiega Alessandra Moretti (Pd), relatrice del Ddl insieme con Luca D’Alessandro (Forza Italia), per mettere tutti i coniugi nella stessa situazione, senza farli dipendere dai tempi differenti di fissazione delle udienze nei vari Tribunali.

Gli avvocati Alessandra Cagnazzo e Maria Luisa Missiaggia si chiedono perchè ridurre i tempi che, a questo punto, sono troppo ravvicinati per legittimarne la necessità, e non abbattere invece, in via definitiva, l’istituto della separazione legale in ogni sua forma?

In attesa di discuterne con relazione esplicativa delle ragioni che spingono le matrimonialiste a proporre la presente modifica, ecco i punti fondamentali per aprire il dibattito.

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Abolizione della separazione consensuale e giudiziale ed introduzione di un unico atto di divorzio preceduto da un percorso di mediazione familiare, avente una durata massima di sei mesi, condotta da un professionista in tecniche di negoziazione, il mediatore familiare, appunto, con lo scopo precipuo di condurre attraverso un percorso strutturato, la coppia a raggiungere degli accordi di divorzio. Il tentativo di mediazione familiare sarà:

a) facoltativo, in assenza di minori;

b) obbligatorio, in presenza di figli, alla luce del loro interesse prioritario a che la coppia raggiunga nel modo più efficace e meno conflittuale possibile degli accordi di divorzio che contemplino e soddisfino appieno i diversi interessi, sia economici che familiari, delle parti coinvolte nel conflitto.

In sostanza i coniugi in crisi con figli, saranno inviati presso un Centro di mediazione accreditato ove, previa compilazione di un format, e rilevati i requisiti di mediabilità della coppia, inizieranno il predetto percorso.

Raggiunto l’accordo, questo sarà depositato in Tribunale con unica udienza  per l’omologa entro 30 gg. In difetto di deposito, e/o presentazione all’udienza dell’accordo, il Giudice dovrà tenerne conto nel divorzio giudiziale.

In assenza di accordo o rilevata l’impossibilità di mediare e dunque, interrotta la mediazione, il Centro redige un verbale negativo di mancato accordo che le parti stesse produrranno in giudizio.

Al momento dell’instaurazione del ricorso per divorzio giudiziale ed entro la prima ed unica udienza di trattazione, ciascuna parte deve obbligatoriamente presentare ogni atto e documento volto a rendere esaustiva l’istruttoria relativa alle  questioni economiche e patrimoniali. Il Giudice rimette la causa al Collegio per la sentenza parziale sul divorzio definendo ogni questione reddituale e patrimoniale delle parti ai fini dell’assegno divorzile a favore della parte più debole e del concorso al mantenimento per i figli e rinvia il giudizio alla seconda ed ultima udienza per disciplinare le modalità di affidamento con nomina CTU.

Alla seconda udienza il CTU, accettato l’incarico, redige una relazione da depositare entro tre mesi e nella quale, come accade già nella prassi, si suggerisce il percorso genitoriale semestrale per l’esatta applicazione delle modalità.

In tal modo, se esaminiamo la tempistica, in un anno è definito tutto.

Attualmente, in Italia, la normativa vigente stabilisce che, per la proposizione della domanda di divorzio ( in realtà, il legislatore utilizza le espressioni “scioglimento del matrimonio” e “cessazione degli effetti civili del matrimonio”),  le separazioni devono essersi protratte ininterrottamente da almeno tre anni a far tempo dalla prima udienza di comparizione dei coniugi innanzi al Presidente del Tribunale anche quando il giudizio da contenzioso si sia trasformato in consensuale.

L’attuale proposta di legge incide quindi sulla durata del periodo di separazione ininterrotta, ridotta da tre anni a nove mesi in assenza di minori con l’attesa di un anno in presenza di figli minorenni.

L’obiettivo principale del legislatore sarebbe stato quello di anticipare il momento della possibile proposizione della domanda di divorzio con l’illusione di migliorare la gestione del contenzioso familiare, caratterizzato ad oggi in Italia da estenuanti  e lunghi giudizi che, in alcuni casi, spingono alcuni italiani a trasferirsi all’estero per divorziare in tempi brevi.  Vedi Gran Bretagna, Spagna ed Europa dell’Est.

Tuttavia, se al testo predisposto dalla Commissione della Camera dei Deputati va riconosciuto il tentativo di mostrare un atteggiamento propositivo di riforma del diritto di famiglia in Italia, in adeguamento con il resto dell’Europa, allo stesso tempo occorre chiedersi se tale testo davvero riformi la materia con effetti rilevanti nella prassi attualmente in vigore.

Infatti, all’entusiasmo di chi applaude a tale riforma presentandola come un “testo rivoluzionario” “un atto di civiltà, grande segno di riforma liberale” rimangono pur sempre dubbi e forti perplessità.

In realtà la riduzione dei tempi di decorrenza per l’ottenimento del divorzio non semplifica la procedura, né  la macchina del contenzioso legale che al contrario potrebbe conoscere un reale cambiamento nell’unificazione della separazione e divorzio in un unico atto di certo applicabile in tutti i casi di coppie in accordo a divorziare o sprovviste di figli minori.

A conferma di ciò, la circostanza che nel 98% dei casi ogni separazione si trasforma in divorzio sia in Italia, che a Malta, in Irlanda del Nord e Polonia, dove la separazione legale è ancora obbligatoria e necessaria per la proposizione della domanda di divorzio.

Nel 2007, ad esempio, su un totale di 50.669 sentenze di divorzio ben 50.237 sono quelle pronunciate dalla separazione: 43.687 consensuali e 6.538 quelle giudiziali, rimanendone fuori soltanto 537.

Sulla scorta di tali numeri è evidente sollevare il legittimo dubbio in ordine alla tutela di tutte quelle coppie e/o nuclei familiari formatesi successivamente alla separazione legale ovvero nell’arco attuale del triennio ed ora  dell’eventuale nuova decorrenza dei termini.

L’attesa di un termine tra i due atti, quello della separazione e divorzio, non è sicuramente presupposto di riflessione per la coppia che al contrario, nella libertà decisionale, può essere spinta a riflettere senza obblighi di legge e riproporre un eventuale ritorno alla precedente famiglia anche dopo il divorzio.

E concludiamo la presente relazione con una serie di domande su cui riflettere: quante coppie nelle more fra separazione e divorzio si sono riconciliate, ad esempio, negli ultimi vent’anni? Quanto pesa per gli italiani prima separarsi e poi divorziare in termini di costi economici ed affettivi? Quali i vantaggi di questo triennio d’attesa?  Ed ancora, se vogliamo andare a fondo sul serio: a chi giova questo doppio passaggio?

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