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CONIUGE DIVORZIATO: QUANDO IL CONIUGE DIVORZIATO HA DIRITTO AL TFR DELL’ALTRO?

CONIUGE DIVORZIATO: QUANDO SI HA DIRITTO AL TFR DELL’ALTRO: A cura dell’Avv. Maria Luisa Missiaggia e Avv. Andrea Casavola

Di grande interesse è la questione relativa al trattamento di fine rapporto o meglio alla quota di TFR a cui ha diritto il coniuge divorziato.

Ai sensi dell’articolo 12-bis legge sul divorzio, il coniuge nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ha diritto, se non passato a nuove nozze e in quanto sia titolare di assegno divorzile, ad una percentuale dell’indennità di fine rapporto percepita dall’altro coniuge all’atto della cessazione del rapporto di lavoro e ciò anche se l’indennità viene a maturare dopo la sentenza.

Tale percentuale è pari al quaranta per cento dell’indennità totale riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio.

La norma, trova la sua giustificazione nel dovere di solidarietà a favore del coniuge economicamente più debole che ha concorso allo sviluppo del patrimonio familiare ed il cui contributo deve essere ricompensato anche dopo lo scioglimento del matrimonio.

La norma in questione afferma quindi il diritto dell’ex coniuge, titolare di assegno divorzile, ad una quota dell’indennità di fine rapporto percepita dall’altro coniuge.

L’orientamento prevalente interpreta la norma estensivamente ricomprendendovi sia il trattamento di fine rapporto che le varie liquidazioni che spettano al lavoratore in occasione della cessazione del lavoro.

Questione ancora controversa è quella relativa alla sussistenza di un tale diritto nel caso in cui il TFR sia percepito prima del passaggio in giudicato della sentenza di divorzio.

La soluzione più accreditata nella nostra giurisprudenza è quella che ritiene che la quota del TFR sia dovuta anche se l’indennità è stata percepita prima della sentenza di divorzio, purché dopo il deposito del ricorso introduttivo.

IL CASO

 Con sentenza, il Tribunale di Roma pronunciava la separazione personale dei coniugi respingendo le reciproche domande e disponeva che ciascuno dei coniugi provvedesse al proprio mantenimento.

Impugnata la sentenza, la Corte di Appello di Roma, respingeva la richiesta della moglie di percepire una parte dell’indennità di fine rapporto ricevuta dal marito, affermando che il diritto ad una parte del TFR sorge solo nei casi in cui sussistano contemporaneamente la qualità di coniuge divorziato e la titolarità di un assegno divorzile.

Avverso tale sentenza veniva proposto ricorso per Cassazione.

Il coniuge sosteneva che il diritto ad una quota del TFR non è influenzato dalla circostanza che la somma sia stata percepita in costanza di matrimonio e non dopo il divorzio, quando il coniuge richiedente non ne abbia comunque beneficiato e tra i coniugi si sia verificato lo scioglimento della comunione.

DIRITTO

 La Corte, rigettando il ricorso, afferma che la domanda diretta ad ottenere una quota dell’indennità di fine rapporto presuppone la qualità di coniuge divorziato e la titolarità dell’assegno divorzile.

Più precisamente, il diritto alla quota sorge solo se l’indennità dovuta all’altro coniuge sia maturata successivamente alla proposizione della domanda introduttiva del giudizio di divorzio, e quindi anche prima della sentenza di divorzio, ma ciò non accade se il diritto sia maturato e sia stato percepito in data anteriore, come in pendenza del giudizio di separazione potendo in tal caso la riscossione dell’indennità incidere solo sulla situazione economica del coniuge tenuto a corrispondere l’assegno ovvero legittimare una modifica delle condizioni stabilite in separazione e/o divorzio.

La giurisprudenza ha precisato, inoltre, come l’ex coniuge abbia il diritto di percepire una parte non solo del TFR, ma anche di qualunque indennità a questo corrisposta a titolo di cessazione del rapporto di lavoro (si pensi ad esempio all’indennità premio di servizio per i lavoratori dipendenti degli enti locali).

Più precisamente si ritiene che può essere considerato equivalente alla nozione di trattamento di fine rapporto, l’indennità, comunque denominata, che l’ex coniuge ha percepito alla cessazione del rapporto di lavoro, anche parasubordinato, e che è determinata in proporzione alla durata del rapporto lavorativo e all’entità della retribuzione ricevuta (la giurisprudenza ritiene che l’indennità di risoluzione del rapporto di agenzia sia paragonabile al TFR e dunque soggetta alla disciplina dell’articolo 12 – bis, mentre ritiene che ciò non accada per le somme percepite a titolo di illegittimo licenziamento).

La legge stabilisce che il diritto ad una quota del TFR è subordinato alla sussistenza di tre presupposti:

  • che la domanda relativa all’indennità sia formulata dopo il passaggio in giudicato della sentenza di divorzio;
  • che il coniuge richiedente non abbia contratto un nuovo matrimonio;
  • che il coniuge richiedente sia titolare dell’assegno di divorzio;

La giurisprudenza prevalente ritiene che non abbia diritto a ricevere la percentuale del trattamento di fine rapporto il coniuge che ha ricevuto la liquidazione dell’assegno divorzile in un’unica soluzione, LA COSIDDETTA UNA TANTUM, poiché ai sensi dell’articolo 5, comma 8 della legge sul divorzio, il coniuge, in questo caso, perde il diritto a qualsiasi ulteriore pretesa nei confronti dell’altro e dunque anche ad una quota del TFR da questo percepita.

 

 

Cassazione Civile Sent. n. 19046 del 29-09-2005

MASSIMA

Il consolidato orientamento di questa Suprema Corte il disposto del richiamato art. 12 bis, nella parte in cui attribuisce al coniuge titolare dell’assegno divorzile che non sia passato a nuove nozze il diritto ad una quota della indennità di fine rapporto dell’altro coniuge anche quando tale indennità sia maturata prima della sentenza di divorzio, va interpretato nel senso che il diritto alla quota sorge soltanto se il trattamento spettante all’altro coniuge sia maturato successivamente alla proposizione della domanda introduttiva del giudizio di divorzio, e quindi anche prima della sentenza di divorzio, e non anche se esso sia maturato e sia stato percepito in data anteriore, come in pendenza del giudizio di separazione, potendo in tal caso la riscossione dell’indennità incidere solo sulla situazione economica del coniuge tenuto a corrispondere l’assegno ovvero legittimare una modifica delle condizioni di separazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

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