Nuova la pronuncia della Cassazione in ordine alla possibilità di trattare il tradimento di uno dei coniugi come oggetto di un procedimento separato e indipendente da quello della separazione giudiziale o consensuale, con oggetto il risarcimento del danno.
Primo grado di giudizio – Tribunale di Savona
Con citazione del 22 giugno 2001, la ex moglie propone un’autonoma domanda di risarcimento del danno a carico del marito infedele, per averle provocato una depressione e un’offesa pubblica e ciò successivamente alla conversione della separazione giudiziale in consensuale con conseguente abbandono della domanda di addebito presente nel ricorso per separazione giudiziale stesso.
Infatti da un lato, nel procedimento di separazione la ricorrente optava per rinunciare all’addebito della separazione nei confronti dell’ex marito sottoscrivendo gli accordi di una separazione consensuale, e dall’altro proponeva una domanda per il risarcimento del danno subito a causa del tradimento del coniuge.
L’infedeltà, infatti, avveniva con modalità particolarmente lesive della dignità, in quanto era noto che il coniuge intrattenesse una conclamata relazione sentimentale con un’altra donna. Secondo la ricorrente, questo comportamento non aveva avuto conseguenze sul matrimonio, bensì sul suo stato di salute personale, provocandole un vero e proprio “danno biologico ed esistenziale”.
A prescindere dal matrimonio e dalla definizione della separazione, la questione doveva essere trattata in separata sede, e doveva riguardare esclusivamente il comportamento del marito, le conseguenze dirette che questo aveva avuto sulla salute della signora (e non sul matrimonio) e la quantificazione del danno, dando luogo ad un vero e proprio risarcimento.
Il marito chiedeva, invece, che la richiesta fosse dichiarata inammissibile, in quanto la violazione dei doveri coniugali doveva essere valutata esclusivamente attraverso il procedimento di separazione, e non in un procedimento autonomo.
Con sentenza di primo grado il tribunale rigetta le istanze della coniuge ritenendole oggetto di tutela solo nell’ambito del processo di separazione.
Corte di Appello di Genova
Anche in sede di appello dinanzi alla Corte di Genova la ex moglie vede respinte le proprie richieste, pur condividendo la Corte d’appello che le regole relative al diritto di famiglia non costituiscono un “sistema chiuso” ovvero “la violazione di obblighi nascenti dal matrimonio possono comportare conseguenze giuridiche non solo nel contesto del procedimento di separazione dei coniugi, ma anche al di fuori, da far valere anche in un autonomo procedimento di responsabilità per danno.
Tuttavia, secondo la Corte d’appello, la decisione rispetto al tradimento e alla sua “sanzione” dovevano essere prese nel corso del procedimento di separazione, con la richiesta dell’addebito e le relative conseguenze sul piano del diritto al mantenimento e diritti successori.
Ciò che la Corte d’appello ritiene inammissibile è che tale richiesta venga fatta in via autonoma con una richiesta di risarcimento del danno per infedeltà quando, contestualmente, il coniuge opta per la separazione consensuale, così rinunciando alla pronuncia dell’addebito stesso.
Con evidenza, tale interpretazione considera l’addebito la naturale conseguenza giuridica del tradimento, e non il risarcimento del danno.
I motivi del ricorso per cassazione presentato dalla ex moglie tradita
I Motivo – Contraddittorietà della motivazione della decisione della corte di Appello
Sostenere, da un lato, che il diritto di famiglia non è un sistema chiuso e, dall’altro, che non è presentabile autonoma domanda di risarcimento distinta dal processo di separazione, rende contraddittoria la sentenza della Corte d’appello.
II Motivo – Violazione e falsa applicazione di norme di diritto
La rinuncia all’addebito della separazione, equivale a riconoscere che l’infedeltà non ha avuto conseguenze sul matrimonio, ma non esclude che invece abbia provocato un danno biologico o esistenziale al coniuge, per il quale richiedere un risarcimento. Nel procedimento di separazione verrebbero fatte valere le cause della separazione, mentre nel procedimento per risarcimento dei danni verrebbe fatto valere un diritto soggettivo, in questo caso garantito anche dalla Costituzione, il diritto alla salute, all’immagine, alla riservatezza, alle relazioni sociali, alla dignità del coniuge, ecc. Accogliendo la decisione della Corte d’appello il diritto al risarcimento del danno verrebbe meno, e un diritto costituzionalmente garantito, verrebbe garantito solo parzialmente, attraverso la disciplina dell’addebito, la quale comporta conseguenze peculiari e limitate, spesso privo di conseguenze pratiche. Quindi un diritto, come quello alla salute, che fuori da una situazione di separazione dei coniugi sarebbe garantito, si troverebbe ad essere solo parzialmente soddisfatto in quanto “intrappolato” nelle regole limitanti della separazione giudiziale.
La decisione della Suprema Corte con sentenza n. 18853 del 15 Settembre 2011
La Corte di Cassazione ricorda, con la sentenza, i principi già affermati con la sentenza 10 maggio 2005, n. 9801. Secondo quanto allora disposto, i doveri che derivano dal matrimonio hanno natura non solo morale, ma anche giuridica. Questo significa che con il matrimonio “nascono” in capo ai coniugi diritti e obblighi, che hanno valenza giuridica autonoma, e che, quindi, posso dar luogo ad azioni di tutela. Nel momento in cui il matrimonio dà origine a quei diritti e a quegli obblighi, essi esisteranno durante il periodo del matrimonio, e potranno essere fatti valere giudizialmente, anche in modo autonomo rispetto al procedimento di scioglimento del matrimonio stesso. Dunque, non solo il comportamento di un coniuge può costituire causa di separazione e di divorzio, ma può anche, se vi sono tutti i presupposti, costituire illecito civile.
La Corte ricorda, inoltre, i limiti del processo di separazione personale a soddisfare il danno eventualmente subito a causa della violazione degli obblighi matrimoniali. “La separazione e il divorzio costituiscono strumenti accordati dall’ordinamento per porre rimedio a situazioni di impossibilità di prosecuzione della convivenza o di definitiva dissoluzione del vincolo”. Questo significa che lo scopo della separazione non è quella di tutelare eventuali diritti lesi in corso di matrimonio, ma solo di gestirne la cessazione degli effetti. Inoltre, “l’assegno di separazione e di divorzio hanno funzione assistenziale e non risarcitoria”, ciò significa che la contribuzione al mantenimento dell’ex coniuge è diversa dal risarcimento, per scopo, che è quello di contribuire al mantenimento e non di risarcire un danno, e per “entità”. Inoltre, nel procedimento di separazione, la più grave conseguenza per il coniuge a cui viene addebitata la separazione è la perdita del diritto all’assegno di separazione, ma questa conseguenza non ha effetto quando la separazione venga addebitata al coniuge che deve corrispondere l’assegno. Se il danno è stato provocato dal coniuge che è tenuto a pagare l’assegno, tale danno non può essere risarcito in alcun modo nel contesto del processo di separazione. Per questi motivi, l’unico modo per cui il diritto violato possa essere tutelato è, secondo la Corte di Cassazione, un separato procedimento per risarcimento del danno, che non sarebbe negabile in quanto resterebbe altrimenti privo di tutela un diritto costituzionalmente garantito, che, come si è visto, non può trovare tutela nel contesto del processo di separazione.
Questo, tuttavia, non significa che la semplice violazione dei doveri matrimoniali, o la pronuncia di addebito della separazione, portino automaticamente ad ottenere il risarcimento del danno. In particolare, riguardo ai danni non patrimoniali (danno biologico o esistenziale), dovranno riscontrarsi tutti i presupposti di cui agli artt. 2059 e 2043 c.c., ai sensi dei quali deve essere dimostrata una condotta illecita (nel caso di specie, la violazione del dovere di fedeltà nascente dal matrimonio), l’ingiusta lesione degli interessi tutelati dall’ordinamento, il nesso causa le tra la prima e la seconda, ossia occorre dimostrare che proprio la condotta illecita ha provocato la lesione, e la sussistenza di un pregiudizio (danno) patito dal titolare del diritto. Inoltre, il danno non patrimoniale è risarcibile solo quando: a) il fatto illecito sia astrattamente configurabile come reato; b) quando è espressamente previsto dalla legge; c) quando, al di fuori delle due ipotesi precedenti, il fatto illecito abbia violato in modo grave diritti inviolabili dell’altra persona, e come tali oggetto di tutela costituzionale. Inoltre, la lesione dell’interesse deve essere grave e deve superare la normale tollerabilità, e il danno non deve essere “futile”, dovendo avere una consistenza rilevante.
La Corte di Cassazione specifica che mentre l’infedeltà, se è causa determinante della separazione tra coniugi, ha come conseguenza l’addebito della separazione, non sempre è, invece, sufficiente a giustificare il risarcimento del danno. Questo può avvenire solo quando l’infedeltà ha dato luogo ad un danno, quantitativamente significativo e dimostrabile, violando un diritto garantito dalla Costituzione. Devono quindi essere dimostrata l’infedeltà, la lesione e il nesso tra le due, cioè si deve provare che l’infedeltà ha causato la lesione.
Tale danno, spiega la Corte di Cassazione, non potrà consistere nella sola “sofferenza psichica” o nella “percezione dell’offesa”, ma dovrà avere le caratteristiche di una vera e propria “lesione della salute” o “lesione della dignità” causata dall’infedeltà. E quando ad esempio so tratti di infermità, dovrà essere accertata da uno specialista.
Conclusioni dello Studiodonne
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso. L’addebito della separazione, può essere richiesto e adottato solo nell’ambito del giudizio di separazione. Tuttavia, questo non significa che la violazione dell’obbligo di fedeltà possa avere come sola conseguenza l’addebito della separazione. Come precedentemente esposto, la disciplina dell’addebito tende ad accertare il tradimento e se lo stesso è stato causa esclusiva della crisi del matrimonio, onde avente un effetto esclusivo sul matrimonio, può essere trattato solamente nella causa strettamente legata alla separazione.
Al contrario quando l’infedeltà non ha determinato la crisi del matrimonio ma comunque ha causato un danno al tradito, la stessa potrà essere oggetto di un procedimento separato con citazione autonoma, ove venga accertato l’evento dannoso, ovvero l’infedeltà, il danno subito, sia esso esistenziale che biologico legato ovviamente ad una reale prova documentale del disagio psicofisico accertato ed il nesso causale tra la predetta infedeltà avvenuta e provata con ogni mezzo di prova.
L’interpretazione della Corte di Cassazione implica quindi che qualunque sia stata la posizione processuale assunta rispetto all’addebito richiesto o no, con rinuncia all’addebito, o con sottoscrizione di una separazione consensuale, sarà comunque possibile presentare, ricorrendone i presupposti già elencati, la richiesta di risarcimento del danno legato ad una lesione subita.