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Inosservanza delle prescrizioni contenute nella sentenza di divorzio: la madre deve risarcire padre e figlio

La decisione della Corte di Appello di Firenze del 29.08.2007 può certamente definirsi “storica”, in quanto costituisce la prima applicazione giurisprudenziale dell’art. 709 ter c.p.c., introdotta dalla legge sull’affido condiviso.

La norma introdotta nel corpus normativo processuale dalla legge n. 54/2006 prevede che il giudice, in caso di gravi inadempienze o di atti che arrechino pregiudizio al minore ovvero ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell’affidamento, possa modificare i provvedimenti in vigore nonché:

  • ammonire il genitore inadempiente;
  • disporre il risarcimento dei danni a carico di uno dei genitori nei confronti del minore;
  • disporre il risarcimento dei danni a carico di uno dei genitori nei confronti dell’altro;
  • condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di € 75,00 ad un massimo di € 5.000,00 a favore della Cassa delle ammende.

 Il fatto

 Il Tribunale di Firenze, modificando le condizioni del divorzio già pronunciato tra il sig. I.T. e la sig.ra T.M. disponeva l’affidamento condiviso del minore C. con collocamento presso la madre, con facoltà per il padre di tenerlo con sé a fine settimana alterni, nonché dal mercoledì all’uscita dalla scuola fino al giovedì mattina successivo oltre che per venti giorni durante le vacanze estive.

Avverso la statuizione del Tribunale proponeva ricorso il padre, chiedendo di poter tenere con sé il figlio per un maggiore periodo durante le vacanze estive, dal mercoledì al giovedì tutte le settimane, nonché dal giovedì al lunedì a settimane alterne.

Nel corso del procedimento di reclamo, la Corte d’Appello disponeva consulenza tecnica d’ufficio psicologica allo scopo di individuare quale fosse il regime delle frequentazioni paterne più confacente agli interessi del minore.

Nelle more del giudizio, la madre dapprima richiedeva ex art. 709 ter un provvedimento inaudita altera parte che le consentisse di mandare il minore in vacanza in Sardegna anche in mancanza del consenso paterno; successivamente rinunciava all’istanza.

Il padre presentava ricorso ex art. 709 ter, chiedendo l’adozione dei provvedimenti sanzionatori previsti dalla norma, deducendo che la ex moglie aveva disatteso gli accordi relativi alle vacanze di luglio, aveva impedito al figlio di partire insieme al padre per le vacanze di agosto, aveva opposto reiterati rifiuti a consentire le frequentazioni infrasettimanali tra padre e figlio, adducendo a pretesa dei dinieghi una presunta volontà del minore di non frequentare il padre.

Si costituiva in ricorso la madre chiedendo che le fossero attribuiti “i poteri di gestione ordinaria” del figlio, con riserva di chiederne l’affidamento esclusivo.

La madre tuttavia non allegava alcuna condotta dell’ex coniuge che potesse giustificare i presunti disagi del minore e avvalorare la tesi sostenuta.

La Corte, basandosi su una provata e oggettiva violazione dei provvedimenti assunti in sede di divorzio in tema di frequentazioni paterne, e non ritenendo per contro legittimamente giustificata la condotta della madre, condannava la stessa al risarcimento del danno subito dal minore per la privazione della frequentazione paterna, nonché al risarcimento del danno non patrimoniale subito dall’ex marito per la stessa motivazione.

La Corte ammoniva altresì la donna ad ottemperare al provvedimento giudiziale regolante la frequentazione tra padre e figlio.

 La norma e il risarcimento del danno

 Applicando per la prima volta sul punto la legge sull’affidamento condiviso, la Corte d’Appello di Firenze ha condannato una madre al pagamento di una somma di denaro a carattere risarcitorio per non aver ottemperato alle statuizioni della sentenza di divorzio in merito alle modalità di frequentazione tra il figlio e l’altro genitore affidatario.

La condanna è stata disposta sia nei confronti del figlio sia nei confronti dell’ex coniuge, riconoscendo ad entrambi un danno risarcibile per la mancata reciproca frequentazione.

La decisione in commento è significativa anche perché fornisce concreta applicazione a quell’indirizzo, avallato anche dalla giurisprudenza di legittimità e codificato dal legislatore della l. n. 54/2006, secondo il quale anche all’interno del nucleo familiare possono trovare applicazione le norme generali sulla responsabilità da fatto illecito con le conseguenti condanne risarcitorie.

La pronuncia in esame tuttavia merita segnalazione anche sotto ulteriori profili.

Sul piano processuale, è data applicazione all’art. 709 ter nella parte in cui consente al Giudice del reclamo di emettere un provvedimento di condanna al risarcimento del danno che, anche se parziale, è immediatamente esecutivo a prescindere dall’esito della decisione sul reclamo.

Occorre rilevare inoltre che il Giudice adito nella fattispecie ha condannato la madre al risarcimento nei confronti del padre e del figlio dietro richiesta risarcitoria avanzata dall’ex coniuge; ci si chiede se il Giudice possa comunque emettere sentenza di condanna anche d’ufficio, in nome di un interesse pubblicistico all’osservanza dei provvedimenti giudiziali.

La giurisprudenza recente, facendo leva sul contenuto penalistico della norma, pur collocata nel codice di procedura civile, ritiene che l’inadempimento degli obblighi previsti nel provvedimento giudiziale e il compimento di atti che pregiudichino il corretto svolgimento delle modalità di affidamento siano senz’altro fonte di responsabilità di natura pubblicistica.

Il Giudice potrebbe pertanto condannare il genitore inadempiente anche d’ufficio, quanto meno nelle ipotesi in cui vittima del danno sia il figlio minore.

Si tratta tuttavia di una questione attualmente dibattuta tanto in dottrina quanto in giurisprudenza.

Sul piano della prevenzione, è importante sottolineare che in casi simili a quello qui commentato la mediazione familiare ha spesso evitato di giungere a soluzioni estreme quali quella della condanna al risarcimento del danno.

In molti casi la madre che viola i provvedimenti giudiziali di regolamentazione delle frequentazioni paterne è afflitta da un disturbo comportamentale noto in psicologia come “sindrome della ex moglie”: lo stadio iniziale è caratterizzato da depressione, disistima, cui segue una reazione di rancore nei confronti dell’ex coniuge e di vendetta realizzata attraverso la strumentalizzazione del minore.

E’ importante riconoscere immediatamente i sintomi del disturbo e prevenire l’insorgere del conflitto, per evitare al minore il trauma della rottura dei rapporti con il genitore non convivente che i provvedimenti giudiziali mirano a salvaguardare.

Le aule giudiziarie ancora una volta si dimostrano la sede meno adeguata alla soluzione dei conflitti familiari, e il risarcimento del danno appare in tutta evidenza come un mero palliativo in assenza di soluzioni più appropriate, che andrebbero ricercate sul terreno della prevenzione.

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