Buongiorno avvocato, sono un uomo separato. In sede di separazione il Tribunale ha stabilito che dovessi corrispondere mensilmente il contributo di mantenimento a mio figlio, il quale ha più di 18 anni, non lavora e rifiuta ogni proposta di lavoro che gli viene offerta. Ha diritto ancora al mantenimento?
La domanda che ci pone il nostro cliente è frequente in sede separazione e divorzio. In un contesto familiare segnato dalla separazione, il diritto dei figli maggiorenni ad ottenere il mantenimento dal parte del genitore non convivente è spesso oggetto di discussione, specialmente quando è in gioco la perdita del mantenimento per rifiuto di un lavoro.
Sul punto, è opportuno esaminare quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, Sezione I Civile, nella recente ordinanza n. 9609 del 10 aprile 2024, la quale ha affrontato il tema, mettendo in evidenza le responsabilità del figlio maggiorenne: l’atteggiamento di quest’ultimo verso le opportunità lavorative influisce sul diritto al mantenimento.
La Corte ha affermato che, laddove venga provata la negligenza del figlio negli studi e nel reperimento di un lavoro, ciò comporta la perdita del diritto al mantenimento da parte dei genitori.
Cosa prevede la legge
Il diritto al mantenimento dei figli non cessa automaticamente al raggiungimento della maggiore età ma ci sono criteri specifici che definiscono la continuazione di tale supporto economico.
Il nostro codice civile stabilisce che i genitori hanno l’obbligo di mantenere i figli fino a quando questi non sono in grado di provvedere autonomamente alle proprie necessità, a prescindere dalla loro età.
Questo sta a significare che un figlio maggiorenne può ancora ricevere il mantenimento se sta studiando, si sta formando professionalmente o non è in grado di lavorare per validi motivi, come nel caso di problemi di salute.
La situazione cambia significativamente, invece, se il figlio maggiorenne è in grado di lavorare ma si rifiuta di farlo senza un giustificato motivo.
Il caso
Nel caso di specie, un padre aveva chiesto la revisione delle condizioni di divorzio, chiedendo la revoca dell’assegno di mantenimento per il figlio o in alternativa la riduzione del medesimo assegno, in quanto il figlio maggiorenne non aveva completato il corso di studi, non aveva cercato nessuna occupazione e aveva anche rifiutato diverse occasioni di lavoro concrete offerte dal padre.
Il Tribunale accoglieva la domanda.
La moglie, tuttavia, impugnava il provvedimento davanti alla Corte d’Appello, la quale riformava in parte la sentenza, non revocando l’assegno ma riducendo la sua entità. La decisione del giudice d’Appello si basava sul fatto che il giovane fosse ancora vicino alla minore età e privo di qualifiche professionali, per cui non era agevole trovare un’occupazione.
L’uomo, così, proponeva ricorso per Cassazione, la quale accoglieva le doglianze del ricorrente.
La decisione della Corte
La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, ha ribadito il principio ormai consolidato, che il figlio maggiorenne che non vuole lavorare e/o rifiuta offerte di lavoro perde il diritto al mantenimento.
La Corte ha chiarito che il mantenimento non è dovuto se il figlio maggiorenne non compie sforzi concreti per diventare economicamente indipendente.
La Corte ha affermato che “qualora sia ritenuta provata la negligenza negli studi e nel reperimento di un lavoro da parte del figlio maggiorenne, il Giudice deve trarre conseguenza che il mancato conseguimento di autonomia economica da parte del figlio non può giustificarsi e comporta la perdita del diritto al mantenimento da parte dei genitori”.
La Suprema Corte, dunque, sottolinea quanto sia importante per il figlio maggiorenne dimostrare la sua effettiva volontà di contribuire al proprio sostentamento per poter continuare a ricevere un supporto economico.
Conclusioni
In conclusione, la questione del mantenimento di un figlio maggiorenne che non lavora e si rifiuta di lavorare è complessa e suscita numerose domande tra i genitori.
La Corte, tuttavia, ha chiarito che il mantenimento non è dovuto se il figlio maggiorenne non compie sforzi concreti per diventare economicamente indipendente: dunque, se sceglie di non lavorare può perdere il mantenimento.
La legge tutela il diritto dei genitori a non sostentare un figlio che, pur avendo l’opportunità e la capacità di lavorare, sceglie di non contribuire alla propria sussistenza.
Pertanto, la decisione di non lavorare deve essere motivata da cause legittime e verificabili per non influenzare il diritto al mantenimento: se il figlio rifiuta opportunità di lavoro senza motivazioni valide o non partecipa attivamente alla ricerca di un impiego, ciò può influenzare la decisione del giudice sulla cessazione del sostegno economico.
Al riguardo, è importante documentare ogni tentativo di incoraggiare il figlio a trovare un impegno, in quanto queste informazioni possono essere fondamentali in caso di contestazioni riguardo la cessazione del mantenimento.
Per il caso che lei ci ha prospettato, in cui il figlio maggiorenne si rifiuta di lavorare e ci sono dubbi sulla prosecuzione del suo mantenimento, è essenziale consultare un avvocato specializzato in diritto di famiglia.
Lo Studio legale Missiaggia può offrirle un’analisi dettagliata delle specifiche circostanze del caso ed assisterla nella raccolta di prove e nella formulazione di una strategia legale per la modifica o la cessazione dell’obbligo di mantenimento.