Salve Avvocato, ho notato che c’è una sede della scuola di mio figlio che si trova più vicina a casa nostra, io vorrei trasferirlo, ma il mio ex marito è contrario. Perché far cambiare scuola a mio figlio dovrebbe essere un problema? Sarebbe solamente più comodo!
È stato ribadito dal Tribunale di Perugia, con una sentenza emanata il 9 luglio 2023, che un principio cardine nell’emanazione di provvedimenti relativi alla scuola ed all’educazione di un figlio con genitori separati è sempre il superiore interesse del minore. Tale affermazione costituisce un chiaro esempio di come le esigenze personali dei genitori non possano prevalere sul benessere e sull’interesse dei propri figli.
Il caso sottoposto all’attenzione del Tribunale riguardava la richiesta di una madre di trasferire il proprio figlio, un minore di quasi otto anni, da una sede all’altra all’interno dello stesso istituto scolastico. La richiesta, basata sulla distanza tra l’abitazione materna e la scuola, secondo il Tribunale, non presentava argomentazioni atte a sostanziare il beneficio del minore derivante dal trasferimento.
Il giudice ha, infatti, sottolineato che entrambe le sedi scolastiche, nonostante fossero situate in diverse località, condividevano la medesima direzione scolastica e approccio educativo. Inoltre, il minore non manifestava difficoltà di apprendimento o relazionali. Di conseguenza, il Tribunale ha considerato ingiustificato il trasferimento, in quanto avrebbe imposto al bambino un superfluo cambiamento di ambiente e contesto sociale.
Avvocato e se io decidessi di cambiare la scuola di mio figlio e non lo dicessi al padre? Cosa succederebbe?
È comune osservare che in situazioni in cui le relazioni tra i genitori si complicano, la gestione dei figli può divenire problematica. Troppo spesso, i contrasti tra gli adulti portano a perdere di vista l’interesse del figlio, culminando in decisioni unilaterali che escludono il coinvolgimento del partner.
La Corte di Cassazione Penale, con la sentenza n. 25941/2020, ha affrontato il caso in cui un genitore decide di cambiare scuola al proprio figlio senza consultare l’altro. Nel caso specifico, la madre del minore aveva trasferito il figlio in un altro istituto scolastico, presentando al dirigente una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, attestante il presunto consenso dell’altro genitore all’iscrizione del bambino presso il nuovo istituto scolastico. Tuttavia, tale dichiarazione si rivelò falsa, poiché il padre era all’oscuro della decisione. Di conseguenza, la madre fu chiamata a rispondere del reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, art. 483 c.p.: “Chiunque attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, è punito con la reclusione fino a due anni.
Se si tratta di false attestazioni in atti dello stato civile, la reclusione non può essere inferiore a tre mesi”. Il fatto era stato considerato dai giudici di merito come di “minima offensività (…) in un quadro di conflittualità fra i due genitori”, ma la Corte di Cassazione ha invece ritenuto che il fatto risultasse, invece, di particolare gravità: “La stessa descrizione del fatto, come risultante dalla rubrica, palesa al contrario il chiaro intento di mendacio perseguito dall’imputata, pienamente realizzato e reso ancor più grave dalla circostanza di involgere gli interessi di un figlio di ancor tenera età”. La Corte sottolinea, dunque, il fatto che la madre, non avendo esitazione nel dichiarare il falso in merito a situazioni che riguardanti il figlio minore ed i suoi interessi, commettesse una significativa la lesione del bene giuridico tutelato ed escludesse così la possibilità di considerare la condotta di particolare tenuità.
Di conseguenza, la Corte di Cassazione annullò la sentenza di non luogo a procedere e rinviò il processo al Tribunale per una nuova valutazione, in conformità al principio espresso.
