Salve Avvocato, mi sto separando da mia moglie ed abbiamo un figlio con una disabilità, volevo sapere come funziona il mantenimento in questo caso? Dovrò mantenerlo anche nel caso sia già maggiorenne?
Per quanto riguarda il mantenimento di un figlio portatore di handicap ed ancora minorenne la legislatura è univoca e si seguono gli stessi step che si avrebbero in caso di mantenimento di minori. Il genitore non collocatario sarà tenuto al versamento dell’assegno in ragione delle sue possibilità economiche e capacità contributive. Diversa è la situazione in caso di maggiore età del figlio disabile; in questo caso, infatti, le pronunce legislative nel corso degli anni non sono sempre state concordi.
Come principio generale per regolare la materia ci si riferisce all’art. 337 septies del Codice civile che va a regolamentare proprio questo argomento affermando: “Il giudice, valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico. Tale assegno, salvo diversa determinazione del giudice, è versato direttamente all’avente diritto.
Ai figli maggiorenni portatori di handicap grave si applicano integralmente le disposizioni previste in favore dei figli minori”.
È evidente, dunque, l’equiparazione del figlio maggiorenne affetto da disabilità grave al minore avente diritto al mantenimento.
Avvocato, ma è così in tutti i casi? Basta una qualsiasi disabilità per dover pagare il mantenimento per mio figlio maggiorenne?
È bene precisare, come la Corte di Cassazione ha recentemente ribadito con la sentenza n. 21819/2021, che la disabilità prevista dall’art. 337 septies c.c. deve essere una disabilità grave e riferendosi alla Legge n. 104 del 1992 dichiara: “È persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione. (…) Qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l’autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la situazione assume connotazione di gravità”.
Il caso in esame è quello di un uomo che ricorre in Cassazione dopo essersi visto rigettato il ricorso in Appello; richiedeva la cessazione dell’obbligo di versamento dell’assegno di mantenimento per la figlia, maggiorenne e portatrice di handicap, che aveva appena contratto matrimonio. Vedeva rigettato il proprio ricorso proprio in relazione all’articolo 337 septies c.c. e ricorreva dunque in Cassazione. Gli Ermellini accoglievano il ricorso proprio in ragione della parola “grave”, riferita alla disabilità, presente nella norma, sostenendo che nel giudizio d’Appello la gravità della condizione di disabilità della figlia non fosse stata valutata e che solo in caso di accertamento della gravità della condizione la condizione giuridica della stessa potrà essere assimilabile a quella di un minore ed avrà, dunque, diritto al mantenimento: “Nel caso di specie, la Corte d’appello si è limitata ad una generica asserzione circa il fatto che la figlia C. è “portatrice di handicap, come documentato in atti”, che le impedirebbe lo svolgimento di un’attività lavorativa. Nessun accertamento – in concreto – in ordine alla gravità dell’handicap di cui è portatrice che, a tenore della norma succitata, deve richiedere un’assistenza “permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione”, risulta essere stato effettuato dal giudice del gravame. Tale accertamento è, per contro, essenziale e doveroso, ai fini di stabilire (…) se la condizione giuridica della istante sia, o meno, equiparabile a quella del figlio minore (…)”.