A cura dell’Avv. Maria Luisa Missiaggia e dell’Avv. Maria Giulia Fenoaltea.
In occasione dell’8 marzo ci rivolgiamo a tutte le donne che subiscono violenza economica durante la separazione dal partner: occorre riconoscere e combattere questa violenza di genere ormai troppo diffusa.
IN COSA CONSISTE LA VIOLENZA ECONOMICA?
La violenza economica viene menzionata tra le forme di violenza nella Convenzione di Istanbul del 2011.
Trattasi della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e sulla lotta alla violenza contro le donne approvata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa il 7 aprile 2011 e firmata l’11 maggio 2011 a Istanbul.
La Convenzione di Istanbul è considerata il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante, poiché crea un quadro giuridico completo per proteggere le donne contro qualsiasi forma di violenza.
In particolare, l’articolo 3 della citata Convezione stabilisce che: “la violenza contro le donne è la violenza dei diritti umani e una forma di discriminazione nei confronti delle donne; (..) si intendono tutti gli atti di violazione di genere che determinano o sono suscettibili di provocare danno fisico, sessuale, psicologico o economico o una sofferenza alle donne, comprese le minacce di tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica che privata; (…) la violenza contro le donne basata sul genere designa qualsiasi violenza diretta contro una donna in quanto tale, o che colpisce le donne in modo sproporzionato;”
Per violenza economica si intendono tutti quegli atti di controllo sulla donna nel suo uso e gestione del denaro, con la minaccia di negare alla stessa le risorse economiche.
La violenza economica, quindi, si realizza impendendo alla donna l’accesso al denaro o alle risorse necessarie per condurre una vita dignitosa, privando la stessa della sua libertà.
LA VIOLENZA ECONOMICA NELLA SEPARAZIONE E NEL DIVORZIO
Questo tipo di violenza viene consumata anche fuori della casa familiare, quando la donna decide di intraprendere il percorso di separazione dal marito o dal compagno.
In vista della separazione (la maggior parte delle volte per “ricatto”) il partner “violento” nega ogni accesso al denaro alla donna privandola di ogni libertà.
L’uomo che applica la violenza economica sulla donna, spesso ricorre anche a strategie che mette in atto ancor prima che il giudice pronunci la separazione della coppia. Ad esempio accade che l’uomo evada il fisco per apparire nullatenente, ovvero trasferisca il denaro del suo conto corrente su quello di un suo familiare, e in alcuni casi accade che finga di essere disoccupato al fine di non corrispondere l’assegno di mantenimento per la moglie e/o per i figli.
Ebbene in tutti questi cassi la donna diviene vittima, poiché perde la libertà di scegliere il tipo di vita da condurre.
Purtroppo questo tipo di violenza trova le sue radici in un fattore culturale che affligge ancora il nostro Paese: la fragilità economica delle donne le espone a questo tipo di problematiche, il mercato del lavoro in Italia non è ancora paritario e queste sono le conseguenze che subisce una donna costretta a scegliere tra la famiglia ed il lavoro.
A ben vedere, studi statistici dimostrano che in Italia 3 donne su 10 non possiedono un conto corrente bancario: fatto gravissimo nel 2021, ed indice di esclusione della donna dalla vita economica.
COME DIFENDERSI DALLA VIOLENZA ECONOMICA?
L’unica arma contro questo tipo di violenza è riconoscere il problema e denunciarlo.
La violenza economica è un reato, difatti, nell’ordinamento italiano la giurisprudenza più recente ha individuato nel reato di maltrattamenti in famiglia il comportamento di prevaricazione nella gestione esclusiva del denaro da parte dell’uomo: “la privazione di disponibilità economiche costituisce una delle numerose modalità di maltrattamento poste in essere” (Cass. Pen., n.18937/2016).
Inoltre, la privazione parziale o totale delle risorse economiche necessarie per il sostentamento personale e dei figli, è una condotta punita dall’art. 570 del codice penale rubricato violazione degli obblighi di assistenza familiare.
Infine, si sottolinea che prima di procedere con la denuncia, è possibile richiedere al Pretore di ammonire il soggetto maltrattante, il quale, dovrebbe essere invitato a un colloquio con specialisti psicologi o mediatori familiari, per aiutarlo a comprendere la gravità sociale del suo comportamento.
Tuttavia, qualora questa misura sia inefficace sarà necessaria una vera e propria denuncia del comportamento maltrattante.