A cura dell’Avv. Maria Luisa Missiaggia e dell’Avv. Maria Giulia Fenoaltea.
“Nel 1970 il primo divorzio in Abruzzo fu quello consensuale dei miei genitori, dice l’Avvocato Maria Luisa Missiaggia.
Una modernità pagata cara dai coniugi che, al tempo, vennero additati come “scomunicati” perché fautori della rottura del matrimonio. Mia mamma venne contestata dalla famiglia perché troppo all’avanguardia per subire in silenzio il tradimento di mio padre in costanza di matrimonio. Come bambina di genitori separati ricordo ancora il gelido conflitto fatto di silenzi nella convivenza. Un’esperienza che sicuramente ha dato a me una sensibilità per affiancare i clienti e difendere le persone di età minore”.
COME È NATA LA LEGGE SUL DIVORZIO?
Non tutti sanno che il divorzio approdava in Italia già inizi del 1800 con il Codice Napoleone, il quale consentiva lo scioglimento dei matrimoni civili. Tuttavia, la legge non trovava applicazione stante la sua complessità.
Successivamente, l’introduzione del divorzio in Italia venne presentato dai liberali agli inizi del lontano 1878 con la “proposta Morelli”, che venne seguita da altri progetti e si concluse definitivamente nel 1901 con il progetto Zanardelli, spinto dalla sua politica anticlericale che prevedeva il divorzio solo in caso di adulterio, di lesioni al coniuge, ma anche di condanne gravi.
La notizia della presentazione della legge sul divorzio turbò profondamente i cattolici, tanto che i ministri dell’epoca vennero chiamati “strumenti di una setta malvagia”; parallelamente il Pontefice Papa Leone XIII, disse di provare un grande dolore nel sapere che si cercava di attentare all’indissolubilità del matrimonio.
Ebbene la riforma del divorzio, non fu attuata, ma la presentazione del disegno di legge sul divorzio nacque al governo con il progetto Zanardelli, che contemplava sia l’abolizione maritale che l’introduzione del divorzio, tuttavia non venne approvato, per oltre 30 anni il tema non venne più affrontato e successivamente con le guerre si congelò ogni battaglia sociale.
LA CONQUISTA DEL DIVORZIO
L’Italia rimase molti anni senza una legislazione in materia di divorzio e solo nel 1965 il deputato socialista Loris Fortuna presentò alla Camera un progetto di Legge per il Divorzio ed iniziarono anche le prime manifestazioni di piazza del Partito Radicale, accanto alla Lega italiana per l’istituzione del divorzio.
Il 1° dicembre 1970 i Radicali, il Partito socialista Italiano, il Partito Comunista Italiano e il Partito Liberale Italiano approvarono la Legge 898: la Legge Fortuna-Baslini, rubricata “Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio”.
Tuttavia l’Italia cattolica e antidivorzista chiese il referendum, per far esprimere ai cittadini la loro volontà. I tempi per attivare il referendum furono molto lunghi, difatti solo il 12 maggio 1974 l’Italia si recò alle urne per decidere se abrogare o meno la Legge Fortuna-Baslini. Al Referendum partecipò l’87,7% degli italiani votanti ed il referendum ebbe il 60% di no, pertanto il divorzio rimase in vigore.
La legge segnò l’inizio della trasformazione sociale del Paese, cambiò la società, soprattutto per le donne, che videro finalmente riconosciuto dallo Stato il diritto la possibilità di abbandonare situazioni coniugali di violenza e sopraffazione.
COSA È CAMBIATO CON L’INTRODUZIONE DELLA LEGGE SUL DIVORZIO?
Dopo la legge sul divorzio, arrivò anche la parità dei coniugi all’interno della coppia, cessò la discriminazione dei figli nati fuori dal matrimonio, passò il referendum sull’aborto e nel 1981 finalmente venne abrogato dal codice penale il delitto d’onore.
Con il termine divorzio si prevede lo scioglimento del matrimonio, quando lo stesso è celebrato unicamente con il rito civile, viceversa si parla di cessazione degli effetti civili del matrimonio quando quest’ultimo è celebrato secondo il rito concordatario.
Prima dell’introduzione della legge sul divorzio, una delle parti doveva dimostrare una responsabilità causale del partner, di solito l’abbandono, la crudeltà o l’adulterio, oggi ci si può divorziare semplicemente mostrando la volontà di non voler dar seguito all’unione matrimoniale.
Inizialmente il presupposto del divorzio, era il perdurare della separazione legale per 5 anni, successivamente con modifica della legge del 70’ attraverso le leggi 436/1978 e 74/1987, si è ridotto il periodo di separazione da 5 a 3 anni, oggi con la legge del 2015 devono trascorrere solo 6 mesi dalla separazione consensuale ovvero un anno dalla separazione giudiziale.
Nei primi 20 anni dall’entrata in vigore del divorzio, a causa del retaggio della cultura italiana, furono pochissime le coppie che decidevano di porre fine al loro matrimonio. È l’anno 1995 che segna il cambio sociale. Difatti negli ultimi 20 anni le separazioni e i divorzi sono aumentati del 65%, e si è verificato anche un calo dei matrimoni.
Insieme finché morte non vi separi? Non sempre, purtroppo, è così.
LE MODIFICHE SUCCESSIVE ALLA LEGGE DIVORZILE
Una delle novità legislative, frutto della legge sul divorzio è senza dubbio la legge n. 162/2014, che consente alle coppie, che intendano separarsi o divorziare consensualmente, di intraprendere un percorso diverso e più veloce rispetto alla procedura dinnanzi al Tribunale: la negoziazione assistita da avvocati. Il legislatore del 2014 ha infatti introdotto un canale alternativo di risoluzione della separazione e/o del divorzio, caratterizzato dalla sostituzione dell’attività del giudice con quella di due o più avvocati in funzione di garanti della correttezza e legalità della procedura negoziale intrapresa.
L’avvocato Maria Luisa Missiaggia, ancora prima dell’introduzione della legge del 2014 sosteneva fermamente gli accordi fra le coppie: sia di coppie unite in matrimonio, che coppie unite di fatto e offre la sua tutela a uomini e donne, genitori e figli sia maggiorenni che minorenni. Lo Studio Legale è sostenuto da psicologi e psicoterapeuti, life coach e nutrizionisti per accogliere le persone nella crisi della famiglia e nel difficile rapporto con i figli.
Successivamente è entrata in vigore la legge sul Divorzio breve del 6 maggio 2015, n. 55, che interviene sulla disciplina della separazione e del divorzio, riducendo i tempi per la domanda di divorzio, fino a questo momento fissati dal legislatore in tre anni dalla avvenuta separazione giudiziale o consensuale tra i coniugi.
L’intervento legislativo completa il quadro delle misure volte ad accelerare il divorzio, con la riforma, infatti, si è voluto ridurre ulteriormente il tempo per un’eventuale riconciliazione o ripensamento, senza eliminare la fase della separazione, per giungere fin da subito allo scioglimento del vincolo matrimoniale.
Ebbene, con il 2015 nelle separazioni giudiziali si riduce da tre anni a dodici mesi la durata minima del periodo di separazione ininterrotta dei coniugi che legittima la domanda di divorzio.
Viceversa, nelle separazioni consensuali, si riduce a sei mesi la durata del periodo di separazione ininterrotta dei coniugi che permette la proposizione della domanda di divorzio.
Infine, la circolazione di unioni tra persone dello stesso sesso anche in Europa, ha condotto ad un intervento della Corte Costituzionale italiana (Corte cost. n. 138/2010) nel senso di ricondurre l’unione omosessuale alle formazioni sociali tutelate dall’art. 2 Cost, per arrivare alla legge 20 maggio 2016 n. 76 rubricata “regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze”.
Ebbene, con la l. n. 76/2016 viene regolamentata l’unione fra persone dello stesso sesso ed anche la convivenza di fatto, che riguarda tanto coppie eterosessuali, quanto omosessuali poiché la definizione non menziona il sesso dei conviventi.
LA TRASFORMAZIONE SOCIALE E CULTURALE IN CONTINUA EVOLUZIONE SFOCERÀ NEI PATTI PREMATRIMONIALI?
Il 28 febbraio 2019 il Consiglio dei Ministri ha approvato un importante disegno di legge con delega al Governo per la revisione del Codice civile ed avente ad oggetto, anche i patti prematrimoniali, prevedendosi così, la possibilità di stipulare accordi per regolare i rapporti personali e patrimoniali, anche in previsione dell’eventuale crisi del rapporto, nonché per stabilire i criteri per l’indirizzo della vita familiare e l’educazione dei figli.
I patti prematrimoniali sono dei contratti stipulati dai coniugi utili a disciplinare i rapporti patrimoniali tra gli stessi in caso di separazione o divorzio.
Sono diversi i paesi dove gli accordi prematrimoniali sono una realtà consolidata e consentono una miglior gestione della fine del rapporto.
Un esempio sono i paesi di tradizione anglosassone come Inghilterra, USA e Australia.
In Inghilterra, in particolare, i “prenuptial agreements” regolano gli aspetti patrimoniali e non patrimoniali del matrimonio, mentre in Australia regolano i rapporti patrimoniali sia in costanza di matrimonio, e sia “in contemplation of divorce” che regolano in rapporti in caso di fine dell’unione.
Ma gli accordi prematrimoniali non riguardano solo i paesi anglosassoni, stanno infatti prendendo piede in diversi paesi europei.
In Germania ad esempio ci sono gli “Eheverträge”, con cui i coniugi possono decidere in merito all’assegno divorzile, rinunciare alla liquidazione delle aspettative pensionistiche e variare l’importo del mantenimento se sono intervenute variazioni economiche.
Pur tuttavia, in Italia tra gli ostacoli al riconoscimento di questo tipo di contratti c’è un’impostazione conservatrice sul tema della Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 3777/81 ha sancito la nullità dei patti prematrimoniali per illiceità della causa, essendo per la Corte Suprema, tali accordi incompatibili con l’indisponibilità dello status di coniuge e con il diritto all’assegno divorzile.
È auspicabile questa riforma, poichè si potrebbe consentire ai futuri sposi di stabilire con largo anticipo ed in vista di una crisi le conseguenze della separazione e del divorzio. I coniugi potranno così gestire in modo consensuale i loro rapporti personali e patrimoniali in un momento precedente l’eventuale crisi.