L’omesso versamento dell’obbligo di mantenimento è un reato perseguibile d’ufficio

È quanto si evince dalla sentenza n.7277 del 24 febbraio 2020 della Sezione Penale della Corte di Cassazione riguardante un caso di obbligo di mantenimento.

Nel caso in esame il Tribunale dichiarava di non doversi procedere per estinzione del reato a seguito della remissione di querela. In particolare, veniva contestato ad un uomo l’essersi sottratto “all’obbligo di corresponsione dell’assegno mensile di Euro 200,00, dal mese di maggio al mese di settembre del 2012, e della somma di Euro 250,00 dal mese di ottobre 2012 fino al mese di ottobre del 2015, dovuti a titolo di mantenimento in favore della figlia So., nonchè del 50% delle spese straordinarie sostenute da L.A. in favore della predetta figlia. Il Tribunale, ritenendo il detto reato procedibile a querela in forza del richiamo dell’art. 570 c.p., comma 1, e per effetto della intervenuta remissione della querela e della contestuale accettazione da parte dell’imputato, ha dichiarato di non doversi procedere per estinzione del reato ai sensi dell’art. 152 c.p..” (cos’è l’assegno di mantenimento? https://studiodonne.it/assegno-di-mantenimento/ ).

Contro tale provvedimento è stato immediatamente proposto dal pubblico ministero ricorso per Cassazione, allegando come motivazione il vizio di violazione di legge e chiedendo l’immediato “annullamento per essere il giudice incorso nell’errore di ritenere il reato previsto dall’art. 570-bis c.p. perseguibile a querela, in contrasto con l’interpretazione” generalmente seguita che ritiene tale reato procedibile d’ufficio. Da ciò deriva come la remissione della querela risulti irrilevante e come la dichiarazione di estinzione del reato debba risultare errata.

 

La decisione della Corte

La Suprema Corte ritiene il ricorso fondato in quanto “il delitto di omesso versamento dell’assegno periodico di mantenimento, l’educazione e l’istruzione dei figli, previsto dell’art. 570-bis c.p., è configurabile anche in caso di violazione degli obblighi di natura patrimoniale stabiliti nei confronti di figli minori nati da genitori non legati da vincolo formale di matrimonio o anche per i fatti commessi prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. 1 marzo 2018, n. 21, essendovi continuità normativa tra la fattispecie prevista dall’art. 570-bis c.p. e quella prevista dalla L. 8 febbraio 2006, n. 54, art. 3.” ed inoltre “Secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità il reato previsto dalla norma censurata è sempre stato ritenuto perseguibile d’ufficio”.

Si fa riferimento anche a precedenti sentenze della stessa Corte di Cassazione sulla materia, come la sentenza 31 gennaio-31 magio 2013, n. 23866, in cui veniva sancito come le modifiche portate alla Legge n. 54 del 2006, che avevano tratto in inganno il Tribunale, fossero in realtà finalizzate solamente al trattamento sanzionatorio e che non si potessero ritenere comprensive del regime di perseguibilità a querela. Da ciò si evince come il tema della procedibilità non sia in nessun modo variato e di come si debba continuare a seguire il regime di perseguibilità d’ufficio previsto per i reati di cui all’articolo 570 bis c.p. Proprio per tali ragioni la Corte di Cassazione annulla la sentenza impugnata e rinvia per il giudizio alla Corte di appello di Trieste.

 

A cura dell’Avv. Maria Luisa Missiaggia e del dottor Ludovico Raffaelli

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