Matrimonio breve: no al mantenimento quando è breve la durata del vincolo coniugale. E’ quanto ha stabilito la Cassazione con la pronuncia n. 402/18.
Quando trascorrono solo pochi mesi dall’inizio alla fine del matrimonio le cause della separazione possono essere svariate:
1) magari non era vero amore;
2) uno dei due nutriva un interesse ulteriore (ad esempio di tipo economico);
3) uno dei due ha finto di essere cioè che non era; più semplicemente potrebbe essere che la coppia non si conosceva bene e solo con la convivenza ha avuto modo di scoprirsi.
I sociologi spiegano che il motivo di tale costume, che si va sempre più diffondendo, sconosciuto o quasi nella società dei nostri nonni, è da rinvenirsi sostanzialmente nella mancata assunzione di un impegno consapevole e volontario da parte dei soggetti interessati, laddove la loro scelta di unirsi in matrimonio è determinata spesso da quella che viene definita fase di innamoramento iniziale, caratterizzata da passione e da un sentimento euforico, che può però svanire e condurre alla fine del rapporto in mancanza della intimità necessaria a superare la mera attrazione sessuale.
Al di là di quelle che sono le ragioni della separazione bisogna capire quali strascichi comporta il matrimonio durato poco: a cosa si ha diritto in termini economici e, più in particolare, di mantenimento.
Tra i diversi doveri dei coniugi scaturenti dal matrimonio (coabitazione, fedeltà, collaborazione, ecc. ecc..) uno dei più importanti è costituito dall’obbligo reciproco all’assistenza morale e materiale: ciascun coniuge deve far fronte alle esigenze anche materiali dell’altro allorché questi non è in grado di provvedervi, così come disciplinato dall’articolo 143 del c.c.
Tuttavia, quando tale matrimonio giunge al termine, i doveri di assistenza materiale non si interrompono: con la separazione personale dei coniugi, infatti, cessano l’obbligo di coabitazione e l’obbligo di fedeltà, ma permangono gli obblighi di assistenza morale e materiale.
L’art. 156 c.c. interviene dunque a tutelare il coniuge economicamente “debole” prevedendo la corresponsione periodica di un assegno di mantenimento in favore dello stesso.
L’assegno di mantenimento, che viene versato dopo la separazione (su accordo dei coniugi se vi è una separazione consensuale o su ordine del giudice in caso di separazione giudiziale) ha lo scopo di garantire al coniuge più debole economicamente di mantenere – almeno fino al divorzio e comunque in via tendenziale – lo stesso tenore di vita che aveva quando ancora conviveva con l’ex. L’assegno non ha quindi solo una funzione assistenziale, ma è anche volto ad evitare eventi traumatici improvvisi nella vita di chi è costretto a dire addio al coniuge e non ha il tempo o le possibilità di trovare un reddito consono alle spese sino ad allora sostenute.
https://amore.alfemminile.com/forum/qual-e-il-mantenimento-giusto-dite-tutti-la-vostra-fd148045
La durata del matrimonio è sempre stato uno dei parametri per quantificare l’entità dell’assegno di mantenimento (quello a seguito della separazione) o dell’assegno di divorzio (quello a seguito, appunto, del divorzio). Vien da sé che tanto più lungo è il matrimonio, tanto maggiore è l’abitudine che il coniuge ha fatto al tenore di vita comune. Al contrario, laddove tra i coniugi non si è mai formata una effettiva comunione spirituale e materiale per la velocità con cui è intervenuta la separazione, allora non c’è alcuna aspettativa da tutelare. Pertanto, in caso di matrimonio brevissimo non è dovuto l’assegno di mantenimento. E ciò anche se il coniuge più “povero” non ha subito alcun addebito e non ha quindi colpa della rottura del legame.
Secondo la Cassazione, un matrimonio che dura poco – come, ad esempio, quello che non va oltre i due anni – non fa maturare alcun diritto all’assegno mensile all’ex coniuge.
Nel caso in esame, i giudici di merito, sia in primo che in secondo grado, avevo rigettato la pretesa di una ex moglie ad ottenere, a seguito della separazione dal marito, un assegno di mantenimento da quest’ultimo. Il Tribunale e la Corte d’Appello, si erano in tal modo pronunciati in quanto il matrimonio tra le parti era naufragato dopo solo 28 giorni, non dando vita, quindi, ad alcun tipo di unione morale e materiale che potesse sostenere una pretesa economica.
Impossibile, anche secondo i Giudici della Cassazione, ipotizzare un assegno di mantenimento, anche minimo, a favore della moglie. Ciò perché, alla luce della vicenda, pare evidente come «non si è ancora realizzata, al momento della separazione, alcuna comunione materiale e spirituale tra i coniugi».
La soluzione adottata dalla sentenza in commento (che, quindi, rigettava il ricorso in difetto dell’elemento costitutivo della convivenza nel breve periodo decorrente dalla celebrazione del matrimonio), richiama altro precedente, rappresentato da Cass. 26/03/2015 n° 6164 (che respingeva la richiesta di una donna di riconoscimento dell’assegno di mantenimento a fronte di un matrimonio durato meno di cento giorni e di una convivenza ancor più breve di 10 giorni).
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 10 ottobre 2017 – 10 gennaio 2018, n. 402
Presidente Scaldaferri – Relatore Bisogni
Rilevato in fatto e in diritto
1. Nel giudizio di separazione introdotto davanti al Tribunale di Genova da Jo. St. Ca. nei confronti di Al. De. il Tribunale genovese, dopo aver pronunciato la separazione; ha respinto le reciproche domande di addebito e rigettato la domanda di assegno di mantenimento della De.
2. La Corte di appello di Genova ha respinto il gravame proposto da Al. De. relativamente al rigetto della domanda di assegno rilevando che il matrimonio è durato 28 giorni senza che i coniugi convivessero insieme e senza che si instaurasse una vera comunione materiale e spirituale fra loro. Le parti – ha inoltre rilevato la Corte distrettuale – si accusano reciprocamente di aver concordato il matrimonio per motivi estranei alla volontà di una effettiva unione coniugale. Infatti il Ca. è alto ufficiale dell’esercito USA e beneficia di gratifiche economiche, conseguenti al matrimonio, riconosciute agli appartenenti all’esercito. La De. si è indotta al matrimonio dopo essersi fatta rilasciare assegni post-datati e, nel corso del brevissimo matrimonio, si è anche fatta consegnare dal marito la somma di 110.000 dollari in contanti.
3. Ricorre per cassazione Al. De. deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 156 c.c.. Sostiene la ricorrente che la brevissima durata del matrimonio (peraltro ascrivibile unicamente al Ca.) e la mancata instaurazione della convivenza non sono rilevanti al fine di escludere il diritto all’assegno di mantenimento e a sostegno della sua tesi sulla irrilevanza della durata del matrimonio cita la giurisprudenza di legittimità e in particolare la recente pronuncia (Cass. civ. n. 1162 dell’8 gennaio 2017) secondo cui alla breve durata del matrimonio non può essere riconosciuta efficacia preclusiva del diritto all’assegno di mantenimento, ove di questo sussistano gli elementi costitutivi, rappresentati dalla non addebitabilità della separazione al coniuge richiedente, dalla non titolarità, da parte del medesimo, di adeguati redditi propri, ossia di redditi che consentano di mantenere un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, e dalla sussistenza di una disparità economica tra le parti mentre, alla durata del matrimonio può essere attribuito rilievo ai fini della determinazione della misura dell’assegno di mantenimento. La ricorrente contesta l’affermazione della Corte distrettuale secondo cui non si era instaurata alcuna effettiva comunione materiale e spirituale fra i coniugi e invoca in tal senso la generosa dazione di denaro effettuata dal Ca.
4. La ricorrente deposita memoria difensiva.
Ritenuto che
5. La Corte di appello ha espresso una coerente valutazione della vicenda prospettata dalla ricorrente ai fini dell’accertamento della sussistenza o meno del diritto all’assegno di mantenimento ed è pervenuta ad escluderlo rilevando la ricorrenza nella specie di quell’ipotesi eccezionale (cfr. negli stessi termini Cass. civ. sez. VI-1 ord. n. 6164 del 26 marzo 2015) in cui non si è ancora realizzata, al momento della separazione, alcuna comunione materiale e spirituale tra i coniugi. Infatti la Corte distrettuale ha riscontrato esclusivamente la realizzazione di accordi economici tra le parti senza che vi sia stata alcuna condivisione di vita e instaurazione di un vero rapporto affettivo qualificabile come affectio coniugalis.
6. Il ricorso va pertanto respinto senza statuizioni sulle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell’art. 52 del decreto legislativo n. 196/2003.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della insussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13