Quando e come cessa l’obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni “bamboccioni”?

Quando e come cessa l’obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni “bamboccioni”?

A cura dell’Avv. Maria Luisa Missiaggia e dell’Avv. Rosalia Cancellara

Al compimento dei 18 anni non si acquisisce di certo automaticamente quell’indipendenza economica che dati i tempi non è detto si raggiunga nemmeno con il conseguimento della laurea.

Il fenomeno dei figli “bamboccioni” che rimangono a casa dei genitori anche in età avanzata è statisticamente rilevante e, con la attuale crisi economica, decisamente in aumento, soprattutto in Italia: i giovani si laureano in ritardo e le occasioni lavorative sono scarse, gli italiani tendono poi a rimanere nel proprio nido più a lungo rispetto alla cultura europea.

Quando cessa l’obbligo di mantenere il proprio figlio?
La Cassazione con diverse pronunce ha chiarito che l’indipendenza economica consiste nel percepimento di un reddito corrispondente alla professionalità raggiunta dal soggetto collegata allo svolgimento di un’attività lavorativa remunerata o quantomeno all’avvio verso di essa, con prospettive concrete tali da assicurare al figlio maggiorenne un introito stabile e sicuro anche per l’avvenire (Cass. 21773/08, Cass. 8221/06, Cass. 4188/06, Cass. 22214/04).

Un reddito corrispondente alla professionalità acquisita nel corso degli studi, tenuto conto delle concrete condizioni di mercato. Non qualsiasi reddito e qualsiasi attività produttiva di reddito fa venir meno il dovere di mantenimento del figlio maggiorenne ma solo il raggiungimento di uno status di adeguata autosufficienza economica, la cui prova incombe al soggetto obbligato.

Tuttavia se il figlio svolge lavori saltuari o temporanei, che non garantiscono entrate neanche in minima parte regolari e congrue per il soddisfacimento delle più essenziali esigenze di vita quotidiane, è evidente che egli non può mantenersi da sé. (Cass. 3 gennaio 2011, n.18) e pertanto i genitori saranno tenuti a contribuire al suo mantenimento.
Il diritto a percepire l’assegno di mantenimento disposto a carico del genitore con convivente, allora, può essere modificato od estinguersi solo in seguito ad uno specifico accertamento ad opera di un Giudice, a cui il genitore dovrà rivolgersi, con l’onere di provare che il figlio ha raggiunto l’autonomia economica. La obbligazione non cessa “ipso facto“, ma va dichiarata!

Ma è anche vero che questo supporto non può durare a vita, soprattutto nei confronti dei figli “fannulloni“: se il mancato svolgimento di un’attività economicamente redditizia dipende da un atteggiamento di inerzia ovvero di rifiuto ingiustificato dello stesso, il cui accertamento non può che ispirarsi a criteri di relatività, in quanto necessariamente ancorato alle aspirazioni, al percorso scolastico, universitario e post ¬universitario del soggetto ed alla situazione attuale del mercato del lavoro, con specifico riguardo al settore nel quale il soggetto abbia indirizzato la propria formazione e la propria specializzazione (Cass. Civ., sez. 1°, 3 aprile 2002, n. 4765, Cass. Civ., sez. 1°, 24 novembre 2004, n. 22214, Cass. Civ., sez. 1°, 11 luglio 2006, n. 15756).

In sostanza il genitore obbligato al mantenimento non può pretendere che un figlio laureato in ingegneria nucleare vada a fare l’idraulico, ma al tempo stesso un figlio che non abbia studiato od acquisito una specifica formazione, e non si attivi per reperire un normale posto di lavoro, per sua colpa o per sua scelta, non può pretendere di avere un posto da direttore di banca od esser mantenuto a vita dal padre separato.

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