La coppia mista che chiede di sciogliere il vincolo matrimoniale incontra non pochi ostacoli normativi.
Se Claudia e Valerio sono di nazionalità inglese e francese e si sono sposati a Roma, a quale disposizione legislativa devono fare riferimento?
In mancanza di accordo tra le parti, ognuno dei coniugi potrebbe decidere di far valere la legge della propria patria di appartenenza o decidere il foro in cui il matrimonio è stato celebrato, ma non senza un conflitto annoso che penalizzerebbe esclusivamente i minori.
I criteri di collegamento, come la cittadinanza e la residenza abituale o il luogo di celebrazione del matrimonio in concorrenza tra loro attivano un incubo senza fine tra le parte dfecise a divorziare.
Gli stati della Danimarca, Lettonia, Irlanda, Cipro, Finlandia, Svezia e Regno Unito tagliano invece corto chiedendo l’applicazione della disciplina nazionale indipendentemente dalle origini della coppia che si sfalda.
Sono norme spesso divergenti che, sostiene Bruxelles, “complicano la situazione dal punto di vista giuridico e aggravano i costi, rendendo difficili i divorzi consensuali”.
La Commissione Ue, per la seconda volta dopo il 2006, ci riprova con la Reding, utilizzando il potenziale della cooperazione rafforzata e dunque consentendo a un gruppo di stati (dieci, fra cui Italia, Francia, e Spagna, ma non Germania) di fornire un orientamento comune con la speranza che il predetto stato nei imiti l’esempio.
I numeri lo richiedono. Ogni anno si celebrano 300 mila matrimoni misti, ma si consumano anche 140 mila divorzi fra mogli e mariti “cross-border”.
La Commissione propone due casi:
1. Coppie che trovano accordo sulla determinazione della legge applicabile: ad esempio, in caso di intesa, una coppia franco-ingese residente in Italia potrà chiedere di applicare la legge francese o inglese.
2. Qualora manchi l’intesa fra le parti, le autorità giurisdizionali avranno a disposizione una formula comune:
a) legge del paese di residenza:
b) ultimo luogo di residenza se uno dei due vi abita ancora;
c) la legge comune dei due sposi se abitano all’estero;
d) la legge del Tribunale a cui i due decidono di adire.
“In questo modo non si cambia la legge nazionale, ma si crea un modo per coordinarla”, assicura la Reding, felice di essere la prima ad applicare il “cooperazione rafforzata” per sbloccare il dossier.
Il provvedimento deve passare in Consiglio, dove bastano dieci “si”.
Serve anche il consenso di Strasburgo. Approvazione prevista entro l’anno.
Decisamente un passo di notevole interesse che tutela il più debole e l’impostazione laica non infastidisce chi abbraccia impostazioni di natura cattolica.